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 2013  agosto 09 Venerdì calendario

«Non è possibile violare diritti precostituiti e contrattualizzati a cui corrispondono contributi versati in un’intera vita lavorativa»

«Non è possibile violare diritti precostituiti e contrattualizzati a cui corrispondono contributi versati in un’intera vita lavorativa». Chi parla è uno dei dieci pensionati più pagati d’Italia, con un assegno vicino ai 45 mila euro lordi mensili. Un manager ancora in attività, in passato altissimo dirigente del gruppo Telecom. Riconoscerlo è tutt’altro che difficile, anche se ci tiene che il suo nome non compaia. Questa non è un’intervista, come chiarisce subito: «Non amo le personalizzazioni, anche perché mi sento di parlare nelle condizioni di qualsiasi persona nelle mie condizioni». Ma la sua posizione è netta. In primo luogo quella pensione che oggi gli spetta è stata regolarmente ottenuta versando non solo i contributi obbligatori, «ma anche contributi maggiori che datori di lavoro e lavoratori versavano al fondo dei lavoratori telefonici per ottenere un trattamento complementare, come negli anni passati avveniva per molte altre categorie». Poi «l’importante fondo, circa 150 miliardi di lire dell’epoca» dei telefonici, passò nelle casse dell’Inps che oggi gli paga sia la pensione Inps, sia quella del fondo. E ancora, ricorda , «nel solo ’99 versai 2,7 miliardi di lire per riscattare gli anni dell’Università. Se si attualizza quella cifra, con un tasso annuo di rivalutazione ragionevole e senza prendere nemmeno in considerazione gli altri contributi, si vede che probabilmente quello che ho preso in questi anni di pensione non basta nemmeno a ripagarla». Ma al di là delle questioni tecniche il manager trova che la polemica sulle superpensioni sia «demagogica» perché «è vero, oggi la società si trova in una situazione drammatica, in cui circa 10 milioni di famiglie italiane avrebbero bisogno di un reddito maggiore». Ma la soluzione non sta appunto, sostiene, nel taglio dei trattamenti come il suo: il governo ci ha già provato e la Corte Costituzionale ha detto no: «ha dovuto restituire, per un anno e mezzo di tagli circa 26 milioni di euro. Significa che aveva risparmiato un milione e mezzo di euro il mese, ossia nemmeno un euro il mese per i dieci milioni di famiglie bisognose. Insomma i problemi non si risolvono certo così». Diverso discorso, dice ancora, sarebbe quello di una manovra secca e potente sul debito pubblico: «Un taglio di 500 miliardi che abbatta la spesa per interessi di circa 25miliardi annui e consenta così di aiutare quei dieci milioni di famiglie con 200 o 300 euro mensili», Intende che servirebbe una patrimoniale? «Certamente, una tassazione straordinaria su immobili, liquidità e titoli alla quale dovrebbero contribuire anche i più abbienti come me, che sarei felicissimo di farlo. Ma questa sarebbe una manovra utile, non una mossa inutile e demagogica come quella già respinta dalla Corte Costituzionale».