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 2013  agosto 08 Giovedì calendario

La crisi tocca tutto, ma non la paghetta– [2 articoli il primo di Spini, il secondo di Maggi] A sei anni un bambino su quattro può già dichiarare un «reddito» di 8 euro la settimana

La crisi tocca tutto, ma non la paghetta– [2 articoli il primo di Spini, il secondo di Maggi] A sei anni un bambino su quattro può già dichiarare un «reddito» di 8 euro la settimana. A undici il primo «scatto di anzianità» a 11 euro, a quattordici ne incasserà 20 e così sarà finché a diciotto potrà cercarsi se non lo ha già fatto prima nonostante le difficoltà dei tempi - un lavoro vero e proprio. Insomma il 25% che incassa la paghetta si porta a casa mediamente 16 euro, secondo l’ultima rilevazione dell’Istat e che risale al 2011. Rispetto ai «colleghi» tedeschi, nel club dei bambini italiani che lo stipendio lo trovano in famiglia, non ci si può lamentare. Dalle parti di Berlino (dove il Pil l’anno scorso è cresciuto dello 0,7% contro il nostro -2,4%) uno studio commissionato dalla Egmont-Ehapa Verlag, casa editrice per ragazzi, mostra come i bambini tra i 6 e i 13 anni ottengano dai genitori mediamente 27,56 euro al mese, il valore più alto mai toccato. Equivalgono a circa 6,89 euro alla settimana, quasi il 40% in meno degli italiani della stessa fascia d’età. In particolare i bambini tedeschi tra i 6 e 9 anni ricevono in media 19,47 euro al mese (4,86 euro a settimana, quasi la metà di un italiano), quelli tra i 10 e i 13 anni pigliano 34,47 euro: 8,62 euro ogni sette giorni contro gli 11 euro degli italiani. Eppure per l’Ufficio di assistenza ai minorenni di Monaco anche i bambini tedeschi «guadagnano troppo»: basterebbero 1,50 euro la settimana tra i sei e i sette anni, 2,50 tra gli otto e i nove anni. Per i tredicenni? 20 euro al mese possono bastare. E invece non solo in Germania, anche in Italia la paghetta è aumentata: un euro in più rispetto al ’98. La crisi invece ha ristretto la fetta di quelli che ricevono la mancia. Nel ’98 la prendeva il 35,1% dei minori, nel 2011 il 25,6%. Cresce chi prende solo sporadici regalini: il 34,7% dei ragazzi nel ’98, cinque anni dopo rappresentano il 36,9% del totale. Un rapporto di Gfk-Eurisco stilato per il Salone del Risparmio di quest’anno stimava ulteriormente in calo la diffusione della paghetta, riportando che meno di un quinto dei giovani la riceve ancora. Di certo il 37,4% (contro il 30,2% del ’98) non riceve mai nulla. La spia che soldi tra i ragazzi ne continuano a circolare è che - in tempi agri come questi - i consumi dei ragazzi sono quelli che hanno sofferto di meno. Negli anni il piccolo di casa si è trasformato nell’ultimo baluardo del consumismo in ritirata. «Le statistiche ufficiali - fa notare Enrico Finzi, sociologo e presidente di AstraRicerche - dimenticano che, oltre che dai genitori, oggi i ragazzini ricevono soldi da zii e nonni, al Sud anche da madrine e padrini. Sono diventati formidabili collettori di denaro e non dipendono più solo dalla paghetta». Parlare solo di quella, quindi, è quantomeno riduttivo. È che le fonti di finanziamento si sono moltiplicate. E anche in mezzo alla crisi «le famiglie, in un atteggiamento tipicamente mediterraneo, iperprotettivo, non vogliono far mancare nulla ai piccoli di casa». Che non solo si sono trasformati nel tempo da oggetti a «soggetti autonomi» in fatto di consumi - e per questo coccolati dagli uomini del marketing - ma «hanno anche guadagnato un notevole potere di influenza sugli acquisti dei genitori», segnala Finzi. Un esempio? «Il numero di bambine che determina le scelte della mamma in tema di make-up è impressionante, come ho constatato in una ricerca». E poi le loro scelte pesano nella tecnologia, nell’intrattenimento, nei consumi alimentari. I bambini hanno le chiavi della cassa. «Sono soggetti dotati di reddito che non producono, ma che è spendibile e utilizzato per diverse categorie di prodotto». Così, nella generale débâcle dei consumi, quelli legati ai bambini e ai teenager per lo meno limitano i danni. «Nel biennio la reale contrazione degli acquisti per gli adulti è stata, al netto dell’inflazione, di circa il 10%. Il calo complessivo del mercato rivolto dai bimbi ai teenagers invece ha registrato un calo intorno al 3%». Molto di meno. Sarà che spesso i giovani hanno la tentazione di spendere