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 2013  agosto 07 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - L’ACQUA COSTA CARA E SI SPRECA


L’acqua che sgorga dai rubinetti italiani è sempre più cara. Negli ultimi sei anni le tariffe sono aumentate del 33%. Lo certifica l’indagine annuale realizzata dall’osservatorio prezzi e tariffe di «Cittadinanzattiva», che ha raccolto e messo assieme i dati (relativi al 2012) di tutti i capoluoghi di provincia. Viene fuori che le spese (rispetto alle cifre del 2007) sono raddoppiate o quasi a Benevento (+100%), Viterbo (+92,7%), Carrara (+93,4%) e più che raddoppiate a Reggio Calabria (+164,5%) e Lecco (+126%). In altre 35 città gli incrementi hanno superato il 40%. Aumenti consistenti si sono registrati anche nel raffronto tra il 2012 e l’anno precedente: i costi sono cresciuti, in media, su base nazionale, del 6,9%, con oltre 80 città che hanno visto le tariffe ritoccate all’insù. I numeri si riferiscono al servizio idrico integrato per uso domestico: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione e quota fissa (o ex nolo contatori).

Acqua: spese a confrontoAcqua: spese a confronto

Il caro bollette viaggia più spedito al Centro (+47,1% rispetto al 2007, +9% sul dato del 2011). Seguono le regioni del Nord (+32,1% rispetto al 2007, +5,2% di rincaro sul 2011) e quelle del Sud (+23,8% sul 2007, +8,5% rispetto al 2011).

«CARENTI NEL SISTEMA DEPURAZIONE» - «In realtà - commenta Giorgio Pineschi, tecnico del ministero dell’Ambiente - l’Italia è tra i Paesi dell’area Ocse con le tariffe più basse. Gli aumenti di cui si parla spesso sono più che altro legati alla programmazione degli interventi sul territorio. Noi siamo ancora indietro nel settore della depurazione, mentre siamo a buon punto per approvvigionamento e potabilità dell’acqua».

SPESA MEDIA - La spesa media di una famiglia-tipo di tre persone, con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua, ammonta a 310 euro all’anno. La Toscana, con ben 8 città tra le prime 10 più care del Paese, si conferma la regione con le tariffe mediamente più alte (470 euro). Costi più elevati della media nazionale anche nelle Marche (403), in Umbria (392), in Emilia Romagna (388) e in Puglia (366). Ma capita di trovare grandi differenze tra le tariffe anche all’interno della stessa regione. L’esempio più evidente è la Calabria dove tra il canone pagato dagli abitanti di Reggio Calabria e quello versato dai residenti a Cosenza si registra un gap di ben 286 euro.

L’ACQUA PERSA - Capitolo a parte quello relativo alla dispersione idrica. Nel nostro Paese, secondo il rapporto «Legambiente-Ecosistema Urbano 2012», in media il 33% dell’acqua introdotta nelle tubature va persa. Il problema è particolarmente accentuato al Sud (43% di acqua che si «perde» lungo il tragitto) e al Centro (33%). Va un po’ meglio al Nord, dove le percentuali di acqua perduta sono inferiori alla media nazionale (26%). «La soluzione a questo problema - spiega Marco Mancini, docente di Costruzioni idrauliche del Politecnico di Milano - può essere rappresentata da una ricerca delle perdite d’acqua, non solo quelle fisiche ma anche quelle dovute agli allacci abusivi, e da lavori di ammodernamento degli impianti».
Nella poco invidiabile classifica delle città colabrodo spiccano L’Aquila (69% di dispersione idrica), Cosenza (68), Campobasso (65), Cagliari (63) e Latina (62). Seguono altre 9 città nelle quali almeno metà del liquido immesso nelle tubature - anche a causa di una manutenzione insufficiente delle condotte - va a finire non si sa dove: Gorizia, Trieste, Avellino, Pescara, Potenza, Grosseto, Matera, Palermo e Siracusa.

