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 2013  agosto 09 Venerdì calendario

LA BATTAGLIA DI MADAME TAPIE


Quando Bernard Tapie a dicembre rilevò una parte del gruppo editoriale Hersant Média, diventò proprietario anche del quotidiano marsigliese "La Provence" e il dubbio che aspirasse alla poltrona di sindaco dell’amata Marsiglia si fece strada. Ma lui rispose perentorio e come sempre: «Non ci penso proprio a tornare in politica. L’ho promesso a mia moglie. Se lo faccio, chiede il divorzio».
L’altra faccia di un Tapie romantico? Lui, a cui la sfrontatezza non fa difetto, ha dichiarato sempre di essere innamoratissimo della sua seconda moglie: «Sono 42 anni che vivo con la stessa donna e non l’ho mai tradita. Anche se una ragione per tradire tua moglie la trovi sempre... Io ero stato sposato già una volta, ma non aveva funzionato, è durata tre o quattro anni, poi ho divorziato».
In questo caso divorziare per Tapie non sarebbe né facile né economico. Perché lei, Dominique Mialet-Damianos, 63 anni, origine greca ma nata a Parigi, compagna di avventure del vulcanico marito che si è via via inventato uomo d’affari, politico, showman, dirigente di calcio, attore, è anche il punto di riferimento di gran parte degli affari di lui.
L’affaire Adidas lo ha rimesso per l’ennesima volta sotto i riflettori: nel 2008, quando l’attuale numero uno del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde era ministro delle Finanze, grazie a un arbitrato dello Stato Tapie ricevette 403 milioni di euro lordi per la liquidazione dell’Adidas, la cui vendita nel 1993 era stata affidata al Crédit Lyonnais e che Tapie aveva accusato essere causa della propria bancarotta. A fine giugno lo Stato francese ha fatto ricorso contro l’arbitrato, e lui ora è indagato per "truffa con banda organizzata": la tesi, più o meno velata, è che Lagarde avrebbe favorito Tapie su direttiva di Nicolas Sarkozy.
Tapie contrattacca. Con Nanard, il suo nomignolo, nessuna via di mezzo: o lo si ama o lo si odia. Molti francesi ammirano il suo modo roboante di fare e di attaccare, di saper ricominciare da capo. Altri non sopportano la sua sicurezza arrogante e la sua aria malandrina. Questa volta il colpo di scena si chiama Dominique, sposa silenziosa ma influente e determinante nella vita, anche professionale, dell’impetuoso marito. È uscita allo scoperto a sostegno del coniuge, sul genere Anne Sinclair con Dominique Strauss-Kahn quando scoppiò lo scandalo del Sofitel di New York.
La giustizia, in via cautelare, ha deciso di bloccare i beni di Tapie per un totale di 280 milioni e questo procedimento ha messo in evidenza come molti siano intestati a entrambi. Tra questi, due assicurazioni-vita, sottoscritte dai coniugi Tapie nel 2008 (subito dopo la decisione dell’arbitrato) e stimate intorno ai 20,8 milioni di euro, e 15 conti bancari sparsi tra la Francia, Monaco e l’estero. L’elenco, stilato minuziosamente dalla finanza francese, ha messo in luce i beni acquistati dalla signora dopo l’arbitrato favorevole del 2008: al figliastro Stéphane una casa di 320 metri quadrati pagata 1,33 milioni, alla figlia Sophie un appartamento con sauna e giardino privato di 231 metri quadrati per 2,65 milioni. E ancora un appartamento a Marsiglia per 270 mila euro, un hotel particulier a Neuilly comprato nel 2012 per 15,2 milioni. Unico investimento immobiliare fatto prima del fatidico 2008: quello dell’hotel particulier di famiglia del sesto arrondissement di Parigi, stimato 69 milioni, bloccato anche questo. Tapie può continuare a viverci ma non può venderlo.
