Mara Gergolet, Corriere della Sera 8/8/2013, 8 agosto 2013
CAR SHARING
È il secondo viaggio per Christina. «Ma come, così lontano?». Lavora in quel quadrato di uffici, media e ministeri, dietro il Reichstag, che è il cuore del potere della nuova Berlino. E non riesce a capacitarsi, dopo aver visto l’icona di una Smart parcheggiata a poche decine di metri svanire dallo schermo del computer, di dover percorrere 600 metri per prendere la prossima auto, a noleggio. Per l’esattezza, 626 m, 7 minuti a piedi. Vive a Neukoelln, semiperiferia multietnica e a tratti problematica, e la sua prima auto a noleggio (car sharing, a Berlino si usa l’inglese) l’ha presa al mattino, quasi vedendola dalla finestra di casa.
Il resto è molto facile: si raggiunge la Smart a Dorotheenstrase, si avvicina la card al lettore sul parabrezza, si entra e si compone il pin personale, si gira la chiave nel cruscotto. Due domande sul computer di bordo: com’è la pulizia interna ed esterna? (le risposte vanno in rete ad uso del prossimo utente; qui ci sono delle foglie sui tappetini, ma si merita un «ok» lo stesso); e ci sono nuovi danni? E si parte, destinazione Charlottenburg, parcheggiando la macchina in strada all’arrivo. Come fosse una normalissima auto privata (costo del viaggio di Christina: 15,5 euro, per un’ora e 6 minuti di utilizzo).
È la rivoluzione del car sharing a Berlino. E certamente non è un caso se questa metropoli sperimentatrice, piena di giovani non tutti occupati, che spesso l’auto non ce l’hanno (o ci rinunciano), si è ritrovata sulla punta di uno dei nuovi fenomeni della mobilità globale: è la città con più utenti di questo car sharing libero, o a sola andata, al mondo.
Chi la prova — utente tipo: maschio, 32 anni, tecnofilo — ne parla spesso entusiasta, chi ne scopre l’esistenza vede all’improvviso sfrecciare le macchinette agli incroci, quando prima non si accorgeva di nulla. Effetto tam tam. Si fa un abbonamento annuale (tra 19 e 29 euro), e si paga a consumo: dai 29 ai 31 centesimi al minuto. Niente costi di manutenzione, parcheggio, benzina. Il conto scalato dalla carta di credito, come una semplice app o il credito del telefonino.
«Il car sharing esiste da vent’anni. L’innovazione è la tecnologia degli smartphone che nei prossimi 3-5 anni trasformerà i trasporti urbani, integrando l’uso di auto, bici, mezzi pubblici», dice al Corriere Christoph Menzel, studioso di mobilità. Prima, appunto, la macchina a noleggio si prendeva e si riportava in appositi parcheggi, ora si cerca e trova in strada. Non a caso, dietro al nuovo fenomeno, gli investimenti di colossi dell’auto. A Berlino, si sono mosse Mercedes con il servizio Car2Go (1200 Smart), la Bmw con Drive Now (800 auto, soprattutto Mini), la Citroen con le elettriche Multicity (300), le ferrovie tedesche (flotta mista). E proprio Car2Go ha intenzione di sbarcare al più presto anche a Milano, la prima città italiana.
«Siamo cresciuti avendo tutto, due macchine a famiglia — dice Michael Fischer di DriveNow —. Però per questa nuova generazione non è più così, è difficile vendergli qualcosa». Il mito dell’auto come affermazione della maturità, si sa, non seduce i ventenni, Detroit è fallita, occorre sperimentare. «Non siamo un’organizzazione caritatevole — dice Andreas Leo di Car2go — certo che siamo qui per il business!».
A Berlino e anche altrove — il car sharing si è diffuso in diverse grandi città tedesche, è sbarcato a Londra, ha forme diverse in Francia e negli Stati Uniti — le «auto a prestito» dai trentenni e amate dalle mamme con figli piccoli fanno quasi parte di una nuova filosofia. Che sostituisce anche per necessità l’uso al possesso, la condivisione alla proprietà. Lo chiamano anche «consumo collaborativo», teorizzato per esempio dalla newyorkese Rachel Botsman. Ma attenzione, non è una moda da hippy o perdigiorno. Piuttosto parte di quella «economia condivisa» (sharing economy, ossia come rendere un bene costoso accessibile a basso prezzo a molti) che ormai viene analizzata sull’Economist o sulla Harvard Business Review. E le auto e la mobilità ne fanno parte a pieno titolo.
Dice Christina: «Come mi sento con la Smart? Dopo quattro viaggi, mi sembra quasi di trovarmi su un’auto mia».
Mara Gergolet