Elisabetta Del Soldato, Avvenire 11/8/2013, 11 agosto 2013
MATRIMONI FORZATI, L’ALLERTA DI LONDRA
durante le vacanze estive, quando le scuole sono chiuse, che la piaga dei matrimoni forzati in Gran Bretagna produce più vittime. Ieri le autorità hanno lanciato l’allarme e invitato insegnanti, medici e staff aeroportuale a tenere gli occhi aperti sugli spostamenti di giovani vulnerabili che vengono accompagnate dai loro familiari nel Paese d’origine, in molti casi Pakistan, India e Bangladesh, con la scusa di andare a visitare i parenti e poi invece vengono costrette a sposarsi.
L’anno scorso il dipartimento del Ministero degli Interni che si occupa della lotta ai matrimoni forzati, la “Forced Marriage Unit”, ha ricevuto 400 segnalazioni tra giugno e agosto. Ogni anno in Gran Bretagna oltre cinquemila persone sono costrette a sposarsi, e un terzo è sotto i sedici anni. Per far fronte all’emergenza il governo ha deciso di aprire un servizio di aiuto telefonico e di distribuire opuscoli titolati «Marriage, it’s your choice» (matrimonio, la scelta è tua) che spiegano a chi rivolgersi in caso di bisogno.
Mark Simmonds, portavoce del Ministero degli Interni, ha sottolineato come non sia più possibile ignorare il problema. «Le vacanze estive sono il periodo peggiore – ha detto ieri nel corso di una conferenza stampa in cui sono stati rilasciati gli ultimi dati –. L’anno scorso abbiamo avuto centinaia di segnalazioni ma sappiamo bene che i numeri sono molto più alti».
La maggior parte delle giovani crescono in Gran Bretagna e poi, quando stanno per finire gli studi superiori, vengono portate nel Paese d’origine a sposarsi, a volte con l’inganno, con la scusa di un viaggio di piacere oppure di un parente che sta male. Molte hanno tra gli undici e i sedici anni. Chi cerca di ribellarsi è perduta: se non rieÈ sce a chiedere aiuto ai servizi sociali, oppure a denunciare – tagliando così i ponti con la famiglia –, viene segregata in casa e punita con botte e violenze psicologiche. A volte la vittima non regge e si suicida. È capitato che venga uccisa, anche in Inghilterra.
«È vitale che le giovani che quest’estate vanno all’estero perché invitate a un matrimonio sappiano che quel matrimonio potrebbe essere il loro», spiega Aneeta Prem, fondatrice dell’organizzazione per la tutela dell’infanzia “Freedom Charity”. Ma per Sameen Ali, consigliere del Comune di Manchester, c’è ancora molta strada da fare per combattere la piaga. «Molto poco è cambiato da quando, trent’anni fa, fui costretta, tredicenne, a sposare un lontano parente, venticinque anni più vecchio di me, in Pakistan. Nonostante esista oggi una consapevolezza del problema, nessuno in realtà fa domande: è un vero tabù sociale. Bisogna cominciare dalle scuole. Gli insegnanti hanno il dovere di informare gli alunni di questo problema.
Per rispondere a questa emergenza, il primo ministro britannico David Cameron, che tempo fa aveva definito «l’orrore del forced marriage» come una delle conseguenze negative del multiculturalismo, ha promesso l’anno scorso di «mettere fuori legge la pratica» e renderla un reato punibile penalmente (dato che al momento la legislazione vigente in materia permette solo di eseguire procedimenti giudiziari civili).
Ma per Sameen Ali, la misura – già adottata in vari Paesi europei – non è sufficiente: «Purtroppo finirà solo per rendere il fenomeno ancora più clandestino – spiega –. Perché, in genere, un figlio non vuol vedere un genitore in prigione. Ci vuole anche una svolta culturale nell’opinione pubblica, frutto di educazione e informazione».