ARTICOLO USCITO SU REPUBBLICA AL TEMPO DEL REFERENDUM (3 GIUGNO 2011)
GIULIA CERINO
MITO numero uno: gli acquedotti "pubblici" sono dei colabrodo. "Falso: secondo i dati di Mediobanca, il peggiore, se consideriamo la dispersione idrica (litri immessi in rete e non fatturati/abitanti/lunghezza della rete gestita), è quello di Roma, dove l’acquedotto è affidato ad Acea, una spa quotata in borsa i cui principali azionisti sono il Comune di Roma, Francesco Gaetano Caltagirone e Suez". In vista del referendum del 12 e 13 giugno, Altraeconomia ha pubblicato un dossier "speciale". Lo scopo? Sfatare punto per punto tutte le false credenze nate intorno alla privatizzazione del servizio idrico italiano. A partire dai costi. Secondo il Conviri (Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche), per i prossimi 30 anni servono circa 64 miliardi di euro per la manutenzione e l’ammodernamento delle reti idriche di casa nostra. Due miliardi l’anno, una cifra standard necessaria in ogni caso, a prescindere dall’esito del referendum. Di questi, il 49,7% è diretto al comparto acquedottistico (per nuove reti, impianti e per manutenzione) mentre il 48,3% alle fognature e alla depurazione. A metterci i quattrini dovrebbero essere lo Stato, le Regioni e i Comuni d’Italia dato che quelli - spiega Pietro Raitano, direttore del mensile Altreconomia e curatore del dossier Speciale Referendum - sono "soldi delle nostre tasse, gli stessi che vengono usati anche per riparare le strade, per costruire il ponte sullo Stretto o per la Difesa".
Ed ecco sfatato il secondo mito. Con l’ingresso dei privati, la bolletta non si ridimensionerà. Al contrario, ai costi standard appena elencati se ne aggiungono altri. Per fare i lavori infatti (gli stessi che dovrebbero fare gli enti pubblici) le aziende punteranno al risparmio tentando di "scaricare l’investimento sulle bollette, come previsto dalla legge". Dunque, nel conto di ogni italiano saranno inclusi, oltre ai lavori ordinari, "anche gli utili delle aziende", spiega Raitano. La concorrenza tra privati non basterà a contenere i costi. Anzi. In assenza di ulteriori interventi normativi e in virtù della legge Galli del 1994, come modificata dal dl 152/2006, i costi di tutti gli investimenti sulla rete acquedottistica finiranno in bolletta. Il business ringrazia. I consumatori non proprio perché - conclude Raitano - pretendere tariffe più basse significherebbe - trattando con dei privati - "necessariamente un blocco degli investimenti".
La privatizzazione della gestione dell’acqua prevista dal decreto Ronchi (numero 135 del 2009) ha dunque di fatto provocato un aumento dei costi. A dimostrarlo sono anche le cifre del rapporto Blue Book che ha pensato di confrontare le tariffe della gestione privata con quelle in house. Risultato? Nel primo caso sono aumentate del 12% rispetto alle previsioni, nel secondo il dato è rimasto quasi costante (solo l’1% in più). Conferma la tendenza anche l’annuale dossier, realizzato dall’Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva, dal quale si scopre che dal 2008 il costo dell’acqua non ha fatto che aumentare: la media è del più 6,7%, con aumenti del 53,4% a Viterbo (record nazionale), Treviso (+44,7%) Palermo (+34%) e in altre sette città, dove gli incrementi hanno superato il 20%: Venezia (+25,8%), Udine (+25,8%), Asti (+25,3%), Ragusa (+20,9%), Carrara (+20,7%), Massa (+20,7%) e Parma (+20,2%).
In generale, gli incrementi si sono registrati in 80 capoluoghi di provincia ma è la Toscana che si conferma la regione con le tariffe mediamente più alte (369 euro). Costi più elevati della media nazionale anche in Umbria (339 euro), Emilia Romagna (319 euro), Marche, Puglia (312 euro) e Sicilia (279 euro) mentre capita spesso di trovarsi di fronte a differenze all’interno di una stessa regione: l’acqua di Lucca costa 185 euro in meno di quella di Firenze, Pistoia e Prato. Stessa cosa in Sicilia: tra Agrigento e Catania lo scarto è di 232 euro. D’altra parte, la logica che muove ogni business degno di tale nome - scrive Luigino Bruni, docente di economia politica all’università Milano-Bicocca - è quella di fare utili, possibilmente a breve termine. Il ragionamento fila: "Le imprese private hanno per scopo il profitto. Chi massimizza il profitto non tiene conto dell’ottimo sociale e difficilmente può essere controllato, nemmeno con un meccanismo di sanzioni".
Sul tema dell’acqua poi sembra circolino tanti altri falsi miti. Si dice, ad esempio, che la gestione privata della rete idrica sia molto efficiente. Sbagliato. "Uno dei migliori acquedotti del nostro Paese - spiega Raitano - è quello di Milano, al cento per cento di gestione pubblica, dove l’acqua viene controllata più volte al giorno e le dispersioni sono minime". E’ quindi "dogmatico dire che la gestione privata garantisce una migliore gestione della rete. Le esperienze che si sono fatte in questi anni in Calabria, ad Agrigento, a Latina dimostrano che dove gli acquedotti sono passati in mano ai privati c’è stato solo un aumento delle tariffe". E’ successo in Calabria, dove alcuni sindaci della Piana di Gioia Tauro si sono visti raddoppiare la bolletta. A San Lorenzo del Vallo, comune di 3.521 abitanti della provincia di Cosenza, il conto è salito da 100 a 190 mila euro l’anno perché - spiega il sindaco - l’azienda che gestisce l’acqua in tutta la Calabria (la So.Ri.Cal) con concessione trentennale ha arbitrariamente aumentato la tariffa del 5%. Una cifra, questa, pari all’intero bilancio del piccolo comune che, non avendo saldato il debito, e stato dichiarato moroso.
Privati o no, la gestione idrica pubblica in Italia sembra aver fallito. Il Belpaese spreca acqua continuamente. Ogni giorno si perdono circa 104 litri di sangue blu per abitante, il 27% di quella prelevata. Considerando ogni singolo italiano si scopre che consumiamo a testa in media 237 litri di liquido al giorno: 39% per bagno e doccia, 20% per sanitari, 12% per bucato, 10% per stoviglie, 6% per giardino, lavaggi auto e cucina, 1% per bere e 6% per altri usi. A fronte di un terzo dei cittadini che non ha un accesso regolare e sufficiente alla risorsa idrica, otto milioni di italiani non ne hanno di potabile e 95 milioni di litri di acqua che, ogni anno, vengono usati per l’innevamento artificiale. Dunque il problema - conclude il dossier - non si risolve nemmeno affidando l’acqua ai privati che - per loro natura - tenderebbero a spostare le reti idriche nelle zone d’Italia più fruttuose. Il punto semmai è la totale assenza di un piano normativo, economico ed amministrativo nazionale volto a finanziare e supportare le tecnologie necessarie. In alcune regioni d’Italia mancano ancora gli Ato, ambiti territoriali ottimali, territori appunto su cui sono organizzati servizi pubblici integrati. Come quello dell’acqua o dei rifiuti.
(03 giugno 2011)

