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 2013  agosto 14 Mercoledì calendario

GIULIETTA FACEVA IL RAGÙ BALLANDO IN CUCINA I RICORDI DI CASA FELLINI

E forse adesso loro due sono lì, come nel «Libro dei Sogni», Giulietta e Federico, a pagina 177, meravigliosamente «allunati», seduti vicini su comodi cuscini, sotto una tenda da sceicco (o era il tendone di un circo?), che guardano estasiati la bellezza delle stelle. «Avete letto — domanda Federico nel sogno — quel libro di fantascienza dove si racconta che nella luna venivano inviati tutti i pazzi della terra? È un racconto bellissimo. Tutti i pazzi portati sulla luna vivevano quassù sotto il comando di una bellissima regina». E quando Federico finisce la domanda, ti accorgi dal disegno che parlava di loro due, lui il pazzo e lei la regina. Federico e Giulietta, Giulietta e Federico: soltanto sulla luna può capitare un amore così.
Francesca Fellini è la nipote di Federico, la figlia della sorella Maddalena, oggi si commuove ancora pensando ai suoi zii e va volentieri nelle scuole a raccontare «come una favola» quello che è stato un amore grandissimo, 50 anni di matrimonio fino all’ultima goccia di vita, 30 ottobre ’43 - 30 ottobre ’93 e per rispettare quella data, forse, Federico, che era già in coma, «nel suo inconscio resistette» e morì il giorno dopo, sospira Francesca.
Fellini e Masina: oh no, senti dire, è stato scritto già tutto! Si conobbero all’Eiar, a Roma, lei 21 anni, lui 22, lui scriveva i testi per la trasmissione radiofonica Terziglio, lei interpretava la parte di Pallina... Eppure il maestro Mauro Maur, amico di famiglia, prima tromba dell’Opera di Roma fino al 2010, che suonò ai funerali di entrambi, confida di «aver letto tante cose sull’argomento, neanche con grande interesse, e di aver sempre pensato che la storia invece fosse molto diversa da com’era raccontata».
Francesca Fellini (che ricorderà gli zii a Rimini il prossimo 31 agosto nell’ambito della Sagra Malatestiana) dice che quell’amore era «un ballo», il ballo che Giulietta ballò in tutte le case romane che andarono ad abitare, via Lutezia, via Archimede, via Margutta, «lei era emiliana di San Giorgio di Piano, faceva il sugo in cucina e ballava per lui — racconta Francesca — e così facendo, con le sue tagliatelle e i ravioli, riempì a Federico la pancia ma anche la testa di sogni. Un ragù che durò tutta la vita».
«Sapete — dice Maur —? Quando sentivo parlare di Fellini il gran bugiardo, Fellini culi e tette, io storcevo la bocca, perché in via Margutta c’ero stato realmente, dall’85, ricordo che accompagnavo ai concerti Giulietta con la mia Ritmo blu. E lì conobbi un uomo dolcissimo, mi faceva venire in mente mio padre, sempre attento e rispettoso con Giulietta, ricordo i sorrisi, la complicità, il pudore, tra loro c’era un’intimità bellissima. Era una coppia all’antica. Giulietta per lui era davvero in ogni cosa. Poi, certo, altro affare era il cinema, quel carnevale felliniano di costumi sessuali non c’entrava però con la vita vera. Quello era solo magia del mestiere».
«Sicuro — controfirma Francesca Fellini — quella donna piccolina dai grandi occhi, che lo stesso Charlie Chaplin, per lei massimo onore, ribattezzò la Charlot in gonnella, era sexy in maniera sorprendente, anzi Cabiria per Federico, oserei dire, era molto più sexy delle dive di quei tempi, la Loren, la Lollo, la Ekberg. Giulietta e Federico erano i veri vasi comunicanti, lei che gli preparava sempre la valigia prima di ogni viaggio, lei che in casa si preoccupava dell’antipastino, così diceva, per il mio Federicone. E lui che con l’autista ogni mattina usciva da via Margutta diretto a Cinecittà e appena arrivava, poiché c’era la rete fissa, non ancora i telefonini, cominciava a chiamarla, due, tre, dieci volte. Senza Giulietta no, non sapeva stare».
E allora, gli amori e gli amorazzi, tutte le passioncelle e le smanie del regista? Quel senso di colpa, quei rimorsi che attanagliavano Federico nei confronti di Giulietta, la sua «santa monachina», la «casta principessa medioevale», la «fata» Giulietta immaginata morente («...Abbracciavo piangendo Giulietta — Libro dei Sogni, Rizzoli 2007, pagina 31 —. La baciavo invocando il suo nome, chiedendole perdono per il male che le avevo fatto...»).
«Ma lei era intelligente, era superiore — chiosa dolcemente Francesca Fellini —. Giulietta sapeva perdonare una scappatella, se fosse stata gelosa il loro matrimonio non sarebbe durato 50 anni». Eppoi Federico, nonostante tutte le divagazioni e i turbamenti, sapeva benissimo che non l’avrebbe lasciata mai: «A Fregene si aggirano nel nostro giardino leonesse e leoni — sogno finale di pagina 137 —. Uno di essi atterra Giulietta che piange terrorizzata. Ma io so che il bestione non le farà alcun male. Solo un piccolissimo graffio». Chi era, per voi, quel leone?