Massimo Vincenzi, la Repubblica 14/8/2013, 14 agosto 2013
BULGER, COSÌ FINISCE L’ERA DELL’ULTIMO PADRINO D’AMERICA
BOSTON Sono passati settant’anni dal suo primo arresto, due dalla definitiva cattura e quasi tre mesi dall’inizio del processo, quando lunedì pomeriggio la giuria pronuncia per 31 volte la parola colpevole. «È la fine di una saga storica», come scrive il Boston Globe, la fine di James Withey Bulger, l’ultimo padrino d’America, il re dei criminali dallo spaccio alle estorsioni, informatore dell’Fbi, assassino e Robin Hood per i poveri del suo quartiere. Una vita da film, The Departed di Martin Scorsese dove lui ha la faccia folle di Jack Nicholson.
Bisogna camminare lungo le strade di South Boston per raccontare la leggenda: «Stava sempre qui, a notte fonda usciva da quel locale lì, il Triple O’s, e con i suoi compari si metteva sulle panchine della stazione a leggere i giornali appena usciti. Ridevano quando parlavano di loro: erano intoccabili». Come quelli di un’altra pellicola sulla mafia e il copione per un attimo sembra lo stesso: le quattro donne e gli otto uomini non trovano un giudizio condiviso, inizia a serpeggiare il dubbio. Le mani di Bulger si allungano ancora sulla città, la paura rallenta i ragionamenti. Due settimane prima uno che chiedeva di testimoniare contro di lui viene trovato in un bosco avvelenato: si chiama Stephen Rakes, voleva raccontare come il padrino lo avesse costretto a vendere il suo negozio di liquori con le minacce.
Poi arriva il verdetto e l’incubo svanisce. «Abbiamo aspettato tanto, ma il conto è saldato », dice il procuratore Carmen Ortiz. I parenti delle vittime piangono e si abbracciano. Thomas Donaheu era un bambino quando una notte d’inverno del 1982 Bulger spara a suo papà che guida su Northern Avenue, colpevole di aver dato un passaggio a Brian Hallowan, uno che, banalmente, doveva morire. Adesso Thomas esulta: «Niente mi ridarà quello che ho perso, ma giustizia è fatta».
Il padrino, che ora ha 83 anni, esce dal palazzone dopo la sentenza, strizza gli occhi, cerca i suoi familiari, sorride al fratello John e ai due figli dell’altro fratello, William a lungo presidente del senato del Massachusetts: alza il pollice in segno di vittoria, va tutto bene, sono ancora qui. Durante le udienze non si è mai pentito, nessun tentennamento, la scelta di non testimoniare: «Questo processo è una vergogna, una farsa. Io ho una promessa di immunità », giura. E non è impossibile, ma Jeremia Sullivan, l’allora numero uno dell’anticrimine, è morto e non può né smentire, né confermare. L’unico sussulto è per le donne: Deborah Hussey e Debra Davis, che secondo l’accusa avrebbe strangolato con le sue mani: «Non ho mai toccato una ragazza, rispetto il codice d’onore ». Per il resto ascolta impassibile l’elenco che il suo ex complice Stephen “The Rifleman” Flemmi fa in aula: «Ha ucciso Richie Castucci? Sì. Roger Wheeler? Sì. Edward Connors? Sì» e via con il macabro appello.
Adesso il Triple O’s al 28 di West Broadway è un elegante sushi bar: Stati Japanese Bistrot. Davanti c’è uno Starbucks dove i nuovi abitanti del quartiere, giovani hipster, si mescolano agli ultimi vecchi rimasti. Quando Bulger è il padrone, tra il 1970 e la metà degli Ottanta, qui ci sono solo case fatiscenti, l’odore del pesce sale dalle rimesse sul lungomare. Pochi ristoranti decenti e tanti bar con gin da due soldi. Adesso tutto è cambiato, case di lusso, locali alla moda. «Sembra un altro pianeta, un secolo fa, eppure non è passato molto tempo da quando questa parte di Boston era un luogo segnato dalla paura e della violenza », spiega Thomas J. Wallen che insegna antropologia all’Università. Bisogna cercare quelli con i capelli bianchi per ritrovare tracce del tempo andato. John sta seduto sulle panchine di Castle Island sotto un cielo grigio di pioggia, legge il giornale, con il vento che soffia dalla baia a stropicciargli le pagine. «Veniva qui con i suoi amici, di giorno stavano sulla spiaggia con le ragazze». Di notte su questa lingua di terra Bulger e gli altri vengono a seppellire i cadaveri. Come Paul McGonagle, un rivale al quale il boss in persona pianta una pallottola in fronte e poi gli scava la fossa dove finisce l’acqua del mare.
Lui è cresciuto in queste strade, nelle case popolari di Old Harbor. A 14 anni, nel 1943, è a capo dei Trifogli, debutta con una rapina ma non gli va bene: lo arrestano e conosce per la prima volta il carcere. Poi altri reati e di nuovo la prigione: corso accelerato di sopravvivenza ad Alcatraz. Infine la definitiva ascesa. Per un po’ lavora con Donald Killeen, ma non è tipo da stare agli ordini di qualcuno, così si mette in proprio, fonda la Winter Hill Gang e scatena la guerra. Prima stermina gli ex amici irlandesi: «Coltello alla gola o pistola all’inguine», la sua tattica preferita. Poi si occupa degli odiati italiani, come la famiglia Patriarca costretta alla fuga. Gli attribuiscono una quarantina di omicidi, ma nessuno ha la conta esatta. Diventa anche informatore dell’Fbi e quando il Boston Globe rivela la notizia sono giorni tristi per la città che si scopre avvelenata. La protezione finisce, l’ultimo favore glielo fa l’agente federale John Connolly che lo avverte: «Ti stanno venendo a prendere». Lui scappa con l’amata Catherine. La latitanza dura 16 anni, l’intelligence questa volta non fa sconti: è il numero due della lista subito dopo Osama Bin Laden, due milioni di dollari di taglia. Lo prendono la mattina del 22 giugno del 2011: è armato e nei cassetti della casa di Santa Monica in California ha oltre 800mila dollari in contanti. «Eravamo come pensionati felici. È la donna che ho amato di più in vita mia, non voglio che soffra per me», scrive qualche tempo fa a un amico.
Tommy ha 73 anni, sta davanti al South Boston Liquor Mart in Old Colony Avenue: qui c’era il quartier generale di Bulger, adesso i proprietari sono vietnamiti, guardano con fastidio il passaggio dei curiosi e dei giornalisti. «Per fortuna lo hanno preso vivo, così tutti hanno potuto capire chi era. Molti pensavano fosse un eroe che rubava ai ricchi per dare ai poveri: comprava il tacchino nel giorno del Ringraziamento e le medicine. Ma era solo un folle narciso, nient’altro che un assassino. Finalmente questa storia è finita». Adesso inizia la leggenda.