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 2013  agosto 07 Mercoledì calendario

«A bitavo di fianco a uno dei suoi più cari amici. La prima volta ci incrociammo sul pianerottolo

«A bitavo di fianco a uno dei suoi più cari amici. La prima volta ci incrociammo sul pianerottolo. Era educatissimo, gentile, molto carino. Aveva la fossetta nel mento e i ricci. Chiesi un po’ in giro: è un mago col pallone, mi dissero, da grande vuole fare il calciatore. La seconda volta mi accostò per strada, in Vespa. Piazza San Giacomo, a Giussano. Ciao, mi chiamo Stefano Borgonovo e tu? Avevo 15 anni. Non ci siamo più lasciati». Chantal ricorda con occhi che ridono perché questa, a poco più di un mese dalla scomparsa di Stefano (17 marzo 1964-27 giugno 2013), il bomber neutralizzato dalla Sla come nessun difensore avversario era mai riuscito a fare, è innanzitutto una storia d’amore. Alle pendici dell’avventura nel calcio e della malattia, le due sfide che l’esistenza gli ha apparecchiato e che il Borgo ha affrontato con la stessa forza tranquilla, quel caos calmo che ha lasciato in eredità alla donna della sua vita, c’è l’incontro d’anime tra due adolescenti che si scelsero giovanissimi e che insieme sono rimasti nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, finché morte non ci separi. Una morte non casuale, se mai fosse di competenza degli esseri umani (e non lo è) attribuirle un aggettivo, intervenuta dopo i trionfi con Fiorentina e Milan negli anni ruggenti del calcio italiano, quelli della simbiosi con Roberto Baggio in viola e della Coppa Campioni 1990 con Sacchi, e otto durissimi anni di convivenza con la Sla, dal paradiso all’inferno nel tempo di caduta del bicchiere che gli sfuggì di mano nell’ottobre 2005, agli albori del male, già balbettante e troppo debole per stringerlo. Se vissuta con consapevolezza, e al riparo dell’amore muliebre, la morte non è triste. Nemmeno quando Chantal, che con granitica dolcezza tiene in piedi una famiglia di quattro figli, quattro cani e un adorabile nipotino, racconta di quel pomeriggio in cui lei era al mare in Liguria per preparare la casa all’arrivo di Stefano e lui se n’è andato in contropiede, a sorpresa: «Aveva il cambio della cannula, un’operazione di routine per chi è tracheotomizzato. Ha ceduto la muscolatura: un rischio connesso alla Sla». Deformazione professionale: «Mi ha spiazzata con uno dei suoi dribbling...». Ride, Chantal, perché di finte del centravanti talentuoso il suo matrimonio è pieno. Emergendo in superficie per prendere un po’ di fiato dal dolore, racconta come tutto è cominciato. «Per Stefano fu un colpo di fulmine». Ma lei, Chantal, all’inizio degli anni 80, nella provincia brianzola della Milano-da-bere, è poco più di una bambina. Stefano è delicato, come con i fili d’erba che accarezza coi tacchetti. E aspetta. «Due anni di corteggiamento, dai 15 ai 17. Frequentavamo la stessa compagnia del paese. Un gelato, una pizza, un cinema, una gita a Villa Erba... Una sera, eravamo a una festa di compleanno, non ce la fece più: fingendosi brillo, mi baciò. Era il 15 gennaio 1984». I particolari sono importanti, in questa storia molto più d’amore che di morte: a gennaio sarebbero stati trent’anni di emozioni, bellissime o bruttissime, senza mezze misure, le stagioni di un calcio ancora «develinizzato» («Noi mogli eravamo molto diverse da quelle che vedo oggi sulle riviste ma è vero che anche a quell’epoca i giocatori le ragazze se le trovavano direttamente nel letto. Eppure, tra noi due, quello geloso era lui!») seguite dall’esplorazione di una patologia rara e finora incurabile, più impervia della linea difensiva del Real. Com’è cambiato l’amore ai tempi della Sla, Chantal? «Era già cambiato con l’età. L’ho conosciuto a 15 anni, l’ho sposato a 20, a 22 ero mamma. Ne avevo 40 quando Stefano si è ammalato. L’ho accudito come un figlio ma per lui sono sempre stata una moglie, mai una mamma né una badante. A un certo punto, quando cominciava a non essere autosufficiente, mi accorsi che non mi guardava più negli occhi: si vergognava. Lui, il grande ex del Milan, simbolo di salute e vigoria fisica, ridotto nelle condizioni di un bebè. Ci scontrammo violentemente: il bello con Stefano è che si litigava anche quando non parlava più e al diavolo mi ci faceva mandare dalla voce elettronica del suo lettore oculare!». La verità è che la presenza ingombrante della Sla in casa Borgonovo l’accettò prima Chantal di Stefano. «Ma quando se ne fece una ragione, intimità, confidenza e intesa ritornarono». Il Borgo temeva di essere abbandonato: «Si è sbagliato, avrebbe dovuto conoscermi abbastanza. Stefano è e sarà sempre il grande amore della mia vita. Il male ha cambiato solo la pratica. Non la sostanza». Andrea (25 anni, papà di Alessandro) da suo padre ha preso la somiglianza fisica e il passo soave nell’attraversare il mondo. Alessandra (22) il carattere. Benedetta (15) il lato sognatore. La piccola Gaia (9) la tenacia. Chantal sorride ancora: «Stefano è stato generoso: mi ha lasciato le sue copie carbone. Sì, sono una donna fortunata».