Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 03 Sabato calendario

LA CORTE IMPERMEABILE DEL PRESIDENTE ESPOSITO

Quante pressioni sul collegio della Cassazione che doveva decidere la sorte del processo Mediaset. I cinque magistrati (Ercole Aprile, Giuseppe De Marzo, Claudio D’Isa, Antonio Esposito, Amedeo Franco) hanno invece sentenziato secondo diritto e coscienza, dopo una camera di consiglio lunga e vivace, in cui non sono mancate le discussioni. Descriverli come un commando di antiberlusconiani impegnati in una persecuzione giudiziaria è proprio una missione impossibile. Moderati, moderatissimi, mai schierati politicamente e lontani anche dall’impegno nelle correnti della magistratura associata. Il presidente del collegio, per dire, come può essere definito una toga rossa? Antonio Esposito è un amante degli scacchi, questo sì. Gli piace ragionare sulle mosse di alfieri e cavalli, ma l’unico scacco al re che gli dà soddisfazione è quello che realizza sulla scacchiera. Per il resto, ha hobby come lo studio della legislazione sui disabili. Napoletanissimo, è nato a Sarno solo perché nel 1941 la sua famiglia era sfollata lì per la guerra. Famiglia di magistrati: indossano la toga il fratello e il figlio e suo cugino è presidente del Tribunale di Como. Lui comincia come pretore a Scalea, nel 1965, poi passa alla procura di Napoli e infine, dal 1994, è in Cassazione. Prima consigliere, poi presidente della seconda sezione, quella che si occupa di delitti contro il patrimonio e di criminalità organizzata. Sotto i suoi occhi sono passate le sentenze sul sequestro di Farouk Kassam e sulla scalata ad Antonveneta. Molte sul clan dei Casalesi e sui gruppi della ’ndrangheta, tra cui la cosca Valle-Lampada. Oltre a vagliare le sentenze d’appello, ha in molti casi confermato anche le custodie cautelari in carcere per indagati come l’ex sottosegretario Nicola Cosentino, l’ex senatore Sergio De Gregorio, il magistrato di Reggio Calabria Vincenzo Giglio. Ha partecipato alla decisione sul fallito attentato dell’Addaura a Giovanni Falcone, con una sentenza che dedica parole dure al colonnello dei carabinieri Mario Mori e ai magistrati dell’antimafia Francesco Misiani e Domenico Sica.
A ESPOSITO È TOCCATO di occuparsi anche del processo Metropolitana milanese (condanna a 4 anni per Bettino Craxi) ed Enimont, con conferma delle pene, tra gli altri, a Craxi e a Carlo Sama. E anche a Claudio Martelli: dopo avere superato una ricusazione, ha reso definitiva la sua condanna il 20 marzo 2000; il 21 sarebbe scattata la prescrizione. Ha confermato i verdetti per l’ex presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro e per l’ex ministro Aldo Brancher. Si è occupato anche di Cesare Previti: ha annullato l’appello che lo aveva assolto per la compravendita della sentenza sul Lodo Mondadori e ha ordinato un nuovo processo, in cui l’avvocato è stato condannato. Attento a “salvare” i processi, ha annullato la prescrizione che la Corte d’appello aveva decretato per l’avvocato Fininvest Massimo Maria Berruti, ordinando un altro appello e ricalcolando i termini della prescrizione (che scatterà comunque, dopo una nuova condanna). Aveva già incontrato Berlusconi nel 2000, processo All Iberian, imputato per la tangentona di 21 miliardi pagata a Craxi: il suo collegio lo aveva prosciolto per prescrizione, evidenziando però di non poterlo assolvere nel merito.