tutto quello che si ritrovano per le mani. Una ricerca dell’Università Cattolica condotta con il Consorzio Pattichiari dell’Abi evidenziava la differenza di rapporto col denaro tra genitori e studenti tra 13 e 22 anni. I primi nel 51,2% dei casi mostrano attenzione al risparmio, il 41,5% dei ragazzi si definisce «il classico tipo dalle mani bucate». Musica per le orecchie dei pubblicitari. Dopotutto anche in Germania, dove - ha calcolato la ricerca tedesca - i ragazzi, tra mance, regali e libretti di risparmio, hanno in mano un tesoretto da 5 miliardi, il 62% dei ragazzi tra 6 e 13 anni considera importante avere scarpe da ginnastica di una specifica marca, lo stesso dicasi per vestiti, giocattoli, zaini e cellulari. *** La discussione se sia giusto dare la paghetta in cambio di lavoretti domestici o di buoni voti a scuola, oppure se sia da considerare una forma di insegnamento concreto all’uso e alla responsabilità del denaro, divide genitori, psicologi e pedagoghi. Ma sul fatto che sia una pratica utile tutti dovrebbero essere d’accordo. I benefici della paghetta sono innegabili, e non solo per i bambini d’età scolare, finanziariamente acerbi ma con la mente che è una tabula rasa predisposta ad assorbire. Anche mamma e papà, nell’atto di allungare con regolarità qualche euro ai figli ogni sabato (tanti quanti sono gli anni di età può essere un buon metro, cominciando sui 7 o 8 anni) sono costretti a pensare a ciò che fanno, e si sentono a loro volta responsabilizzati nel trasmettere i giusti messaggi formativi e finanziari: è un’occasione per migliorare il proprio approccio ai soldi. Ecco un elenco delle virtù della paghetta che potrebbe aiutare a convincere i contrari. 1) Concessa e spiegata al momento e nella misura giusta aiuta a formare la personalità e far crescere i figli, investendoli della responsabilità della gestione. 2) Fa capire in concreto quanto costano gli «oggetti del desiderio», dalle figurine ai gelati al telefonino. Pagati di tasca propria diventano istantaneamente più cari e meritevoli di un esame approfondito prima dell’acquisto. La lezione si può allargare, con l’aiuto dei genitori, alla demistificazione della pubblicità, cioè all’esercizio critico sulla reale qualità delle tante «tentazioni». 3) Insegna le basi della pianificazione finanziaria, cioè a non spendere più di quanto si possiede; a selezionare gli acquisti in base a una scala di priorità; a risparmiare per spese future e, se necessario, a rinunciare. 4) È un mezzo ovvio per illustrare la relazione tra lavoro e guadagno. Anche se il dibattito sul vincolare la paghetta ai letti da rifare o alla spazzatura da portare nei bidoni resta aperto, la sfera del guadagnare attraverso impegni compatibili con l’età è un capitolo da inserire assolutamente nel libro dell’educazione finanziaria. Così si insegna che il lavoro è il mezzo per ottenere quel di più che i genitori non possono o non vogliono concedere. La mia personale opinione è che la paghetta sia da dare a prescindere, perchè la partecipazione dei bambini alla vita della famiglia, quindi anche il loro ruolo di aiutanti nelle faccende domestiche, non è materia «contrattuale» ma della giusta condivisione dei compiti. 5) Stimola curiosità di conoscenze che rimarrebbero altrimenti astratte, come il funzionamento della banca e della Borsa. Può essere il primo passo per avere e per gestire un proprio conto intestato, per esempio. 6) Da un punto di vista etico, avere un rapporto costante con il denaro e il suo valore permette di rafforzare i principi corretti di comportamento: se il negoziante ci dà un resto sbagliato, il «di meno» va rivendicato come rispetto del contratto, il «di più» va restituito secondo giustizia. 7) Insegnare l’ABC della finanza ha uno scopo di protezione. È prudente avvertire i giovanissimi delle insidie che incontrano navigando sul web. Per i più grandicelli, la tentazione di cedere alle lusinghe dei siti che promettono occasioni di guadagno irresistibili va contrastata con i giusti avvisi. E che «i soldi non crescono sugli alberi» è il primo insegnamento che si trasmette con la paghetta. 8) Infine, solo chi ha la disponibilità in proprio di spendere può imparare a dare in beneficenza qualche soldo. Sottrarre un euro dai 10 della paghetta, e destinarlo a chi ne ha bisogno, allena alla generosità più di tanti sermoni. Glauco Maggi