VARIE 5/8/2013, 5 agosto 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - NOTA POLITICA
GRILLO NON CI STA - REPUBBLICA.IT
ROMA - "Pdl e pdmenoelle pari sono. Non c’è alcuna possibilità per me di allearmi né con uno, né con l’altro, né di votargli la fiducia". Cambiano i tempi della politica, cambiano i suoi scenari, cambia la congiuntura economica e soprattutto cambia la situazione processuale del Cav. Ma a Beppe Grillo tutto ciò non interessa, men che meno nel momento in cui c’è chi chiede al Pd di valutare in Parlamento l’esistenza di potenziali maggioranze alternative a quella delle larghe intese con il partito del "pregiudicato" di Arcore.
Sottinteso, la maggioranza alternativa non potrebbe prescindere da un’intesa con il Movimento 5 Stelle. Tra i vari mittenti, in ordine sparso, del "consiglio" anche Stefano Rodotà, figura di sintesi che i sostenitori del M5S avrebbero voluto addirittura presidente della Repubblica.
Ma Grillo proprio non ne vuol sapere. E sul suo blog scrive: "Pdl e pdmenoelle pari sono. Non c’è alcuna possibilità per me di allearmi né con uno, né con l’altro, né di votargli la fiducia. Hanno la stessa identica responsabilità verso lo sfascio economico, sociale e morale del nostro Paese".
A seguire, attacco rituale alla poca serietà del giornalismo politico in Italia. "Qualche pennivendolo si aggira nei bar della Sardegna, in alcuni dove non sono neppure mai stato, per attribuirmi aperture al pdmenoelle - scrive ancora il capo carismatico degli stellati -. Siamo arrivati al giornalismo da bar. Le pressioni per un’alleanza del M5S con il pdmenoelle con articoli inventati di sana pianta durano dal giorno dopo le elezioni politiche. Vi prego di smetterla. Mai con il pdl, mai con il pdmenoelle".
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L’INCONTRO AL QUIRINALE
ROMA- Di "grazia" nemmeno a parlarne, almeno secondo quanto ha lasciato intendere il Capo dello Stato ricordando le procedure in materia. Di un differente atto di clemenza e di una riforma della giustizia invece hanno probabilmente provato a discutere, o anche di una possibile commutazione della pena, o di un ritocco alla legge Severino-Monti sull’incandidabilità dei condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni. Insomma a caccia di un salvacondotto parlamentare per Silvio Berlusconi. Con questi argomenti Renato Brunetta e Renato Schifani, capigruppo del Pdl a Camera e Senato, sono andati in tarda mattinata al Colle, chiedendo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "un suo intervento" affinché l’ex premier possa continuare a fare politica nonostante l’esito della sentenza.
Secondo fonti del Quirinale, i due capigruppo Pdl "hanno illustrato al presidente della Repubblica le loro valutazioni circa le esigenze da soddisfare per un ulteriore consolidamento dell’evoluzione positiva del quadro politico in Italia e uno sviluppo della stabilità utile all’azione di governo". In altre parole, le condizioni necessarie secondo i pidiellini, a far andare avanti il governo Letta.
Al termine dell’incontro Schifani e Brunetta sono andati a Palazzo Grazioli, per un vertice con Berlusconi. Alla riunione, oltre ai due capigruppo, erano presenti anche i big del partito, a partire da Angelino Alfano, Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto, Denis Verdini, Sandro Bondi, Daniela Santanchè. Dopo aver riferito a Berlusconi dell’esito del colloquio avuto al Quirinale, i due capigruppo del Pdl Senato e alla Camera Schifani e Brunetta hanno lasciato palazzo Grazioli dove successivamente è iniziata la riunione dei vertici del partito.
