Cesare Maffi, ItaliaOggi 14/8/2013, 14 agosto 2013
PERCHE’ IL CAV È INCANDIDABILE
Anche se è incandidabile, si candida lo stesso. Affermazione azzardata, senza dubbio, e infondata. Però tale è il succo di dichiarazioni che si succedono da alcuni sostenitori di Silvio Berlusconi. In altri termini, si asserisce che il Senato potrebbe non pronunciare la decadenza del Cav, che quindi rimarrebbe candidabile. Potrebbe pure avvenire che la Corte d’appello ne proclami l’incandidabilità, ma tale decisione sarebbe soggetta a ricorso al Tar (così Nitto Palma).
Bisognerà portare un po’ chiarezza, ricordando che Stefano Ceccanti, intervi-stato da la Repubblica (lunedì 12: «Il Cavaliere non si può candidare), spiega come, in base alla legge Severino, l’incandidabilità sia pronunciabile dall’ufficio centrale elettorale, che decide non appena ricevuta la lista elettorale con gli annessi documenti. È esattamente quanto era stato anticipato da ItaliaOggi venerdì 9 («Il Cav non si può ricandidare»).
Vediamo di capire che cosa potrebbe succedere. Quale che fosse la decisione del Senato (favorevole al Cav, contraria, non pronunciata), ammettiamo che Berlusconi intenda candidarsi, alla Camera o al Senato. Deve presentare una dichiarazione sostitutiva attestante l’insussistenza di una condizione d’incandidabilità. Lo può fare, anche perché ritiene di non essere incandidabile per un paio di motivi: la pena residua di un solo anno, e non di due (argomento ritenuto debolissimo); l’irretroattività della legge Severino (tema sostenuto da svariati giuristi, non solo di parte berlusconiana). Ebbene, che cosa farà l’ufficio centrale circoscrizionale (se B. si candida alla Camera) o elettorale regionale (se al Senato)? Verificherà se l’attestazione risponda al vero, se cioè il Cav sia o no candidabile.
L’ufficio è composto di tre (Camera) o di cinque magistrati (Senato). C’è qualcuno che ritiene che vi possa essere un simile ufficio che dia ragione a Berlusconi, reputandolo candidabile, ossia accettando la tesi dell’irretroattività della legge Severino?
C’è un rimedio, si dirà. Il ricorso, fra l’altro presentabile solo da delegati delle liste che abbiano patito esclusioni. Alla pronuncia negativa del collegio circoscrizionale o regionale si risponde ricorrendo all’ufficio centrale nazionale. Esso è composto di cinque magistrati di Cassazione. Decide nel termine di due soli giorni dal ricevimento del ricorso. Nuova domanda: qualcuno pensa che questo collegio potrebbe smentire l’ufficio periferico e dar ragione al Cav, reputandolo candidabile?
Bisogna guardarsi in faccia. Riesce difficile reputare che collegi elettorali formati di soli magistrati possano usare una rilevante gentilezza al Cav, per di più su una questione così delicata. Tutto, beninteso, si può tentare; ma bisogna aver ben chiara la situazione di fatto, oltre che astrattamente giuridica, da affrontare.