Maurizio Molianari, la Stampa 7/8/2013, 7 agosto 2013
Attacchi coi droni, evacuazione dei diplomatici e procedure di emergenza nel Mar Rosso: il Pentagono prende le redini delle operazioni anti-terrorismo in Yemen puntando a stanare e colpire le locali cellule di Al Qaeda sospettate di preparare un attentato di grandi dimensioni contro gli Usa
Attacchi coi droni, evacuazione dei diplomatici e procedure di emergenza nel Mar Rosso: il Pentagono prende le redini delle operazioni anti-terrorismo in Yemen puntando a stanare e colpire le locali cellule di Al Qaeda sospettate di preparare un attentato di grandi dimensioni contro gli Usa. Superata da boa delle 72 ore dall’inizio dell’allerta-terrorismo, la Casa Bianca cambia marcia. Se finora la priorità è stata l’aumento delle difese passive per proteggere i possibili obiettivi scelti da Al Qaeda - consolati e ambasciate dal Nordafrica al Bangladesh - adesso l’iniziativa passa al Pentagono e la missione autorizzata dal presidente Barack Obama è mettere sotto pressione le cellule che pongono i rischi maggiori. Alle origini della svolta c’è anzitutto la conferma della genesi del pericolo: le intercettazioni di più comunicazioni di Ayman al-Zawahiri, successore di Osama bin Laden al vertice di Al Qaeda, con lo yemenita Nasir alWuhayshi, comandante di Al Qaeda nella Penisola Arabica con il nome di battaglia di «Abu Basir», per chiedergli di mettere a segno un attacco di «grandi dimensioni». Poiché la richiesta di al-Zawahiri era esplicita nel riferimento a domenica 4 agosto, il fatto che le cellule tardino a colpire fa sospettare all’intelligence Usa che qualcosa si sia inceppato nei piani dei terroristi. Da qui la scelta di andare al contrattacco, puntando a mettere sulla difensiva e decimare i gruppi di miliziani jihadisti in Yemen perché è qui che la struttura centrale di Al Qaeda sta tentando di riorganizzarsi, facendo leva su personaggi come Ibrahim al-Asiri, l’esperto saudita in mini-esplosivi considerato l’ideatore di più tentativi di attacchi contro il territorio americano. Sarebbe proprio al-Asiri, secondo fonti di intelligence, ad aver ideato un nuovo tipo di «esplosivo liquido» che sfugge ai controlli e potrebbe essere adoperato per l’attentato. La scelta di al-Zawahiri di nominare «Abu Basir» proprio vice avvalora la convinzione di Washington che sia lo Yemen il nuovo «fronte centrale» della guerra ad Al Qaeda. Da qui la scelta di dare luce verde ai droni che nel primo mattino di ieri, ora di Sanaa, hanno lanciato almeno due attacchi contro miliziani di Al Qaeda «uccidendone quattro che però non fanno parte dell’elenco dei 25 maggiori ricercati» precisano fonti militari Usa alla «Cnn». Altri quattro attacchi con i droni sono avvenuti negli ultimi 10 giorni con esiti minori. In parallelo, si muovono le truppe yemenite andando a insidiare le milizie tribali che proteggono i jihadisti in alcune regioni isolate: i governativi hanno perduto un elicottero. La pressione militare coincide con il mini-ponte aereo che ha consentito all’Us Air Force di evacuare dallo Yemen circa 90 diplomatici - in parallelo ad una operazione gemella dei britannici - ordinando a tutti gli altri connazionali di lasciare il Paese. È dunque prevedibile che l’offensiva del Pentagono aumenti di intensità, nel tentativo di far uscire allo scoperto le unità di «Abu Basir». Fra i maggiori timori c’è il rischio di attacchi kamikaze contro le navi occidentali che transitano per il Mar Rosso: «Abu Basir» in più occasioni ne ha sostenuto l’opportunità e la «massima allerta» decretata dalla marina mercantile britannica evidenzia l’allarme. C’è anche un altro risvolto dell’accelerazione di Obama contro Al Qaeda in Yemen perché nella base di Fort Hood in Texas si è aperto il processo al maggiore Nidal Hasan che nel 2009 uccise 13 commilitoni su mandato dell’imam Anwar alAwlaki, allora capo dei jihadisti a Sanaa. Il processo è destinato ad evidenziare come Al Qaeda in Yemen sia stata il mandante di molteplici attacchi contro gli Stati Uniti e del reclutamento di jihadisti americani.