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 2013  agosto 03 Sabato calendario

IN EGITTO S’AVANZA UN GENERALE CHE SOMIGLIA TANTO A UN FARAONE


Il generale Abdel Fattah al-Sisi, nuovo uomo forte egiziano, è sempre più spesso paragonato al padre della patria laico Gamal Abd al-Nasser. I suoi sostenitori stanno raccogliendo firme per candidarlo alla presidenza del paese sull’orlo della guerra civile. E gli islamici lo contestano, raffigurandolo con i paramenti dei faraoni.
In realtà, il ministro della Difesa e vicepremier era considerato vicino ai Fratelli musulmani. Non a caso nel 2012, a soli 58 anni, era stato scelto dal presidente Mohamed Morsi per spazzare via la cricca dei generali di Hosni Mubarak. Ma un anno dopo, il 3 luglio scorso, lo scudiero si è trasformato in boia, destituendo il capo dello stato della Fratellanza. Gli scontri fra i sostenitori di Morsi, i militari e i manifestanti che appoggiano al-Sisi hanno già provocato almeno 125 morti (oltre il doppio secondo gli islamici). Piazza Tahrir, simbolo della rivoluzione contro Mubarak, è diventata la roccaforte del movimento Tamarod, che considera al-Sisi un idolo. Nei sobborghi del Cairo, attorno alla moschea di Rabaa al-Adawiya, si sono trincerati i Fratelli musulmani.
I gruppi liberali e il movimento giovanile 6 aprile (protagonisti della rivolta anti Mubarak), come pure i salafiti, si stanno organizzando come terza forza. «Mai dare carta bianca ai militari, non si sa contro chi rivolgeranno le armi» ha detto Mohammed Adel, fondatore del movimento 6 aprile. L’alleato americano critica il pugno di ferro al Cairo, benché lo stesso al-Sisi avesse frequentato nel 2006 il «war college» dell’esercito Usa. Washington finanzia i militari con 1,3 miliardi di dollari l’anno, ma il rischio di guerra civile l’ha spinta a rimandare la consegna di nuove armi, come quattro caccia F-16. Però le stellette egiziane sono anche una potenza economica: il maresciallo dell’aria Reda Hafez è ministro della Produzione militare e il budget per la Difesa supera i 5 miliardi di dollari. In tutto, gli affari dei militari rappresentano il 15 per cento dell’economia.
Se le città sono sull’orlo della guerra civile, nel Sinai già si combatte. Le formazioni armate filo Al Qaeda si sono organizzate con l’aiuto dei beduini contrabbandieri di armi e di clandestini. Un incubo per il confinante Israele, le località turistiche e il gasdotto verso la Giordania già oggetto di attentati. Nel caos, al-Sisi mobilita i manifestanti anti Morsi con l’incerta promessa di «libere elezioni democratiche entro i primi sei mesi del 2014».