Alberto Mattioli, La Stampa 13/8/2013, 13 agosto 2013
Fra le new entry, oltre al Panama ci sono anche «la fattura e la pratica del Tar» dell’Azerbaigian (non è un tribunale, ma uno strumento a corda), Al’azi, l’elegia, marcia processionale e poesia dell’Oman, o l’Arirang, il canto lirico della Corea
Fra le new entry, oltre al Panama ci sono anche «la fattura e la pratica del Tar» dell’Azerbaigian (non è un tribunale, ma uno strumento a corda), Al’azi, l’elegia, marcia processionale e poesia dell’Oman, o l’Arirang, il canto lirico della Corea. Necessitano di «una salvaguardia urgente» l’arte del tappeto in feltro del Kirghizistan e il Noken, zaino multifunzionale made in Papuasia. Nel 2003, l’Unesco ha deciso che Patrimonio dell’Umanità non sono solo luoghi fisici ma anche dell’anima. O, come spiega il veneziano Francesco Bandarin, vicedirettore per la Cultura dell’organizzazione dell’Onu per l’educazione, la scienza e la cultura, «tradizioni, saperi, savoir-faire, insomma cultura». Il meccanismo per attribuire al patrimonio immateriale il bollino dell’Unesco è lo stesso: si inizia con una candidatura presentata da un governo nazionale («Ma quasi sempre l’iniziativa viene dal basso», spiega Bandarin), viene valutata dagli esperti e votata da un comitato. Cercando, ovviamente, di «spalmare» i riconoscimenti fra i vari continenti, Paesi e aree culturali. Per l’Italia, il catalogo è questo: sono Patrimonio immateriale dell’Umanità dal 2008 il Canto a tenores dei pastori sardi e i Pupi siciliani, dal 2010 la Dieta mediterranea (ma in comproprietà con Spagna, Grecia e Marocco) e, dall’anno scorso, il Savoir-faire dei liutai di Cremona. Nel 2014 si discuterà della Coltivazione della vite ad alberello a Pantelleria. I francesi, peraltro, sono riusciti a rispondere al trionfo della dieta mediterranea piazzando nella lista del patrimonio il Pasto gastronomico francese. La domanda è: a che serve? «Intanto serve per la tutela - risponde Bandarin -. L’Unesco dà al bene una specie di label, ma chi lo riceve si impegna a tutelarlo. E poi non vanno sottovalutate le ricadute economiche. Per la verità, statistiche precise esistono solo per il patrimonio “materiale”. Ma non c’è dubbio che anche quello immateriale contribuisca a sviluppare il turismo. Magari più un turismo culturale che di massa, più alla ricerca di tradizioni di nicchia». Fra i 298 «immateriali» tutelati c’è di tutto. Insieme ai violini di Cremona sono state promosse le Ceramiche di Horezu, in Romania, il Nachi no Dengaku, alias «l’arte religiosa di spettacolo praticata durante la festa del fuoco di Nachi» (in Giappone), la Falconeria in 13 Paesi diversi, la Festa delle ciliegie di Safrou, in Marocco, quella dei patii di Cordova, in Spagna, quella di San Francesco d’Assisi a Quibdo, in Colombia... Il mondo è davvero bello perché è vario.