Al termine dell’incontro a Palazzo Grazioli Daniela Santanchè ha detto che Berlusconi "non chiederà né gli arresti domiciliari, né la messa in prova né l’affidamento ai servizi sociali". "Noi chiediamo la difesa della democrazia, non è cambiato nulla rispetto a ciò che abbiamo detto ieri, rispetto a ciò che ha detto Berlusconi", ha affermato Maurizio Gasparri uscendo da palazzo Grazioli mentre il vertice era ancora in corso. "Siamo compattissimi" ha aggiunto il parlamentare Pdl.
Gli incontri dell’ex premier. Il Cavaliere dovrebbe anche incontrare i suoi legali, Niccolò Ghedini e Franco Coppi, per discutere dell’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali o di arresti domiciliari in relazione all’anno di pena che Berlusconi deve scontare dopo la condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale nel processo Mediaset. L’ex premier ha tempo, infatti, fino a metà ottobre, considerando i tempi feriali per presentare istanza.
E in serata, secondo il sito del quotidiano La Stampa, a fare visita al premier arriva il presidente della Russia Vladimir Putin, anche se a stretto giro è arrivata la smentita dell’ambasciata russa.
L’editoriale di Brunetta: "Priorità giustizia". Proprio oggi Brunetta aveva indicato, in un editoriale, la linea che il Pdl vorrebbe seguire: "La questione giustizia esiste in Italia a prescindere da Berlusconi. Ma l’accanimento ventennale nei suoi confronti è la punta di un iceberg che tutti conoscono. Per questo la sua battaglia - ha scritto - ha un significato politico ben più importante del fatto che egli guida un partito sostenuto da milioni di persone. Per questo la questione della giustizia rappresenta la pietra d’inciampo di ogni tentativo di pacificazione nazionale e di ogni rinascita del paese. Il programma iniziale di questa maggioranza prevedeva una riforma delle istituzioni che rafforzasse il potere politico, per poi procedere con una rinnovata autorevolezza alla riforma della giustizia. Forse è stato un errore separare il percorso delle riforme istituzionali dalla riforma della giustizia. Ma nulla vieta che attraverso un binario parallelo si possa intervenire".
Poi continua il capogruppo: "Cosa fare dunque? Serve un’iniziativa anche della politica. Un’assunzione di responsabilità. E questa iniziativa, ancora una volta, ce l’ha indicata il Capo dello Stato. Allorché ha evocato il lavoro dei saggi da lui incaricati nell’aprile scorso per studiare i termini di una riforma dello stato e della giustizia. Il presidente Napolitano ha ragione, le proposte dei saggi sono un ottimo punto di partenza. I leader del Pd dovrebbero prendere sul serio le dichiarazioni del presidente della Repubblica".
La richiesta della grazia. Ma nel Pdl c’è chi comunque insiste sull’altra ipotesi: "Noi abbiamo il diritto a chiedere la grazia", ha dichiarato in un’intervista Stefania Prestigiacomo. Una possibilità questa duramente criticata da Pippo Civati del Pd: "Leggo sul web- scrive sul suo blog il deputato candidato alla segreteria del Pd - che il Pdl starebbe cercando la via della trattativa per liberare Berlusconi. C’è chi parla di grazia e chi fa riferimento al modello Sallusti. Voglio sperare che sia una illusione (nemmeno tanto pia, per altro) e che non si darà alcuna soddisfazione a questo tipo di richieste".
Epifani: "Da Pdl polemiche oltre il limite". Anche il segretario Pd ha commentato questo momento di crisi: "Ho dato un incoraggiamento al presidente del Consiglio perché si trova ad operare nel cuore più profondo della crisi. Il governo non può né deve farsi logorare dalle polemiche che abbiamo visto in questi giorni. Polemiche che sono andate oltre il dovuto. Noi non ci rassegniamo al fatto che in uno stato di diritto non bisogna superare il limite per cui ogni cittadino è uguale davanti alla legge".
Epifani ha ricordato che sui temi del credito alle imprese e alle famiglie per fare ripartire la crescita è stata "convocata la direzione del partito giovedì sera", alla quale, ha anticipato il segretario Pd, sarà "presente Letta".
