Stefano Vergine, il Venerdì 9/8/2013, 9 agosto 2013
ASSANGE CANDIDATO. IL PADRE RACCONTA: «FAREMO CAMPAGNA IMITANDO GRILLO»
SIDNEY. Parla a bassa voce, si ferma spesso per trovare le parole giuste, registra la conversazione perché, dice, «non ci si può fidare dei giornalisti, decontestualizzano le dichiarazioni degli intervistati». Beppe Grillo? «Io non sono un multimilionario né un comico. Però ho osservato ciò che ha fatto in Italia: lui e Roberto (Gianroberto Casaleggio) hanno dimostrato che si può costruire una strategia mediatica efficace senza grandi capitali». John Shipton, 68 anni, architetto e organizzatore di mostre d’arte, i suoi capitali dice di averli investiti tutti nel WikiLeaks party. Questione di sangue.
A dispetto del cognome, Shipton è il padre di Julian Assange, responsabile della pubblicazione di migliaia di documenti ufficiali della diplomazia americana, da oltre un anno rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra per evitare l’arresto. «Ora i miei soldi sono finiti: ci basiamo sulle donazioni dei sostenitori» racconta Shipton nella sua casa di Newtown, uno dei quartieri più alternativi di Sidney. Le mura esterne sono decorate con motivi aborigeni. Il tetto è coperto da piante ed erbacce. Nel salotto c’è un tavolo, qualche sedia, una manciata di scatoloni pieni di adesivi, spille, maglie con impressa la scritta «il coraggio è contagioso». È uno degli slogan scelti per il partito di cui lui è stato nominato segretario. Il rapporto con Julian non è di quelli tipici tra padre e figlio. John incontrò la futura madre di Julian una quarantina d’anni fa a Sidney, in un negozio di antiquariato. Lui stava per andare a una manifestazione contro la guerra del Vietnam. Lei, Christine, decise di accompagnarlo. I due s’innamorarono. Quando il futuro fondatore di WikiLeaks aveva un anno, John e Christine si separarono. Lei si sposò con Brett Assange, produttore teatrale, e iniziò a viaggiare per il mondo. John e Julian si rincontrarono 24 anni dopo. In un’intervista rilasciata al quotidiano spagnolo El Pais, l’unica in cui ha parlato del loro passato, John ha raccontato che quando rivide Julian «fu come guardarsi in uno specchio. La stessa logica, la stessa curiosità intensa, lo stesso modo di costruire frasi che non finiscono mai». Cosa sia successo in quei 24 anni, John non lo vuole raccontare. «Sono cose troppo personali» taglia corto.
In compenso, questo signore dai modi eleganti parla con grande trasporto del WikiLeaks Party, partito che si appresta a partecipare alle sue prime elezioni, quelle australiane, in programma entro fine novembre (la data dev’essere ancora annunciata). Sette i candidati al Senato: giornalisti, attivisti per i diritti umani, docenti universitari e poi lui, Assange, in corsa per un posto nello Stato del Victoria. Per essere eletto, il leader di WikiLeaks dovrà ottenere il 14 per cento dei voti. Un obiettivo raggiungibile, stando a un sondaggio condotto ad aprile dalla Umr Research: il 26 per cento degli australiani potrebbe votare per il neonato partito. Alcuni insinuano che Assange stia facendo tutto questo per fini personali: farsi eleggere per evitare i problemi con la giustizia. Quella svedese lo vuole processare per molestie sessuali. Quella americana, sostiene Julian, ha aperto un’indagine segreta nei suoi confronti. «È assurdo pensare che lo stia facendo per fini personali» dice il padre. «Creare un partito è un lavoro duro, stressante e dispendioso. Avrebbe potuto presentarsi come candidato indipendente. E poi, anche nel caso in cui venisse eletto, non è detto che possa tornare liberamente in Australia. Di certo la gente ha qualche potere. Se gli australiani mostreranno di voler supportare Julian, il governo dovrà negoziare una soluzione diplomatica, sarà costretto ad agire nell’interesse degli australiani invece che degli Stati Uniti».
La parola d’ordine del partito è trasparenza. Trasparenza nelle decisioni politiche, negli accordi economici tra Stati, nei contratti tra nazioni e imprese private. Insomma, riassume Shipton, «l’operazione di trasparenza iniziata da Julian con WikiLeaks aveva bisogno di un mezzo, e questo mezzo è la politica». Perché non vi unite ai Verdi, anche loro impegnati contro il cambiamento climatico e la politica australiana nei confronti dei richiedenti asilo? «Perché loro rappresentano l’ambientalismo, noi la trasparenza» risponde il segretario. L’obiettivo non è quello di governare, ma controllare che chi è al governo faccia il proprio lavoro. Assange non ha escluso che il progetto possa diventare globale in futuro: «Abbiamo ricevuto tante richieste da Usa, India e Regno Unito» ha dichiarato recentemente il leader di WikiLeaks. Internet è il mezzo attraverso cui il partito comunica e si organizza. Spiega Shipton: «Abbiamo un consiglio nazionale che si riunisce una volta alla settimana in conference call. Poi ci sono i comitati, ognuno dei quali si occupa di temi specifici; io per esempio faccio parte di quello della raccolta fondi. Tutte le decisioni vengono pubblicate online. Come attiriamo voti? All’inizio abbiamo dato vita a una campagna per raccogliere 700 mila dollari. Pensavamo di usarli per farci pubblicità su giornali e tv. Poi abbiamo osservato l’esempio del Movimento 5 Stelle e abbiamo capito che si può fare diversamente. Certo, noi non abbiamo un comico come Grillo. E non possiamo dire vaffanculo: la società australiana non è aperta come quella italiana. Però abbiamo dei candidati che attireranno l’attenzione su di loro. E poi abbiamo Julian».