http://www.ammico.it/Dispersione_acqua.htm
Uno dei problemi che spesso accompagna la gestione amministrativa dei condomini è la dispersione dell’acqua, che vista dagli utenti condomini assume un significato incomprensibile, come di fatto dovrebbe essere.
La dispersione è la differenza fra i consumi del contatore di controllo installato dall’azienda fornitrice di acqua e la somma dei consumi di tutti i singoli immobili.
Come spesso dicono i nostri colleghi amministratori, se la matematica non è un’opinione, e se no ci sono perdite nell’impianto, la sommatoria dei singoli contatori posti su ogni immobile, deve coincidere con quella del contatore di controllo.
Uno degli aspetti da non trascurare è la tempestiva comunicazione al gestore del servizio della lettura del contatore di fornitura.
Accade spesso che molti amministratori per negligenza o per mal costume, ignorano il fatto che vi possano essere delle cause facilmente individuabili, l’imprecisione dei singoli contatori, un contatore guasto o che segna meno, uno illeggibile per il quale viene conteggiato un consumo forfettario, o quel che è peggio un condomino furbo che prende l’acqua senza contatore.
Tutto ciò quindi a dispetto di coloro che dispongono di un impianto ben funzionante e che pagano anche il consumo non realmente dovuto.
Ecco perché il nostro Studio con l’ausilio di tecnici specializzati ha messo a punto dei sistemi di ricerca per l’individuazione dei motivi della "DISPERSIONE DELL’ACQUA".
Qualora il vostro condominio fosse interessato a un sopralluogo, contattate i nostri uffici, un nostro tecnico sarà a vostra disposizione per visionare il vostro impianto.