MILELLA SU REPUBBLICA DI STAMATTINA
ROMA — Una folle corsa in cui il veicolo rischia di finire contro un muro. Si potrebbe usare questa metafora per descrivere i disperati tentativi del Pdl per salvare comunque
Berlusconi dagli effetti della condanna a 4 anni per frode fiscale. Un accavallarsi drammatico tra un’agognata grazia, anche solo con corrispettivo pecuniario, e un’amnistia ad horas. Poi lo svuotamento della legge Severino sulla sopravvenuta non candidabilità e quindi decadenza da senatore. Ma sentenze della Cassazione (la 13.831 del 2008, prima sezione civile) e del Consiglio di Stato (6 febbraio 2013, n.695) mettono l’aspirazione nel nulla. Per chiudere con l’obiettivo, sfruttando cavilli legali, di rallentare la decisione della corte d’appello di Milano sull’interdizione dai pubblici uffici per agganciare ipotetiche elezioni nella primavera 2014.
Le pensano tutte quelli del Pdl, mettendo in imbarazzo il Colle, soprattutto con la vulgata che certe ipotesi sarebbero state, se non concordate, quanto meno discusse con il Quirinale. Come per la grazia e per un’assai ampia amnistia che dovrebbe seguire una riforma della giustizia varata per fornire la pezza “a colore” all’amnistia medesima. Ma sia la grazia che l’amnistia si rivelano subito del tutto non realistiche.
Sulla grazia l’argomento principe del Pdl è il paragone con il caso Sallusti, il direttore del Giornale cui Napolitano il 21 dicembre 2012 ha concesso il beneficio limitandosi però a commutare la pena di 14 mesi in 15.532 euro. Ma i due casi — una diffamazione, pur grave, di Sallusti e l’evasione fiscale di Berlusconi — non sono ovviamente paragonabili. Senza contare che il Cavaliere ha altri processi, e per reati gravi, sulle spalle. Quindi la grazia è un cammino impossibile.
Del pari lo è l’amnistia. Quando si pone il caso ai costituzionalisti reagiscono sorpresi. «Amnistia?!? Ma non servono i due terzi?» dicono presidenti emeriti della Consulta di opposte tendenze come Piero Alberto Capotosti e Valerio Onida. In effetti l’impiccio è proprio qui. Per fare l’amnistia sarebbe determinante il voto del Pd sia alla Camera che al Senato. Alla Camera servono
421 voti, se ne raggiungono 437 se votano assieme Pd, Pdl, Sc. Idem al Senato dove ne servono 212, ne raggiungono 219 gli stessi partiti. Non solo. Nelle tante amnistie fatte in Italia, ma soprattutto le ultime, non è mai stato raggiunto un tetto così alto di reati, che sarebbe necessario per coprire quelli contestati a Berlusconi, la frode fiscale punibile fino a 6 anni (fa testo la pena in astratto non quella irrogata), la concussione per induzione fino a 8 anni.
Non va meglio il tentativo di bloccare al Senato la decadenza dell’ex premier per effetto della legge Severino. Si scalmanano fan come Giovanardi e Nitto Palma sostenendo che la norma si applica solo ai reati commessi dopo l’entrata in vigore della legge. Insistono sul fatto che l’indulto, riducendo la pena a un anno, farebbe cadere il tetto dei due anni imposto dalla legge. Dice l’ex presidente della Consulta Capotosti: «È assurdo, sono osservazioni del tutto infondate. Il criterio per l’applicabilità della legge è la sentenza sopravvenuta, emessa il primo agosto, in pieno vigore della norma. I fatti potrebbero anche essere di un secolo fa, ma l’importante è che ci sia la sentenza definitiva, in pieno imperio della nuova legge. Non c’è niente da dire, conta la sentenza, non i fatti. Se passasse il loro criterio non si applicherebbe più alcuna legge, soprattutto con i tempi lunghi della giustizia italiana».
