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 2013  agosto 08 Giovedì calendario

Un guascone malinconico che ha ridicolizzato il maschio– Un guascone con l’animo melanconico, Lando Buzzanca è così, siciliano in ogni suo respiro, perciò nostalgico, allegro ma triste, fumantino, appassionato e meditativo, un caratterino che non gli ha spianato la strada in un mondo di «yes men»

Un guascone malinconico che ha ridicolizzato il maschio– Un guascone con l’animo melanconico, Lando Buzzanca è così, siciliano in ogni suo respiro, perciò nostalgico, allegro ma triste, fumantino, appassionato e meditativo, un caratterino che non gli ha spianato la strada in un mondo di «yes men». L’Alberto Sordi della Trinacria ha creato una maschera che non gli è stata riconosciuta, peggio, fraintesa. Era l’altra faccia dell’italiano fanfarone, sciupafemmine da bar, un poveraccio sbruffone più che latin lover. Un dispiacere per Buzzanca che negli Anni Settanta per le sue parodie del gallismo fu flagellato dalle femministe e relegato dalla critica colta come interprete di film di serie B. «Racconto tragedie facendole sembrare commedie» ma pochi glielo hanno riconosciuto. Oggi i suoi film sono un cult e ora che vive una seconda giovinezza professionale, vengono riscoperti e analizzati. Per carattere lui non ne è felice, avrebbe preferito allora, ne prende atto quasi con rammarico, forse perché la sua adorata moglie Lucia non c’è più e di questa miopia corretta in ritardo non ne possono più sorridere insieme. Pochi sorrisi e molta fatica gli inizi, da Palermo con furore lo ritroviamo in Ben Hur come comparsa ma è nel 1961 che arriva la grande occasione. È Pietro Germi che lo vuole in Divorzio all’italiana e poi per la figura grottesca di Antonio in Sedotta e abbandonata . Dunque i film di genere tra i quali però bisogna ricordare l’esilarante parodia di 007 che lui farà diventare James Tont, uno 007 e mezzo con la Cinquecento equipaggiata alla meglio. Saranno gli Anni Settanta quelli dei film a catena, aperti dalla commedia di Pasquale Festa Campanile che lo renderà un’icona: Il merlo maschio . Al suo fianco la splendida Laura Antonelli. Da lì si tratteggerà con sempre maggiore chiarezza la maschera dell’uomo femminaro ma senza grinta, pavido e sbruffone. Ma gli Anni Settanta sono soprattutto quelli della consacrazione televisiva che lo trascineranno al successo commerciale anche al cinema. A fianco di Delia Scala in Signore e signora , un successo senza precedenti che lui giudica tra le «cose più belle della sua vita». Così nacque il tormentone «Mi vien che ridere», ripetuto dal pubblico per anni. Arriva presto il periodo in cui la commedia sversa nel pecoreccio, nella volgarità, Buzzanca non si piega alla nuova deriva e sceglie di fare teatro, tornando un po’ alle origini che lo videro lavorare con Eduardo. Ma lui è scontento così, accusa di essere ghettizzato dalla sinistra, lui amico di Fini, una simpatia per la destra e un’ammirazione per Berlusconi, si guarda bene poi dall’approfittare del corso che verrà. Sarà riscoperto, se così si può dire e ora vive una ritrovata popolarità, grazie a film come I viceré di Faenza e alla serie tv dal grande successo, datata 2005, Mio figlio di Luciano Odorisio, progetto ideato e fortemente voluto dallo stesso Buzzanca, che racconta di un padre poliziotto e tutto d’un pezzo che fatica ad accettare un figlio gay. Un tema scottante trattato con delicatezza ma che gli ha procurato forti critiche proprio dal centro destra. E ancora Lo scandalo della banca romana e ora Il restauratore , di cui si sta girando la seconda serie per Raiuno, storia di un uomo al quale hanno ucciso la moglie e che si vendica ammazzando l’assassino. Un ruolo psicologicamente difficile, arrivato in un momento difficile, che lo ha riportato al dolore per la mancanza della moglie.