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 2013  agosto 08 Giovedì calendario

ANCHE NEW YORK RISCHIA IL CRAC BLOOMBERG: È COLPA DEI SINDACATI

Detroit entra nelle urne di New York, che a inizio settembre terrà le primarie dei due partiti per designare i candidati alla sfida di novembre, da cui uscirà il successore del sindaco Michael Bloomberg. La città del Michigan che è finita in bancarotta qualche giorno fa è diventata un allarme vivente che Bloomberg ha lanciato in un discorso ieri l’altro, in piena campagna elettorale. Il sindaco, che nei suoi tre mandati ha continuato nell’opera di repressione della criminalità e di resurrezione economica e di bilancio dopo i disastri delle amministrazioni democratiche degli Anni 70 e 80, non ha usato mezze parole. «Sarebbe facile pensare che ciò che è successo a Detroit non potrebbe accadere a New York. Ma in realtà è ciò che quasi successe qui nel 1975. E se abbiano fatto un lungo viaggio da allora, saremmo folli ad ignorare i fattori che hanno portato Detroit al fallimento ». Le ragioni del degrado di una municipalità sono strettamente intrecciate tra di loro: la povertà dei suoi abitanti, le casse pubbliche che non possono pagare per i servizi vitali, la malvivenza che cresce e diventa endemica, i cittadini ligi alla legge che fuggono per altri lidi, le imprese e i turisti che si guardano bene dal mettervi piede.
Da dove comincia il circolo vizioso? «Una delle ragioni maggiori per cui Detroit non ha potuto arrestare la sua spirale verso il basso è stato il costo del lavoro dei suoi dipendenti pubblici, specialmente i pensionati, che si è mangiata la capacità di investire nelle cose che fanno una città attraente per viverci e farsi visitare», ha detto Bloomberg, che ha poi fornito il trend preoccupante di New York: nel 2002 i costi delle pensioni a carico della città erano pari a 1,4 miliardi, ed oggi sono cresciuti a 6,3 miliardi. «E questo è stato il risultato di una struttura di benefici che ha promesso ai lavoratori pubblici pensionandi troppo e troppo presto, e che richiede agli stessi di contribuire troppo poco per pagare questi benefici. La maggior parte dei dipendenti civici conferiscono solo il3%del salario nei primi 10 anni di lavoro per la propria pensione, e nulla dopo i 10 anni. Circa il 95% dei nostri dipendenti e pensionati non danno nulla, nemmeno un dollaro, per le loro coperture sanitarie di base».
Se questo è il nodo economico che ha strangolato Detroit, e sta facendolo stesso con Chicago che ha dovuto licenziare di recente 2100 tra maestri e staff scolastici essenzialmente per poter pagare i propri pensionati municipali, quello politico non è meno chiaro. A creare i contratti-capestro che offrono condizioni insostenibili sul lungo termine per ogni amministrazione è il patto perverso tra i politici eletti nei consigli comunali, e i sindacati dei lavoratori pubblici che sono i loro decisivi finanziatori e sostenitori. Per dare denaro e voti le union chiedono la luna, e per avere denaro e voti i candidati democratici al consiglio comunale e a sindaco la promettono in campagna elettorale, e poi mantengono l’impegno suicida per le casse pubbliche per essere confermati. Bloomberg, avendo potere di veto, ha frenato come ha potuto il trend pro union che già domina in municipio; così, ci sono ora contratti di dipendenti pubblici che sono scaduti anche da quattro anni. Ma che cosa riserberà il futuro? Tra i sette candidati democratici, a partire dalla favorita Christine Quinn, la Speaker del Consiglio, nessuno ha preso di petto il problema come Bloomberg. Anzi, con tonalità varie, si sono tutti dichiarati a favore di un pronto rinnovo dei contratti pubblici. Bill de Blasio si è rifiutato finora, con la Quinn e Bill Thompon, di esprimersi a chiare lettere sul reintegro retroattivo degli anni trascorsi senza un nuovo contratto. John Liu si è spinto ad attaccare il sindaco perché non ha dato ancora gli aumenti retroattivi a 300mila lavoratori pubblici. Da questa rincorsa demagogica a chi offre di più uscirà un candidato democratico con le mani legate. Ma i repubblicani in lizza, in una città dove gli iscritti al GOP sono un settimo dei registrati democratici, non hanno nome e personalità comparabili a Giuliani e Bloomberg. Joe Lhota, ex vice di Giuliani eJohn Castimatidis, magnate della catena di supermercati Gristede’s, sostengono nei fatti le ragioni del sindaco: il primo sostiene che i dipendenti pubblici devono pagare i loro contributi per pensioni e salute come tutti gli altri, e il secondo si è detto preoccupato che «politici di carriera svenderanno la casa per promettere ai sindacati ciò che chiedono pur di avere il loro appoggio». Ma se gli «altri cittadini», i non pubblici, non raccolgono l’appello al risanamento e lasciano la città alla mercé delle union, la Grande Mela marcirà come 40 anni fa.