Ma ci sono due sentenze che mettono le interpretazioni del Pdl nel cestino. La 13.831 del 2008 della prima sezione civile della Cassazione che, in tema di sopravvenuta ineleggibilità a proposito della precedente legge per gli amministratori locali di cui la Severino è una prosecuzione, dice che l’indulto non incide affatto, ai fini della possibilità di candidarsi conta la condanna e non la pena residua. Ma è dirimente la sentenza del Consiglio di Stato fresca del 6 febbraio 2013, n.695, laddove dice che l’applicazione della legge «non si pone in contrasto con il principio dell’irretroattività delle norme penali e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive». E ancora: «La condanna penale irrevocabile è presa in considerazione come mero presupposto oggettivo cui è ricollegato un giudizio di “indegnità morale” a ricoprire determinate cariche elettive: la condanna stessa viene configurata alla stregua di “requisito negativo” o “qualifica negativa” ai fini della capacità di partecipare alla competizione elettorale e di mantenere la carica». Alla giunta per le elezioni del Senato non resta che andare avanti in fretta. Berlusconi deve lasciare il Senato e non si può più ricandidare.
SANTANCHE A HUFFINGTON POST
"Berlusconi non chiederà né gli arresti domiciliari, né la messa in prova, né l’affidamento ai servizi sociali. Berlusconi va in carcere: gli italiani devono sapere che si mette in carcere un uomo come Silvio Berlusconi. Non accetterà nessun altro modo di espiare una condanna, che gli è stata inflitta da cinque magistrati che non sono stati eletti dal popolo, che hanno vinto un concorso facendo un compitino". Lo ha affermato ai cronisti Daniela Santanchè, uscendo da palazzo Grazioli al termine del vertice del Pdl.
La pitonessa ha anche aggiunto: "Al Colle non abbiamo chiesto nulla; non siamo abituati a chiedere ma a dare. E voi parlate con una persona che fa un po’ fatica a mettere insieme due parole: grazia e Berlusconi". A chi le domandava se i capigruppo del Pdl avessero chiesto un salvacondotto al presidente Napolitano, ha quindi risposto: "Io sono più per il ripristino della democrazia".
HUFFINGTON
Abolire l’Imu sulla prima casa fatto salvo che per le abitazioni di lusso. Questa la bussola della colazione di lavoro prevista oggi a Palazzo Chigi tra Enrico Letta, Fabrizio Saccomanni e Ignazio Visco, durante la quale l’ormai famigerata tassa sulla casa costituirà una delle portate principali. Il premier sta tessendo le fila di una mediazione i cui dettagli tecnici saranno sviscerati con il titolare di via XX settembre e con il governatore della Banca d’Italia. Palazzo Chigi racconta di un Letta sereno, convinto di chiudere la partita entro il 31 agosto, per evitare che all’inizio di settembre il rinvio stabilito nei mesi scorsi scada, e gli italiani si ritrovino a dover affrontare il pagamento della prima rata.
Per questo il presidente del Consiglio proporrà una soluzione mediana tra le richieste del Pdl di abolire totalmente l’imposta sulle prime abitazioni, come promesso in campagna elettorale, e la volontà del Pd di cedere solo sugli immobili di proprietà dei meno abbienti e delle famiglie numerose. Dopo la conferma da parte della Cassazione della condanna di Silvio Berlusconi, lo scoglio più ostico da superare è costituito da falchi azzurri, guidati dal capogruppo alla Camera Renato Brunetta, che considerano il via libera delle proprie istanze relative all’Imu come una conditio sine qua non per la prosecuzione dell’attività di governo.
