Alessandra Gozzini, La Gazzetta dello Sport 11/8/2013, 11 agosto 2013
BARDI: «IO, PORTIERE BAMBOCCIONE, DIVENTO GRANDE A CASA MIA»
Il vento che soffia dal mare fortifica idee e orgoglio, «quando mi trovano per strada è tutto un boia deh » ride Francesco Bardi, livornese del Livorno. Qui, dice, c’è gente «che ha un grandissimo senso d’appartenenza. Chiamatelo orgoglio amaranto o come volete, ma se vincono Allegri, Chiellini, lo stesso Mazzarri, io sono contento. Contento per il nostro spirito livornese».
Mazzarri sarebbe in realtà di San Vincenzo, non è che lo include per accattivarselo?
«Credo che l’Inter, proprietaria del mio cartellino, abbia grande fiducia in me a prescindere. Poi i risultati ottenuti in carriera dall’allenatore parlano da sé, è un tecnico completo con cui spero, in futuro, di condividere un percorso di successi. L’Inter è e sarà un sogno, ora però penso solo al Livorno».
A proposito, è dei livornesi la capacità di avere la risposta pronta? Lei tempo fa è stato chiaro: «Il secondo ad Handanovic non lo faccio».
«È semplicemente un portiere che ha grandissima continuità, che lascia pochissimi spazi. Livorno mi dava la possibilità di giocare, oltre a offrirmi l’onore di tornare a difendere la porta della squadra della mia città».
Ok, ma ha chiaro che da Livorno dovrà presto ristaccarsi?
(Ride) «Un anno a Novara per ora mi è bastato... Ma almeno ho imparato a cucinare, l’essenziale eh, a pulire un po’, diciamo il minimo per una sopravvivenza dignitosa. Facevo qualcosa anche per riempire le giornate, sono un livornese atipico in questo, sono riservato e mi piace stare da solo. I compagni mi chiamavano “Steccio”, un diminutivo affettuoso per un toscanaccio come me. Qui invece, a Livorno, ho la mia famiglia, vivo in casa con loro. Cioè, avrei anche una sistemazione tutta per me, ma coccolato dai genitori è tutta un’altra cosa. Sono figlio unico, alla famiglia devo tutto, e mi piacerebbe averla sempre con me, anche se non sarà possibile. Coi miei sto benissimo, se vuol dire essere bamboccioni, allora sì, di certo lo sono».
Per altri versi è andato via di corsa: esordio in A, col Livorno, a 18 anni, miglior portiere al Viareggio nel 2011 con la Primavera interista, miglior numero uno di B a Novara, vicecampione d’Europa con l’Under. Se a 21 anni dovesse fare un primo bilancio della carriera?
«Direi che ho capito presto che il lavoro paga. E che ogni traguardo è un punto di partenza e mai un arrivo».
Vale anche per l’Under dove è uno dei quattro superstiti del gruppo dell’Europeo?
«Chiaro, c’è la stessa grande voglia di prima. Abbiamo dimostrato di poter competere coi migliori del continente. Ma è come non aver fatto nulla. Da qui si riparte, dobbiamo continuare a impegnarci al massimo. Magari altrove hanno più coraggio coi ragazzi, quello sì. Della Spagna campione mi ha impressionato proprio la consapevolezza, avevamo avversari che giocavano con naturalezza e tranquillità. Parlo di portieri ora, diciamo almeno che qui c’è una buona base: Colombi, Leali, Pigliacelli, Perin, c’è l’imbarazzo della scelta...»
Preparatore dei portieri, in Under, è un ex nerazzurro, Toldo. Ha già chiesto qualche suggerimento?
«Mai parlato di Inter. Ora c’è solo Livorno». Deh , vero.