In questo tourbillon, Dominique proclama che crede in Bernard e che lo sosterrà sempre. Solo in un caso ha messo dei paletti ben precisi: «La vicenda Adidas ci avvelena la vita da 20 anni. E che cosa c’è dietro se non la politica? Non è proprio il caso che ricominci, né a Marsiglia né altrove. Quindi è no oppure... il divorzio». Credere nella minaccia, proprio lei che è stata sempre al suo fianco? C’era quando lui, nel 1990, comprò l’Adidas e tre anni dopo decise di vendere per concentrarsi sulla politica, diventando anche ministro; quando il Marsiglia vinse la Coppa dei Campioni nel 1993 e lui ne era il presidente; quando fu arrestato per corruzione nell’ambito di una partita truccata contro il Valenciennes e quando diventò attore di cinema, teatro e tv. E c’era quando l’arbitrato gli diede ragione rendendogli una fortuna che potrebbe essergli tolta.
Così Dominique Tapie ha rilasciato poco tempo fa un’intervista a "Paris Match" e a "Gala", dove appare orgogliosa e seria, e troneggia dietro a un bureau stile Impero in uno studio sontuoso della casa di famiglia di rue Saints-Pères. Afferma: «Come tutte le donne sono il fulcro della famiglia. Ho l’abitudine da quando ero piccola di nascondere le mie emozioni dietro una facciata di ferro. Da quarant’anni faccio danza classica due ore al giorno. È una scuola importante perché per sembrare leggeri in scena, è necessario essere di ferro all’interno». Di ferro lo è sempre stata, se ha resistito a tutte le intemperie della vita di Bernard da quando lo ha sposato il 23 maggio 1987 (anno importante nella vita di Tapie, perché conosce François Mitterrand), con una fastosa cerimonia celebrata da un prete greco ortodosso sulla barca di 72 metri Phocéa, che Tapie comprò nel 1982 e che fece restaurare con un costo di 40 milioni. Una meravigliosa crociera sul Mediterraneo fu il regalo di nozze a Dominique, che gli ha dato due figli, Laurent e Sophie. «Ogni volta che mio marito ha un dubbio, mi chiede cosa ne penso. Anche se non sembra, lui è molto più sensibile di ciò che appare. Tra noi non c’è il dominato e il dominante ma un reciproco rispetto», dice lei, come un libro stampato.
Il colpo di fulmine risale al 1971: lei era la giovane contabile di un’azienda di Bernard, lui aveva già due figli ed era sposato con Michèle. Il fascino di Dominique lo catturò e, per quanto sempre al centro dell’attenzione mediatica, sulla vita privata di Tapie non ci sono mai stati pettegolezzi di presunte infedeltà, anche se il suo fascino canagliesco piace alle donne. Recentemente suo figlio Laurent ha rivelato che una fan gli scriveva lettere d’amore e voleva farsi una vita con lui. Dominique non batte ciglio. «La mia forza è di restare sempre dietro», ha dichiarato, anche se stavolta invece ha deciso di passare all’attacco.«Sono obbligata a seguire questo caso. Assisto alle riunioni con gli avvocati, mi interesso, cerco di capire. Ci hanno trascinato nel fango, dato dei truffatori, quando il ladro invece è la banca».
Nell’attesa degli eventi, Tapie si è separato. Non da Dominique, ma dal gruppo Hersant, ed è diventato patron unico de "La Provence". Ha trovato anche il tempo di pubblicare un libro "Un scandale d’Etat, oui! Mais pas celui qu’ils vous racontent", che ha venduto 45 mila copie. Ma è soprattutto l’affaire Adidas che tiene banco. Tapie ha fatto il giro delle tv qualche settimana fa per dichiarare il suo punto di vista e sferrare l’attacco contro chi gli blocca i beni prima di sapere se è colpevole. Christine Lagarde è stata sentita in qualità di testimone ma potrebbe essere riascoltata. Pierre Estoup, uno dei tre giudici dell’arbitrato, è indagato. In settembre ci sarà l’attesa audizione di Claude Guéant, segretario generale dell’Eliseo all’epoca dei fatti. Intanto sono uscite fuori lettere scritte da Tapie e indirizzate a chi doveva decidere per l’arbitrato. Ma Dominique non demorde. «Bisogna che i francesi sappiano che i gangster sono quelli che abbiamo di fronte». Una frase che suona quasi come una minaccia.