Francesco Grignetti, La Stampa 14/8/2013, 14 agosto 2013
DALLA RAFFINERIA AL SERBATOIO, ECCO COME SI RAGGIRA IL FISCO
Altro che mettere acqua nei carburanti. È successo e succederà ancora. L’ultimo caso si è registrato a Casalnuovo, in provincia di Napoli. Ma quella della benzina annacquata è la truffa più farlocca che c’è perché i motori si fermano e la gente capisce subito il trucco. A Casalnuovo, insomma, i finanzieri sono andati a colpo sicuro.
Altra storia sono le truffe sofisticate del Ventunesimo secolo. Nell’eterna gara tra guardie e ladri, i diversi Nuclei tributari della Finanza hanno ormai squadre specializzate che danno la caccia ai maghi dell’imbroglio. «La truffa - racconta il maggiore Marco Sebastiani, esperto del ramo - è in agguato lungo tutta la filiera».
A volte si comincia dalla raffineria, là dove si produce il carburante partendo dal petrolio grezzo. È capitato che una raffineria nascondesse al fisco importanti quantità di prodotto, creando una riserva «in nero» che poi andava smerciata. Ma ovviamente non poteva figurare dalla documentazione. E allora c’è voluta la complicità di qualche autotrasportatore. Il quale, a sua volta, ha truccato gli erogatori che immettono il carburante nei depositi dei distributori. E qui soccorre un altro trucco, come scoperto dai finanzieri: ci sono autotrasportatori che hanno manomesso i contatori, così conteggiano liquido e aria assieme e fanno figurare quantità diverse dalla realtà.
Sono diversi gli autotrasportatori che truccano le carte. Ricevono una certa quantità di carburante da portare a destinazione. Se però lungo la strada devono rifornire un ente pubblico o un condominio, luoghi dove non si controlla granché, capita facilmente che una certa quantità di gasolio possa restare al fondo dell’autocisterna. E certo quella non è merce che si butta via.
Nelle truffe occorre infatti l’inevitabile complicità del venditore al dettaglio. Questi truccano la contabilità delle entrate e delle uscite ritoccando i totalizzatori alle colonnine, che fungono da contatori, facendo figurare meno scatti di quelli effettivi. È un trucco vecchio come il mondo, simile a quello di certi rivenditori di auto usate: rimandano indietro il contachilometri e vendono come seminuova una macchina che ormai è un catorcio. L’equazione è facile: meno benzina venduta, più accise evase.
Trucco per trucco, la Guardia di Finanza ha ormai affinato le sue capacità di contrasto. La prima verifica si effettua alle colonnine. Ci sono quelle manomesse a vista, alla pistola. E sono le più facili da scoprire. Poi ci sono quelle truccate sottoterra. Vicino Roma è stato scovato, in un megadistributore con dieci colonnine, che due di queste erano collegate a una cisterna segreta dove finiva esclusivamente carburante illegale. Altre volte si sono scoperti distributori del tutto clandestini: uno l’hanno sequestrato poco tempo fa nelle campagne vicino Milano. I finanzieri ci sono arrivati con indagini di vecchio stampo, messi in sospetto da file di automobilisti in attesa nel nulla.
Fin qui, però, sono trucchi che colpiscono il fisco, non i consumatori. Il carburante che finisce nei serbatoi è normalissimo, salvo che i venditori non ci pagano sopra le tasse (ma ovviamente il cittadino non lo sa, lui paga il prezzo intero). In altri casi, invece, si interviene sulla qualità del gasolio o della benzina.
L’adulterazione più comune riguarda la miscelazione di gasolio ad accise piene con altro gasolio ad accise inferiori o addirittura esenti. Caso classico, la mescola di gasolio per autotrazione con gasolio per trattori agricoli o per motopescherecci.
Questi ultimi due prodotti vengono agevolati fiscalmente dallo Stato e sono di qualità leggermente inferiore. I motori più vecchi nemmeno se ne accorgono; quelli più sofisticati si ritrovano con gli iniettori sporchi. L’automobilista non lo saprà mai. I finanzieri, sì. Viaggiano con kit specifici per analizzare il gasolio. Ma ci sono marescialli esperti che a fiuto svelano l’inganno.