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 2013  agosto 08 Giovedì calendario

Come giudicare l’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos, il ricchissimo patron di Amazon: è un bene o un male per l’informazione, per la sua economia, per la sua libertà? Si tratta, certamente, di un evento-choc, che può segnare l’inizio di una nuova tendenza, l’assalto dei poteri forti della Rete (quelli veri) ai mass media tradizionali

Come giudicare l’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos, il ricchissimo patron di Amazon: è un bene o un male per l’informazione, per la sua economia, per la sua libertà? Si tratta, certamente, di un evento-choc, che può segnare l’inizio di una nuova tendenza, l’assalto dei poteri forti della Rete (quelli veri) ai mass media tradizionali. Qualche risposta può venire dall’osservazione di quanto è accaduto, negli ultimi dieci anni, nel mondo della musica. Dove il passaggio all’era digitale e alle nuove forme distributive non è stato dominato dall’industria discografica, proprietaria della creatività e dei contenuti, ma da Apple con l’iPod e da tutto ciò che ha creato la musica in Rete, cioè dai padroni di Internet. E anche nell’industria delle notizie la «soluzione» dei problemi economici potrebbe arrivare dalle società come Amazon e Google, dominatrici assolute della distribuzione online. C’è un che di paradossale e di beffardo in tutto questo, se i venditori e gli aggregatori di informazioni, dopo aver messo in crisi i suoi produttori, ora se li comprano. Ma così va il mondo e ancor più va il mondo web, dove comanda non chi produce i contenuti ma chi li distribuisce, forte di innovazioni geniali che hanno cambiato le regole del gioco. E oggi, grazie all’immensa liquidità accumulata, può permettersi il lusso di ergersi a paladino dell’informazione di qualità. Editori e giornalisti, d’altra parte, hanno sposato in fretta la causa di Internet ma regalando le notizie in Rete, e solo più tardi sviluppando l’offerta a pagamento, convinti che la pubblicità avrebbe fatto quadrare i conti. Non è accaduto. E, senza aspettare i posteri, già oggi i contemporanei possono giudicare quanto poco lungimirante e saggia sia stata questa nostra scelta. È un bene dunque, per l’informazione, l’«affare» Bezos-Washington Post? Può anche darsi: purché non sia l’inizio di una nuova stirpe di monopoli mediatico-digitali in confronto ai quali gli odierni tycoon sono teneri agnellini. Edoardo Segantini