Danilo Mainardi, Corriere della Sera 7/8/2013, 7 agosto 2013
I babbuini ladri – [foto in allegato] Le immagini descrivono inequivocabilmente il disagio, per usare un eufemismo, creato a Città del Capo da circa 500 babbuini, divisi in sedici bande, che conducono una vita urbana senza particolari rischi in quanto specie protetta e, come tale, rispettata
I babbuini ladri – [foto in allegato] Le immagini descrivono inequivocabilmente il disagio, per usare un eufemismo, creato a Città del Capo da circa 500 babbuini, divisi in sedici bande, che conducono una vita urbana senza particolari rischi in quanto specie protetta e, come tale, rispettata. La città è così diventata, per loro, il normale habitat dove procurarsi le risorse necessarie alla sopravvivenza. Il cibo, in questo specialissimo ambiente, abbonda e non mancano ai babbuini abilità, creatività, agilità per procurarselo, unitamente poi alla spiccata socialità che si traduce nella naturale attitudine alla cooperazione fra individui. Ecco dunque che è sufficiente lasciare semiaperta una finestra, anche ai piani alti, e l’irruzione è garantita: svuotano il frigorifero, strappano tende, giocano con le suppellettili, portano via giocattoli e altri oggetti. Un gruppo di babbuini condotti da Moby — il leader della banda — ha preso possesso per un intero week-end di un’agenzia di viaggio aprendo accuratamente ogni confezione di alimenti conservata in frigo: pesce, pasta, pepe, uova, cipolla, formaggio. Hanno fatto fuori tutto. E ancora, assalti diretti a signore scippate per strada dei sacchetti del supermercato o irruzioni in negozi di frutta e verdura. Qui i babbuini prelevano senza alcun timore intere cassette di frutta per mangiarsela tranquillamente fuori. A causa di tutto questo si segnalano molte reazioni isteriche da parte di gente che accusa le istituzioni di non fare nulla. E più le reazioni sono incontrollate, con urla e gesti scomposti, più i babbuini interpretano questi comportamenti come sintomi di debolezza e paura. E questo è il segno più allarmante e anche più nuovo tra i tanti che ormai si registrano, in varie parti del mondo, tra cittadini umani e non umani che convivono nelle città. D’altronde non mancano specie definite per questo «problematiche». Ma qui non si tratta di colombi o di ratti, che pure tanti problemi pongono ai cittadini umani. A Città del Capo a porre problemi è una specie evolutivamente assai vicina e affine alla nostra: un altro primate, il babbuino. E tutti i primati, è noto, sono capaci di evolvere il loro comportamento culturalmente attraverso forme di apprendimento sociale, il che vuol dire con grandissima rapidità. Così, dal 1999, cioè da quando i babbuini sudafricani sono stati protetti per legge, velocemente e impunemente sono sorti comportamenti che, come ha spiegato l’etologa Rachel Noser che da tempo li studia, hanno fatto assumere a questi babbuini uno stato sociale superiore a quello degli umani, rovesciando la normale gerarchia che, fino ad allora e in ogni situazione naturale, li vede sempre in uno stato di sottomissione nei confronti della nostra specie. Il che porrà ormai agli studiosi e alla municipalità problemi assai difficili da risolvere. Non sarà facile sgombrare il campo da emotività e isterismi e con la ragione tentare di ricondurre una popolazione urbana di primati intelligenti, sociali e soprattutto acculturati, a un stato di sottomissione nei confronti della nostra specie.