http://it.notizie.yahoo.com/blog/focus/quanta-acqua-c-e-nel-mondo-080414468.html
A molti sarà successo, trovandosi su una battigia, di porsi una domanda: se i mari della Terra coprono il 70% della sua superficie e che corrisponde a circa il 96,5% di tutta quella presente, quanta acqua c’è sul nostro pianeta?
Per avere una risposta facilmente comprensibile a questa domanda, poniamocela in modo diverso: se prendessi tutta l’acqua che c’è nei mari (Oceani: quanto ne sai? fai il test), quella che c’è nei fiumi e nei laghi, quella esistente sotto forma di ghiaccio al Polo Nord e al Polo Sud, quella presente nell’atmosfera e in tutti gli esseri viventi e la ponessi in un contenitore sferico, che diametro dovrebbe avere quest’ultimo?
Alla domanda ha dato una risposta il Geological Survey degli Stati Uniti: essa dovrebbe avere un diametro di 1.385, km, poco più della lunghezza dell’Italia. Sarebbe una palla che avrebbe una dimensione paragonabile ad un terzo di quello della Luna. (Un mondo di acqua: le foto più belle)
Ovviamente a queste domande la risposta ha senso se si dà un termine di confronto. E il termine di confronto non può che essere l’uomo.
Una sfera di 1385 km di diametro potrebbe dar da bere a decine di miliardi di uomini se non fosse che la maggior parte di essa è salata oppure si trova in luoghi dove risulta impossibile utilizzarla. In realtà tutta l’acqua dolce a cui possiamo far riferimento potrebbe essere contenuta in una sfera di appena 160 km di diametro, la distanza tra Milano e Torino.
Nonostante che le sue dimensioni siano molto inferiori a quella precedente essa contiene ancora così tanta acqua da soddisfare le esigenze dei 7 miliardi di uomini che compongono l’umanità attuale.(I laghi più strani, guarda la gallery)
Purtroppo moltissima di questa acqua si trova in aree dove l’uomo è poco presente e quindi corre al mare senza poter essere utilizzata. È il caso per esempio, delle enormi quantità d’acqua dolce che trasportano fiumi come il Rio delle Amazzoni o il Congo. E dunque, pur vista con una formula nuova, ancora una volta ci si rende conto come l’acqua rimane un bene preziosissimo per l’umanità intera. (Sai quanta acqua consumi? Scoprilo qui)
ALCUNE CURIOSITÀ
- Tutta l’acqua della Terra potrebbe essere contenuta in una sfera di 1.385 km di diametro
- Tutta l’acqua dolce della Terra potrebbe essere contenuta in una sfera di 160 km di diametro
- L’acqua contenuta nell’atmosfera corrisponde a 12.900 km cubi. Se essa precipitasse in un istante sulla superficie della Terra la coprirebbe con uno strato di soli due centimetri di altezza
- Ogni giornO 1.170 km cubi di acqua evaporano o traspirano nell’atmosfera