Fabio Gambaro, la Repubblica 11/8/2013, 11 agosto 2013
È LA STAMPA, RAGAZZI!
PARIGI Bambini che leggono quotidiani di carta. Ai tempi del trionfo delle nuove tecnologie e della crisi della stampa tradizionale è un’anomalia. O forse un sogno. Eppure è così. In Francia Mon Quotidien, che cinque giorni alla settimana si rivolge con successo a lettori dai dieci ai dodici anni, festeggia felicemente vent’anni di attività. Con le sue due varianti —
Le Petit Quotidien (per la fascia 7-9 anni) e L’actu (per quella 13-17) — conta su un pubblico fedele di centocinquantamila abbonati che per nulla al mondo rinuncerebbero ad avere ogni mattina il loro amato quotidiano nella cassetta della posta. Insomma, un vero miracolo editoriale il cui artefice è François Dufour, cinquantenne dinamico e creativo, che, insieme a due amici, ha fondato a metà negli anni Ottanta una casa editrice di giochi educativi, Play Bac. Nei suoi locali, nell’aprile del 1993, ha visto la luce il numero zero di Mon Quotidien, un giornale capace d’incrociare informazione mirata e preoccupazioni ludico-pedagogiche, che all’inizio si chiamava Poil au nez: «Nessuno credeva a un quotidiano per bambini — racconta —, noi però eravamo conviti che fosse meglio proporre dieci minuti di lettura al giorno piuttosto che un’ora intera durante il week end. La forma del quotidiano venduto in abbonamento ci sembrava quindi più adatta del settimanale. Da allora siamo rimasti fedeli a questa linea: un giornale di otto pagine leggibile in dieci minuti, pieno di notizie e immagini. I bambini hanno apprezzato l’idea dell’appuntamento quotidiano. E oggi siamo ancora qui».
Per capire il segreto di un tale successo, occorre passare una giornata nel vasto open space su tre livelli dove ha sede la redazione di Mon Quotidien.
In quello che una volta era un magazzino di tessuti nel vecchio quartiere parigino del Marais, oggi lavorano una quarantina di persone. Età media 35 anni. Qui ogni settimana giungono gruppi di ragazzini che a rotazione assumono il ruolo di caporedattore. Sono loro che discutono e scelgono con la redazione gli articoli da pubblicare. I giornalisti sottopongono loro una serie di argomenti (spesso per altro indicati proprio dai lettori) e i giornalisti in erba criticano, propongono, entrano nel merito di ogni sezione del giornale: prima pagina, interni, esteri, notizie brevi, parola del giorno, dato del giorno eccetera. E quando non capiscono qualcosa, non esitano a
farsi spiegare. «Perlopiù cerchiamo di proporre notizie che non si trovano nei quotidiani tradizionali rivolti agli adulti. Qualche volta però affrontiamo anche temi d’attualità di cui si occupa tutta la stampa. Di recente, per esempio, abbiamo parlato delle nozze gay, un tema che in Francia è stato al centro del dibattito per settimane».
Per la scelta della prima pagina, ogni settimana una lista di dieci idee viene sottoposta al giudizio di un gruppo di lettori. «Le loro scelte ci sorprendono sempre», chiosa Dufour, spiegando che, contro ogni aspettativa, le tematiche legate allo sport, alla musica o ai videogiochi non hanno mai molto successo, «forse perché dividono troppo, e ciascuno ha le proprie preferenze». I lettori di Mon Quotidien preferiscono gli animali e le storie di piccoli eroi, come conferma una parete della redazione sulla quale vengono affisse le copertine più apprezzate dai lettori, ma anche quelle che più li hanno delusi.
Ogni giorno, dopo la riunione con i giornalisti, i piccoli capiredattori partecipano a una videoconferenza con uno dei due disegnatori del giornale che abita a Besançon, al quale spiegano i disegni da fare. E prima di andarsene a casa, passano anche dal photoeditor per scegliere la foto del giorno. Il loro contributo è dunque fondamentale, perché consente alla redazione di fare un quotidiano in totale sintonia con gli interessi dei giovani lettori, senza cadere nell’errore d’immaginare un giornale per i piccoli ma con le notizie che interessano i grandi. Anche per questo di tanto in tanto tutta la redazione passa un’intera giornata in una scuola, in immersione totale nell’universo dei piccoli lettori. Per quanto riguarda poi la scrittura, le indicazioni per i giornalisti sono drastiche: nessuna frase di più di dodici parole, pochissime subordinate, vocaboli corti, niente termini difficili. Tranne tre o quattro parole scelte ogni giorno che vengono spiegate a parte. «Dobbiamo ricordarci sempre che i nostri lettori sanno moltissimo meno di noi», sottolinea l’inventore di Mon Quotidien, per il quale nella ricetta del giornale, disegni, foto e infografiche svolgono un ruolo eccezionale: «Fin dall’inizio, la condizione d’esistenza del giornale è stata la stampa a colori. Per noi, la messinscena dell’informazione è fondamentale».
Il quotidiano dei piccoli piace molto anche agli insegnanti e ai genitori (che poi sono quelli che pagano l’abbonamento), i quali lo considerano un utile strumento per costruire abitudini di lettura e arginare l’uso dilagante di computer e smartphone: «Tre quarti delle famiglie abbonate non comprano mai altri quotidiani, tant’è vero che molti genitori — due terzi delle madri e un terzo dei padri — ammettono di leggere Mon Quotidien quasi tutti i giorni». Per altro, sia i giovani lettori che i loro genitori sono tenacemente fedeli alla carta: «Abbiamo offerto a tutti gli abbonati le applicazioni gratuite per tablet o smartphone, ma praticamente nessuno le usa. Lo stesso vale per il giornale digitale che solo l’un per cento degli abbonati legge sul computer. Tutte le nostre inchieste confermano che i piccoli lettori vogliono la carta. Per loro, un giornale è di carta. Se diventa digitale, è già qualcos’altro». Moltissimi lettori di Mon Quotidien conservano tutti i numeri del giornale. «Hanno una memoria legata alla carta», ipotizza Dufour, che aggiunge: «Per loro, l’universo digitale è quello di Facebook, dei film, dei giochi, nulla a che vedere con la lettura. Un’abbonata di quindici anni un giorno ci ha detto che, se avessimo rinunciato alla carta, la sorellina più piccola non avrebbe mai imparato a leggere».
Questa percezione cambierà forse in futuro, con la progressiva diffusione dei tablet e la loro evoluzione. Inoltre, quando gli schermi diventeranno flessibili, le differenze con la carta saranno meno evidenti: «Allora anche i nostri lettori passeranno più facilmente al formato digitale. Bisognerà vedere però se i genitori continueranno a considerarci uno strumento di lettura o invece ci assimileranno al mondo ludico dei computer». Per adesso, intanto, Mon Quotidien esce ogni giorno dalle rotative, senza risentire della crisi che da qualche anno colpisce tutta la carta stampata. «Alla fine, resteremo l’ultimo quotidiano di carta di tutta la Francia», scherza Dufour, per altro stupendosi che la sua iniziativa non sia stata ripresa all’estero. Gli unici due progetti simili — a Hong Kong e in Qatar — sono stati realizzati da due francesi i cui figli in Francia leggevano Mon Quotidien.
Con altri paesi ci sono stati contatti che però alla fine non si sono mai concretizzati: «Siamo un settore di nicchia che non interessa i grandi gruppi editoriali. Eppure un progetto come il nostro è fondamentale, perché contribuisce a formare i lettori di domani. Quelli che un giorno potranno forse salvare i giornali degli adulti».