Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 11 Domenica calendario

IL VOLO DI VALERIA, MAMMA DA FAVOLA

Gli sterrati a fianco delle acque di Bormida e Tanaro, là dove si sviluppano i suoi percorsi di allenamento partendo dal Campo Scuola, sono diventati una magica lingua d’asfalto lungo la Moscova. Il Giro del Giardinetto di 18 km, segnato ogni 1000 metri e ogni anno dall’amico Gandin in prossimità del casello Ovest dell’autostrada, s’è trasformato in una suggestiva andata-ritorno di 10 km, dal Luzhniki al Cremlino. Da Alessandria a Mosca: la favola di Valeria Straneo ha confini definiti. E’ quella di una ragazza della porta accanto, di una come tante. Almeno fino al settembre 2011. Fin lì, amatrice o poco più, aveva corso quattro maratone. Una in 3h32’, roba quasi da tapascioni. E mai aveva fatto meglio di 2h41’. La portacolori del Runner Team Volpiano, meno di due anni più tardi, a 37 suonati – più anziana medagliata di sempre nelle maratone mondiali, uomini compresi – è vice iridata.
La malattia Quattordici maggio 2010: tutto comincia da lì. Dall’ospedale di Alessandria, dove il dottor Spinoglio le asporta la milza. Valeria – mamma di Leonardo (7 anni) ed Arianna (quasi 6) – dalla nascita soffre di sferocitosi, malattia genetica ereditaria. L’hanno il padre, due sorelle e la sua bimba. Attacca la membrana dei globuli rossi e provoca anemia, dissenteria e stanchezza. Dopo una crisi emolitica, l’intervento è inevitabile. Per condurre una vita normale, mica per far l’atleta. La milza asportata, ingrossatasi a dismisura, è lunga 26 cm e pesa 1.8 kg. Con valori troppo al di sotto della norma, fino a 6.5 di emoglobina e a 20 di ematocrito. Con lo sport pensa di smettere. Poi, di colpo, la trasformazione. Con i valori che salgono, intorno a 16 e a 45-46: in alto, forse più del normale, ma – al di là di certi commenti cattivi – entro i parametri regolamentari. Anche se ciò non significa che la situazione non l’aiuti ad andar forte. Valeria rinasce. E, a 35 anni, si scopre campionessa.
Megafono Alla maratona di Berlino del settembre 2011 vola in 2h26’33”. Per inseguire la nuova carriera, non ha rinnovato un contratto da educatrice al Nido comunale. In dicembre, all’Eurocross, debutta in azzurro. Nell’aprile 2012, a Rotterdam, con 2h23’44”, migliora di 3” il record italiano dei 42 km, di Maura Viceconte dal 2000. Poi ci sono l’8° posto ai Giochi di Londra e in autunno, dopo l’annullamento della maratona di New York per l’uragano Sandy, il 3° a quella di Torino in 2h27’. A questi Mondiali, fino a tre mesi fa, non avrebbe dovuto partecipare. Il successo nella mezza dei Giochi del Mediterraneo di giugno le ha fatto capire che, in Russia, avrebbe potuto coltivare sogni ambiziosi. Sogni realizzati. Con tanti grazie al marito Manlio, che l’ha accompagnata, si occupa di animazione grafica tridimensionale, faceva i 400 hs ed è apneista e all’allenatrice di sempre, Beatrice Brossa, 52enne concittadina casalinga che segue anche 40 ragazzini. Ieri, lungo il percorso, l’ha incitata con megafono. Manco fossero ad Alessandria.

****
«PODIO DA SOGNO, ORA PUNTO A RIO» -
La erre arrotata, la chiacchiera facile. Da dottoressa in lingue, anche in inglese. Valeria Straneo, non fosse per l’addetta al cerimoniale che la porta via, non smetterebbe più di parlare. Dopo l’arrivo, con tanto di «ruota» celebrativa modello ginnasta in pista, è impazzita di gioia. E peccato che nello stadio ci fosse proprio poca gente. Ora, pettorale n. 501 in vista e scarpe rosa ancora ai piedi, riflette pacata sull’impresa compiuta.
Sa che, in testa dal 1° al 40° km, ha condotto la gara come nessun’altra ha mai osato fare?
«Ho solo seguito i consigli della mia allenatrice Beatrice Brossa e del d.t. Massimo Magnani. “Vai col tuo ritmo, fai il tuo passo”. Sono stata tranquilla. Non mi sono mai preoccupata di quel che succedeva alle mie spalle. Anzi, quando siamo rimaste in due, non mi sono nemmeno accorta».
Non ha patito il caldo?
«Non più di tanto. Mi sono bagnata tutte le volte che ho potuto, ho bevuto molto. Ho solo avvertito un po’ di mal di gambe intorno al 12° km, ma è passato in fretta».
Dove ha trovato la lucidità per scambiare un «cinque» con Emma Quaglia dopo il 25° km?
«Siamo molto amiche, ci siamo allenate insieme, abbiamo corso con al polso i nodi della fortuna che ci siamo regalate a vicenda. Ha fatto una gara straordinaria. Ci siamo incrociate al giro di boa. E’ stato un gesto spontaneo».
Ha provato a replicare all’attacco della Kiplagat?
«In tutto i modi, ma è andata via secca. Non ne avevo più, speravo solo di arrivare in fretta allo stadio».
A chi deve un grazie particolare?
«A mio marito che, nei momenti più intensi della preparazione, fa il “mammo”. A Beatrice, che s’è sgolata lungo il percorso. Alla Fidal, che mi ha concesso di andare in raduno in Kenya in febbraio e a St. Moritz in luglio. A Stefano Baldini, il mio ispiratore. E al dottor Fiorella».
Quant’è cambiata la sua vita dopo l’asportazione della milza del 2010?
«Radicalmente. Mai avrei immaginato, prima di allora, che un giorno avrei partecipato all’Olimpiade e sarei diventata vice campionessa del mondo».
E ai suoi due bimbi cosa dice?
«Ciao Leo, ciao Arianna. Fate i bravi, coi nonni in montagna. Spero mi abbiate guardata in tv».
Quanto vale questo argento, al di là dei 30.000 dollari di premio Iaaf?
«Un’enormità, è un sogno».
Ora parte l’operazione Rio 2016?
«Un obiettivo alla volta, sono giovane di esperienza, ma anagraficamente una vecchietta. Intanto, in novembre, potrei correre la maratona di New York. Poi vedremo».