Corrado Zunino, la Repubblica /8/2013, 8 agosto 2013
ECCO LE NUOVE REGIONI
[in allegato cartine]
Nel dibattito (in stato avanzato) sull’abolizione delle province italiane si inserisce la Società geografica italiana e raddoppia: via le 110 province, ma via anche le venti regioni e si riorganizzino — già che ci siamo — comunità montane e collinari,
comuni uniti, aree di sviluppo industriali. Per togliere spesa pubblica malvagia e ridare coerenza storica e paesaggistica i geografi propongono al governo, che sembra recepire con attenzione,
36 “nuove regioni” (o “dipartimenti” alla francese o “distretti federali”) ottenute riaccorpando i comuni e cambiando linee di confine entrate nel sangue degli italiani.
“Il riordino territoriale dell’Italia” è un lavoro trentennale che si inserisce sul “Progetto 80” del ministro Ruffolo e trova nel dibattito paost- leghista e pre-grillino nuova linfa. Dopo alcune anticipazioni regalate a marzo, ieri è stato presentato. E racconta che nelle intenzioni l’attuale Piemonte dovrebbe essere suddiviso in tre regioni più piccole: una comprendente i territori di Asti, Cuneo e Alessandria (ribattezzata in maniera provvisoria Le Langhe), la seconda coincidente con la Provincia di Torino e la terza ottenuta dall’unione di Novara, Vercelli e la Valle D’Aosta (oggi unità amministrativa a sé stante). Ancora. Le Province di
Brescia, Verona e Mantova dovrebbero dare luogo a una piccola regione a cavallo fra l’attuale Lombardia e il Veneto. La Spezia uscirebbe dalla Liguria e confluirebbe nella piccola regione tirrenica (detta Alto Tirreno) composta da Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara. Al Sud si unirebbero Campobasso e Foggia, la nuova Capitanata. Bari, da sola, diventerebbe le Terre di Bari, con un sapore da piccola patria. Taranto, Lecce e Brindisi sarebbero semplicemente il Salento. Gli unici dipartimenti a coincidere con gli attuali confini regionali sarebbero Marche, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (sorprendentemente non diviso).
Questa ennesima rivoluzione amministrativa annunciata è ora nelle mani degli uomini del ministro per gli Affari regionali (e le autonomie locali) Graziano Delrio, in queste ore impegnato con l’associazione dei comuni italiani e sul breve periodo in un difficile tentativo di svuotare di poteri le province ancora esistenti. L’ambizioso
progetto di nuova geografia, come accadde per la prima sforbiciata di province tentata da parte del governo Monti, incontrerà critiche note: come potranno stare insieme nell’Italia
dai profili turriti Pisa e Livorno,
poi Firenze (che prima dovrà integrare Prato) con Siena, la lombarda Cremona con le emiliane Parma e Piacenza addirittura Campobasso con Foggia?
La proposta di neoregionalismo fatta dalla Società geografica «sarebbe il risultato di un’aggregazione
intercomunale e non di un accorpamento delle province », dice il presidente Sergio Conti ». La nuova Italia, secondo i geografi, è un disegno che si inserisce sui sistemi metropolitani e premia
«competitività, sostenibilità ambientale e innovazione
socio-culturale». Le nuove unità amministrative saranno «il più possibile autosufficienti », ne deriverebbe dunque «un risparmio di gestione e una semplificazione del quadro dell’erogazione di servizi». Da Venezia si sono già fatti vivi. Così:
«Il Veneto non è una conchiglia vuota sul piano identitario, ma una terra con un’identità, una storia, una cultura, una lingua, un modello economico e un territorio delimitato da confini naturali ».