Edoardo Boncinelli, Corriere della Sera 13/8/2013, 13 agosto 2013
LA VERA COSCIENZA ABITA NEL CERVELLO
Nello strano mondo in cui viviamo si scrivono migliaia di libri sull’inconscio e le sue mirabolanti ma largamente ipotetiche proprietà. Molto poco si scrive invece, almeno per il grande pubblico, sulla coscienza, il vero grande problema neuroscientifico degli ultimi decenni. Sono quindi da salutare con grande favore i buoni libri sull’argomento, specialmente se scritti da veri esperti.
È certamente il caso di Nulla di più grande (Baldini & Castoldi) scritto da due scienziati che si sono segnalati nel mondo per serietà e originalità di studi: Tononi è un italiano che vive e lavora all’estero, mentre Massimini è riuscito a tornare in Italia, a Milano, dopo un periodo passato nel laboratorio di Tononi. Quest’ultimo ha lavorato a sua volta per un periodo con Gerald Edelmann, grande immunologo convertitosi allo studio del cervello e divulgatore.
I nostri autori puntano nientemeno che a una definizione del fenomeno della coscienza e ne descrivono alcune proprietà sperimentali da loro scoperte, che hanno grande valore teorico, ma anche eccezionale importanza clinica.
Il viaggio intellettuale opportunamente prende le mosse da un’esperienza reale degna della penna di Shakespeare: tenere nel palmo di una mano un cervello isolato dal resto del corpo. Non tutti hanno fatto questa esperienza, neppure io, ma tutti oggi abbiamo visto almeno una volta l’immagine di un cervello umano, quel chilo abbondante di materia vagamente gelatinosa che, quando è in funzione, racchiude tutte le nostre sensazioni, percezioni, memorie, emozioni e capacità di elaborarle. Ritengo che l’esperienza di tenerlo in una mano non sia facilmente sostituibile, ma il concetto è che quello e solo quello è il cervello, e tutto quello che noi viviamo viene da lì, per quanto inverosimile la cosa ci possa sembrare. Compresa la coscienza, ovvero la capacità di sentire il mondo e sentirsi in quello (o anche parte di quello).
Un’altra osservazione estremamente interessante che i nostri autori fanno è quella di comparare due grosse parti del cervello che potrebbero essere ambedue candidate a contenere le strutture necessarie per la comparsa della coscienza: il cervelletto e la corteccia cerebrale o, meglio, il sistema talamocorticale, cioè l’insieme della corteccia e delle strutture talamiche sottostanti. È chiaro che per raggiungere la coscienza (e il pensiero) occorrono strutture cerebrali piuttosto cospicue, formate da un altissimo numero di cellule nervose e dei collegamenti che le ammettono in relazione le une con le altre, ma questa si presenta come una condizione necessaria ma non sufficiente. Il cervelletto è ricchissimo di cellule nervose, ne contiene più del triplo del sistema talamocorticale, ma il cervelletto non è assolutamente in grado di assicurare una presa di coscienza: senza il cervelletto si conduce una vita un po’ complicata, ma la coscienza è presente, mentre è necessaria l’integrità di vaste regioni della corteccia e del talamo per essere presenti a se stessi. Questo ci fa riflettere sulla vera natura dell’accessibilità alla coscienza e ci indica una strada per poterla circoscrivere, se non analizzare in dettaglio. Non basta insomma un altissimo numero di neuroni per produrre una presa di coscienza, ma occorre qualche altra cosa. Quale? Non lo sappiamo ancora, ma gli studi dei nostri autori ci hanno condotto molto avanti su questa strada.
Detto in parole povere, e di corsa per non rovinare la lettura, un cervello cosciente è capace di essere percorso nella sua interezza da segnali nervosi, mentre un cervello che manchi di questa facoltà è un cervello «sordo» e isolazionista nel quale i segnali nervosi restano sostanzialmente confinati nella regione dove sono stati prodotti. A questa conclusione si giunge con esperimenti raffinatissimi, condotti con le metodologie più avanzate, inducendo un temporaneo disturbo da fuori in una regione specifica del cervello e misurando come questo disturbo si propaga, o non, nel resto del cervello o, meglio, della corteccia. Una scoperta entusiasmante e uno strumento insostituibile per distinguere fra di loro i vari disturbi dello stato di coscienza in pazienti diversi. Anche la coscienza, il sancta sanctorum degli studi sul cervello e il fondamento della nostra interiorità, sta per essere svelata dalla scienza. Meditate gente, meditate.