La soluzione trovata di concerto tra i tecnici del ministero dell’Economia e lo staff di Letta lascia ben sperare il premier. Tra le rivendicazioni dei risultati ottenuti dal governo di centrodestra nella scorsa legislatura, spiegano fonti vicine al capo del governo, era inclusa proprio l’abolizione “dell’Ici sulla prima casa, tranne che sulle case di lusso anche se prima abitazione”, posizione che costituisce proprio il punto di mediazione su cui Letta spera di incassare il via libera.
Rimane il nodo delle coperture, che preoccupa non poco Saccomanni, anche perché, per motivi catastali, gli immobili dei centri storici cittadini sarebbero esclusi a prescindere dalla categoria del lusso. Un problema tuttavia superabile, secondo lo staff di Palazzo Chigi, pronto ad accelerare sulla riforma, che dovrebbe comprendere anche una contestuale ridefinizione della Tares.
La preoccupazione principale rimane relativa alla reazione degli enti locali, Comuni in testa, che si troverebbero privati di una delle principali fonti di entrata diretta. “Ci saranno lungo tutto il corso del mese colloqui con l’Anci – spiega un uomo vicino al premier – e confidiamo che la sensibilità di Graziano Delrio sul tema [l’attuale ministro ha guidato a lungo l’associazione dei comuni] contribuisca a far trovare un punto d’accordo comune”.
Il tema dell’Imu, insieme alle coperture per il rinvio dell’aumento dell’Iva e alla soluzione definitiva del problema degli esodati, costituiscono i punti principali di quello che Palazzo Chigi definisce il “dividendo di stabilità”. “Sono tutte misure che si possono realisticamente affrontare solo perché stiamo riuscendo a incidere positivamente sull’andamento dello spread – spiega un tecnico del governo – riuscendo a mantenerlo sotto quota 300, evitando così la speculazione dei mercati”. Tema che sarà sviscerato soprattutto in ottica europea con Visco. Per il momento tuttavia si tratta di provvedimenti che dovranno tenere conto di una coperta corta, dopo che il pacchetto lavoro inciderà per circa 1,5 miliardi sulla casse dello stato e che la Cig costerà all’incirca 1 miliardo.
Così Letta guarda alla prossima legge di stabilità, vista come il primo vero momento nel quale il governo potrà iniziare a scrollarsi di dosso l’eredità dell’esecutivo dei tecnici e iniziare a muoversi autonomamente nel campo della politica economica. Il premier affronterà con Saccomanni e Visco alcune delle direttrici sulle quali vorrebbe caratterizzare la propria finanziaria: un grande piano di attrazione degli investimenti esteri, una decisa aggressione del debito pubblico tramite la dismissione del patrimonio immobiliare (ma il censimento condotto negli ultimi tre anni è ancora fermo al 70% del totale) ed un nuovo slancio alle liberalizzazioni, e una programmazione di investimenti nel settore dell’edilizia scolastica attraverso il quale, tra le altre cose, rilanciare il comparto edilizio nel meridione.
Tutte cose che il premier definisce per il momento “abbozzate con il cacciavite”, considerando la navigazione a vista nella quale il suo esecutivo è stato costretto. Da oggi è sua intenzione, salvo imprevisti, iniziare a pianificare un lavoro di fino in vista dell’autunno.
Silvio Berlusconi condannato, Mario Capanna: "Venga a lavorare da noi". L’ultima proposta al Cav
Francesco Lepore, L’HuffingtonPost | Pubblicato: 05/08/2013 13:13 CEST | Aggiornato: 05/08/2013 18:39 CEST
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Dopo che la Cassazione ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi a 4 anni di reclusione, sembra che non ci sia al momento uomo più ambito di lui. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano: da sacerdoti a leader del ’68, da sindaci a docenti universitari. E, poiché il Cav dovrebbe scontare la pena irrogata o con gli arresti domiciliari o con l’affidamento ai servizi sociali, ecco fioccare gli inviti per accoglierlo, qualora si decidesse per la seconda opzione.
