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 2013  agosto 11 Domenica calendario

FED: TROPPO RUMORE PER IL «DOLLARO AL FEMMINILE»

Ho passato cinque anni e passa a guardare i fobici dell’inflazione (che tanto per cominciare non brillavano per sensibilità) precipitare in una follia caparbia e insana. Davanti al fallimento delle loro previsioni (la continua assenza di un’inflazione galoppante che loro insistevano fosse dietro l’angolo), avrebbero potuto fare un passo indietro e riconsiderare modelli e raccomandazioni. E invece no. È stato tutto un proliferare di nuovi pretesti per aumentare i tassi di interesse in un’economia depressa, senza minimamente ammettere che le loro previsioni si erano rivelate completamente errate. O quel che è peggio, sono nate nuove teorie cospirazioniste - l’inflazione è a due cifre, ma il Bureau of Labor Statistics ne sta trafugando ogni traccia sui suoi elicotteri neri per occultarla nell’Area 51. È stato a quel punto che ho pensato di averne viste davvero di tutti i colori. E invece non era così. La prospettiva che la "colomba" monetaria Janet Yellen, vice presidente della Federal Reserve, possa diventare presidente della Fed, mi ha gettato in uno stato di… mi mancano le parole per definirlo.
A luglio, il New York Sun ha pubblicato un editoriale intitolato "The Female Dollar", il dollaro al femminile, mettendo in guardia da un "dollaro a quota rosa". Non scherzo. E il Wall Street Journal l’ha trovata un’analisi così azzeccata da riportarla in un suo editoriale e ha argomentato in lungo e in largo (o meglio asserito, visto che se c’era un’argomentazione razionale, io non la trovavo), che l’unica ragione possibile per la quale la gente potesse volere Janet Yellen al posto di Bernanke è che Janet Yellen non è solo una "colomba" monetaria ma anche una donna.
E certo. Dopo tutto, che altra ragione ci potrebbe mai essere al di là della questione di genere? Ovvero, a parte il fatto che Janet Yellen si sia dimostrata un elemento eccellente all’interno della squadra della Fed, che abbia un curriculum di tutto rispetto come ricercatrice proprio sulle questioni economiche che dovrebbe affrontare nel corso del suo mandato e che, secondo una graduatoria pubblicata di recente, si collocherebbe fra i 14 economisti della Fed che vantano la migliore capacità di previsione. Di chi è la graduatoria? Uhm, del Wall Street Journal. Lo dico da tanto che manca un’argomentazione razionale sulla politica economica, che la posizione inflazionista è dettata da politica e psicologia anziché da quella che l’altra parte riconoscerebbe come analisi, ma tutto questo lo dimostra davvero, senza ombra di dubbio. Se vogliamo veramente capire cosa sta succedendo, l’austriaco giusto da leggere non è Friedrich Hayek o Ludwig von Mises, bensì Sigmund Freud.
L’impaccio della Fed
In un post recente sul blog Alphaville del Financial Times, Cardiff Garcia scrive giustamente a proposito del caso Yellen: «La politica non è esattamente la nostra materia, ma l’ipotesi più plausibile al momento è semplicemente che la Casa Bianca non abbia fatto il suo lavoro, che non sia riuscita ad anticipare la reazione collettiva e ora, goffamente, stia cercando di capire come gestire la cosa. La politica è imprescindibile naturalmente, ma noi vorremmo sottolineare ancora una volta che su una mera questione di merito, non serve montare un caso anti Summers per preferire Janet Yellen».
La sensazione è che il dibattito sulla politica economica alla Casa Bianca stia diventando pericolosamente sempre più isolato; eppure chiunque dall’esterno avrebbe potuto dire che hanno combinato un bel pasticcio a ventilare l’idea di scegliere l’ex Segretario al Tesoro Larry Summers al posto di Janet Yellen. Ma sembravano beatamente ignari di cosa sarebbe successo.

(Traduzione di Francesca Novajra)