Stefano Rizzato, La Stampa 11/8/2013, 11 agosto 2013
DALLA MUSICA ALLA BICICLETTA UNA VITA A NOLO
Gli amanti del pallone lo sanno da un pezzo: il tempo delle spese pazze è finito. E se persino il calciomercato dei Paperoni è passato dagli acquisti da sogno ai giocatori a noleggio, prestati per un anno e poi rispediti alla base, il resto del Paese non si poteva che adeguare. Sempre meno compratori, gli italiani, e sempre più fan di affitto e noleggio. Una trasformazione, manco a dirlo, figlia della crisi e dell’ormai costante calo dei consumi. Eppure.
Eppure la sorpresa è che, a liberarsi della frenesia di possedere, rischiamo di scoprirci più ricchi.
Più cultura a meno Pensiamo alla musica. Chi può dire di avere sulla libreria o nel computer oltre 20 milioni di canzoni? È questo il numero di brani messi a disposizione da Spotify e Deezer, i due servizi più popolari di musica in streaming. Comprarli uno per uno costerebbe quanto una macchina sportiva. «Noleggiarli» in Rete viene 9 euro e 99 al mese. Una rivoluzione già in atto e pure un efficace strumento contro la pirateria.
E quando sbarcherà in Italia Netflix, l’equivalente per film e serie tv, di rivoluzione ce ne sarà un’altra. La data è top-secret ma non dovrebbe essere lontana. Il costo mensile sarà simile, il catalogo altrettanto ricco e il successo praticamente certo, per un servizio che ha già 37 milioni di adepti in 40 Paesi diversi.
In realtà, in campo culturale, la forma di noleggio più economica esiste da decenni: costa zero euro e si consuma ogni giorno nelle sedicimila biblioteche italiane, sempre più affollate e utilizzate. Ma non c’è dubbio che, insieme alla crisi, sia stata la tecnologia a cambiare le nostre abitudini di consumatori. Con il Web, affittare o noleggiare qualunque cosa è una questione di secondi.
Oltre le frontiere Ad allargare le frontiere tradizionali dell’affitto ci ha pensato anche un sito: Locloc.it, il primo esempio italiano di portale dedicato al noleggio tra privati. La gamma di oggetti spazia dalle guide turistiche ai fornelli da campeggio. Il tempo libero e gli accessori per la casa sembrano essere le categorie più gettonate e, in fondo, è logico che sia così. Perché il noleggio e il buon senso si vedono nelle piccole cose.
Sopra le righe Ma il noleggio oggi è anche l’alternativa low-cost per chi si è stancato di fare rinunce. Sentirsi almeno una volta un po’ Vip e vivere sopra le proprie possibilità ha il suo fascino. La novità è poterlo fare anche senza rapinare una banca. Abiti, borse, scarpe e gioielli extralusso si possono affittare per una sera o una settimana. E se si vuole proprio esagerare – ma in quel caso il prezzo sale assai – si può noleggiare anche un’auto d’epoca o una limousine, con tanto di autista incluso.
Il criterio vale anche per abiti da cerimonia, compreso più importante: il vestito da sposa. Molti ci vedono un ricordo da conservare in armadio. Altri, forse con più concretezza, preferiscono affittarlo e concentrare gli sforzi economici sul viaggio di nozze.
Case, l’affitto è vacanziero A proposito di viaggi, gli italiani che scelgono di prendere in affitto la casa al mare sarebbero oltre il 30 per cento. Sono pochi meno di quelli che optano per l’albergo, come rivela l’ultima indagine di soloaffittivacanze.it. L’affitto vacanziero insomma tiene bene, proprio per merito della crisi.
Parlando di abitazione principale, la storia cambia. La tradizione della casa di proprietà è dura a morire e le famiglie che vivono in affitto sono il 16,9 per cento, in calo rispetto al 17,2 per cento del 2010 (dati Istat). Certo, a ben vedere il calo è molto meno accentuato di quello degli acquisti immobiliari, che nello stesso periodo sono caduti in picchiata. Ma resta un fenomeno quasi di nicchia.
Intanto sono nate anche forme «ibride», come l’affitto con riscatto. Un sistema che consente all’inquilino, se lo desidera, di trasformare gli affitti versati in rate per l’acquisto dell’appartamento. Un modo per aggirare la tagliola del mutuo e al tempo stesso fare in modo che l’affitto non sia a fondo perduto.
«Meglio usare che avere» In generale, il cambiamento si potrebbe riassumere così: oggi conta più usare che avere. «E non è solo questione di crisi, il processo è iniziato prima», spiega Maura Franchi, docente di Sociologia dei consumi all’Università di Parma.
«L’idea del possesso come status symbol sta venendo meno. Oggi, da consumatori diamo meno valore al possesso e più valore all’esperienza e alla gratificazione».
E poco importa se la gratificazione arriva da un oggetto comprato o noleggiato. «Esatto, e vale anche per i ceti più alti - continua Franchi - il benessere è usare, fare, non avere. E infatti il mercato si sta adeguando. Quando acquistiamo un cellulare, nessuno ci parla più di rate, ma piuttosto di abbonamento. L’importante è che il consumatore senta di acquistare un servizio, un’esperienza. Possedere l’ultimo smartphone, destinato a diventare presto obsoleto, per un numero sempre più alto di consumatori è secondario».