L’ultimo, in ordine di tempo, è quello di Mario Capanna, ex leader di Democrazia Proletaria. In qualità di presidente della Fondazione "Diritti Genetici", Capanna ha oggi indirizzato una lettera a Berlusconi, in cui, invitandolo a lavorare per la fondazione, ha presentato la proposta come una "terza via" tra gli arresti domiciliari e l’affidamento ai servizi sociali. “Tra condannati (io per “reati” derivanti dalle lotte studentesche, di cui vado fiero) ci si intende meglio – scrive il noto politico - e dunque mi permetto di esporLe un ragionamento.” Capanna argomenta così quella che definisce “un’offerta sincera” rivolta a Silvio Berlusconi:
“Sarebbe ben di più di un generico servizio sociale, potrebbe occuparsi del nostro progetto strategico GenEticaMente, mirante a fare di Roma la capitale euromediterranea della ricerca scientifica partecipata. Avrebbe modo di mettere a frutto, per un fine nobile e di alto profilo, la Sua vasta esperienza di leader politico e la molteplicità delle Sue relazioni nazionali e internazionali”.
Sempre in giornata Giovanni Savino, presidente della cooperativa sociale "Il tappeto di Iqbal", ha inviato al Tribunale di sorveglianza di Milano una richiesta in carta da bollo, con cui s’è detto pronto ad accogliere il leader del Pdl, perché faccia volontariato presso l’associazione in un difficile quartiere alla periferia orientale di Napoli. "Se Silvio Berlusconi vuole scontare la pena con i servizi sociali -così la missiva - può venire da noi a Barra e vestirsi da clown, per togliere dalla strada i ragazzi che finiscono a lavorare per la camorra".
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L’attesa e la sentenza, i giorni del processo Mediaset
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Ieri Affaritaliani.it pubblicava, invece, un’altra lettera al Cavaliere: quella, cioè, scritta da Mario Furlan, docente universitario e fondatore dei City Angels, "l’associazione di volontari di strada in basco blu e maglietta rossa che aiutano senzatetto e cittadini in difficoltà in 18 città italiane". Ecco le motivazioni di Furlan, per invitare Berlusconi a collaborare col suo ente benefico:
"Perché in questi anni lei, come tutti i potenti, ha vissuto non nel mondo, ma nel suo mondo. Un mondo dorato, distaccato dalla realtà. Dove, come tutti i potenti, è circondato da lecchini e yes-men, ansiosi di compiacerla pur di lucrare qualche vantaggio; e da donne di facili costumi, veloci tanto nel darla quanto nel voltarle la schiena. La hanno illuso di essere invincibile. Di essere Superman. Di non avere le stesse debolezze, le stesse fragilità, le stesse paure di noi persone comuni. Sciocchezze".
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Il 1° agosto è stata la volta di Ivano Ferri, sindaco del comune toscano di Cavriglia, che sul suo profilo Facebook ha lanciato il seguente appello:
"Alla luce della sentenza Mediaset e con lo spirito di collaborazione fra istituzioni, nel caso il condannato Silvio Berlusconi chieda l’affidamento ai servizi sociali l’amministrazione comunale di Cavriglia si renderà immediatamente disponibile ad accoglierlo affinché possa serenamente scontare la pena svolgendo attività socialmente utili. Abbiamo anche già individuato il settore di attività nel quale potrebbe essere felicemente collocato"
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Proposta questa, che sembra ricalcare quella del vicesindaco di Torre Annunziata - comune del Napoletano con non pochi problemi -, che, ancor prima della sentenza, inviò una lettera alla Cassazione, chiedendo l’affido di Berlusconi, in caso di condanna, per un’occupazione presso il locale assessorato alle Politiche sociali.
Sempre il 1° agosto, a poche ore dalla condanna, anche don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (CNCA), aveva invitato l’ex presidente del Consiglio "a scontare la sua condanna in una cooperativa sociale", per essere "stato uno dei protagonisti dell’affossamento dello stato sociale nel nostro Paese".