Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 06 Martedì calendario

SESSO, ROCK E TROPPI RIMORSI LE RAGAZZE PERDUTE ANNI ’60

Giravano sole. Si nutri­vano di surrealtà psi­chedelica e lettera­tura d’avanguardia. Non c’erano bodyguard né pass speciali. Il backstage era una zona franca: divani, spinel­li e visioni. Le notti erano fatte per infilarsi nei motel di soppiat­to, le mattine per evitare gli sguardi, fiondarsi alla fermata d’autobus più vicina e sparire. Erano le groupie, ragazzine bel­lissime, sfrontate e pronte al ses­so ovunque e comunque purché legato a un cameri­no vip. Si chia­mavano Pa­mela Des Bar­res, la pionie­ra, autrice di I’m with the Band. Confes­sions of a Grou­pie (Castelvec­chi), Linda Keith (quella di Ruby Tue­sday), Bebe Buell, mam­ma di Liv Ty­ler, che a quat­to­rdici anni ri­fiutò l’invito di Jimi Hen­drix, ma poi accettò quelli di Mick Jag­ger, Iggy Pop, David Bowie fino a Steven Tyler. Savannah, a sedi­ci anni nel letto di Billy Idol e poi di Axl Rose. Cynthia Plaster Ca­ster, famosa per la sua collezio­ne di calchi di falli delle rockstar ed Edie Sedgwick, la musa di An­dy Warhol e Bob Dylan. Angela Bowie, groupie e moglie di Da­vid, e, prima di diventare solista, Marianne Faithfull. Fino al­l’ultima groupie da copertina, Courtney Love.
Ma un altro giorno è passato, One too many mornings. E sono cambiate le rockstar, che oggi gi­rano scortate anche se nessuno le riconoscerebbe. E sono cam­biate le ragazze, che somiglia­no alle ricche teenagers annoia­te del film Bling Ring di Sofia Coppola e nelle sacre case delle star planetarie ci fanno furti e non sesso. Un altro giorno è passato e oggi le pagine del nuovo romanzo della regina delle groupie del Regno Unito, Jenny Fabian, sono venate di malinco­nia.
One too many mornings (che è anche il titolo di una canzone di Bob Dylan, appunto), appena arrivato in libreria per Arcana (pagg. 325, euro 18,50) esce a oltre 40 anni da Groupie, il bestseller in cui la starfucker narrava come entrò nel ma­elstrom sessuale delle rockstar anni Sessanta, per diventare, a 19 anni, la favola degli exploit sexy nella comunità rock britan­nica, da Syd Barrett all’ex Police Andy Summers, da Jimi Hen­drix («Non ci sono mai andata a letto, lo ricordo gentile ma stra­fatto ») ai Soft Machine.
Groupie­ è oggi uno dei 50 libri irrinunciabili della storia della musica - fu il romanzo che se­gnava la sconfitta della libera­zione sessuale femminista: la protagonista Katie era passiva, in balia delle voglie dei suoi ido­li, che in realtà si rivelavano ego­maniaci superficiali ben lonta­ni dalla «armoniosa fratellanza dell’orgasmo cosmico». Oggi però che sessant’anni li ha lei, Chemical Jenny-Katie (e ascol­ta solo Eminem e Bob Dylan), e che quel turbolento passato è stato sottoposto a decantazio­ne, il suo nuovo libro a chiave so­miglia di più a un romanzo, ve­nato dalle ombre cupe della fi­ne di ogni trip, e meno a un me­moir. Ben-Syd Barrett si trasfor­ma in un vero eroe letterario: «Mi ritrovai in prima fila, vicino a uno degli enormi altoparlan­ti, e di colpo mi resi conto che lì accanto a me c’era Ben, uno dei Satin Odyssey, il gruppo che con la sua musica aveva provo­cato delle reazioni straordina­rie nei nostri cervelli durante i primi giorni di vita dell’Ufo Club. Per me Ben aveva rappre­sentato l’inizio di tutto e anche se non era morto si era comun­que perso, aveva sbroccato e si era ritirato dalle luci della ribal­ta». Ma un altro giorno è passato, la swinging London è affoga­ta nella nebbia e nei primi anni Settanta Ben-Syd è già il fanta­sma di se stesso: «Era uscito di testa, continuava ad aggirarsi per i locali di un tempo, con va­rie etichette discografiche che lo perseguitavano affinché rea­lizzasse un disco da solista, ma alla fine non si presentava mai agli studi dove era atteso. Dice­vano che ormai era irrecupera­bile, aveva perso la testa, e sape­vo che avevano ragione perché io ero là quando era successo».
La chiave è la stessa di un tem­po: riuscire ad avere un tavolo al ristorante italiano di Howie e infilarsi al Joint non è diverso che gestire le pubbliche relazio­ni al Middle Earth o passare i giorni all’UFO Club e il libro è af­follato di spacciatori di acido e teste pesanti come in Groupie. Ma la trasgressività vitale è sbia­dita e l’amarezza con cui Jenny racconta dell’aborto cui fu co­stretta perché l’uomo che ama, Billy Weston, si rivela un’illusio­ne, è inedita rispetto alle follie senza colpe e senza scrupoli narrate alla maniera del 1969: «Fu completamente indolore, e una volta che mi infilarono l’ago sul dorso della mano pro­vai un non so che di seducente all’abbandonarmi al nulla. Un viaggio di andata e ritorno nel­l’oblio, un imprevisto nella mia vita, un’anima non ancora nata e abbandonata. Non ne seppi mai altro, tranne che se n’era an­data».