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 2013  agosto 13 Martedì calendario

VOGLIA DI COMPILATION E RINASCE LA MUSICASSETTA

Retromania, non c’è dub­bio. Passata la sbornia da (presunto) ritorno del vinile, pare sia riscoccata l’ora della musicassetta. Sì, quel vetusto supporto che ulti­mamente faceva mostra nei peggiori autogrill d’Italia. Az­zurrognolo reperto fuso da un ventennio di graticola solare. Qualcosa è cambiato, o alme­no sembra. Si ipotizza, infatti, il gran ritorno nei negozi italiani della musicassetta, proprio nell’anno in cui si festeggia il mez­zo secolo di vita dell’antenato del download. In attesa di tor­nare acquirenti, in Gran Breta­gna e negli Usa si è scoperto che c’è una famelica sacca di irridu­cibili che compra ancora vec­chi nastri. In Gran Bretagna ne sono stati ac­quistati 3823. Negli Usa ben 200mila, con un 645 per cento di vendi­te in più rispet­to al 2011. Sce­nari impreve­dibili si apro­no all’orizzon­te.
Era il 1962 quando la Philips inventò la musicassetta per poi metterne in commercio i primi esemplari l’anno successivo. Un successone. Si trattava di un contenitore in plastica con due bobine che avvolgevano un nastro magnetico prodotto da Basf e che tentava di imporsi in un mercato affollato da sup­porti analoghi basati sulla cartuccia a nastro. Il boom arrivò nel 1979 grazie a Sony e al suo Walkman che tre anni introdus­se anche l’equalizzatore a cor­redo. Ambito come un iPod, permetteva per la prima volta di ascoltare musica ovunque e con buona qualità. Unica cosa il fruscio. Lo potevi debellare in­serendo il dolby che però aveva un difetto: segava le frequenze alte e soffocava il suono. Grazie alla semplicità con la quale si potevano riversare su nastro canzoni di ogni tipo presto si affermò la moda delle compilation, si poteva conquistare le ragazze con una buona scaletta. In commercio c’erano diverse tipologie di mu­sicassette: dalle C46, in grado di registrare 23 minu­ti per lato, alle C120, 60 minuti per lato e grande libidine musi­cale.
Musicassetta, vero antenato del download, oggi considerato il carnefice della musica e del suo mercato. Ricordo che era uso piazzarsi col microfono da­vanti a radio e tv per attingere a scrocco. C’era chi si registrava l’Eurofestival con gli Abba che vincevano con Waterloo e chi si faceva tutta l’hit parade di Lelio Luttazzi, strillo compreso. Qua­lità non pervenuta, natural­mente. Richard Branson, fon­datore della Virgin conferma: «I commentatori che oggi spie­gano che la musica digitale uc­cide le grandi case discografi­che dovrebbero ricordare che l’ultima grande rivoluzione del settore è avvenuta nel 1982, la vigilia dell’avvento del cd e del­la cassetta digitale (DCC) quan­do cresceva il numero di coloro che registravano su cassetta dalla radio o dal disco. Quella era l’anticamera della registra­zione illegale». Torniamo alla musicassetta. Le canzoni scel­te nella compilation diventava­no la colonna sonora di amori adolescenziali e le cassette, spesso, durava­no altrettanto: il na­stro si rompeva facil­mente e, quando re­sisteva, si poteva sempre registrare sopra qualcosa di nuovo con un pa­io di pezzi di scotch sul bor­do. Nastri lussuo­si all’ascolto quan­do erano al ferrocro­mo o al metallo. Un simbolo, la musicas­setta, che non è un sem­plice oggetto di modernariato. Nonostante l’avvento dei cd ha go­duto di ottima salute grazie al prezzo ab­bordabile fino alla scomparsa nel 1999. Ma basta una ricerca sul web per capire meglio. Fruscio, bassa dinami­ca, riavvolgimento lento, ecce­tera. Vabbè, alla fine l’impor­tante è che non diventi definitivamente liquida questa bene­detta musica; d’altronde non è che il dolce vinile, la sua polve­re sui solchi e la puntina fosse­ro tanto più pratici.