Varie, 5 agosto 2013
Hamburger per Sette - Creato all’università di Maastricht il primo hamburger sintetico: 150 grammi di carne prodotta dalle staminali di una mucca
Hamburger per Sette - Creato all’università di Maastricht il primo hamburger sintetico: 150 grammi di carne prodotta dalle staminali di una mucca. Partendo da quelle, hanno sviluppato 20mila fibre di muscolo di manzo in tre mesi. Ogni fibra è stata coltivata individualmente in un gel di coltura. Poi sono state compattate insieme per formare l’hamburger: il colore della carne è stato ottenuto aggiungendo succo di barbabietola rossa. Però il manzo sintetico non sa quasi di nulla a causa della mancanza di grasso e di sangue. Per questo, oltre al succo di barbabietola rossa, gli è stato aggiunto un po’ di zafferano, sale, uova in polvere e pane grattuggiato. Prezzo: 250mila sterline (ci si potrebbero comprare 100mila Big Mac). Gli scienziati sono convinti che entro dieci anni si arriverà alla commercializzazione al supermercato del superhamburger sintetico. Con ciò si salverebbe la vita a milioni di animali e si eviterebbe il consumo di risorse naturali per l’allevamento intensivo (il 30% dell’acqua che consumiamo al mondo e il 70% del mais e del frumento che si coltiva vengono utilizzati per sostenere bovini, ovini e suini, che inoltre producono il 39% del metano che va nell’atmosfera). (Ettore Livini, la Repubblica 29/7/2013) L’hamburger nacque nelle macellerie di Amburgo, dove veniva mangiato crudo, condito con spezie. La ricetta fu poi portata in America dagli emigranti tedeschi. Le cronache dei primi dell’Ottocento parlano dell’“Hamburg style steak”, una polpetta di carne schiacciata tra due pezzi di pane che si poteva mangiare anche a cavallo (il panino al latte arrivò solo nel 1920). Secondo la leggenda il panino con l’hamburger fu inventato da un quindicenne del Wisconsin di nome Charlie Nagreen. Alessandro Manzoni, ghiotto di polpette. Il carneplastico dei Futuristi, una grande polpetta di vitello arrostita e guarnita con undici verdure, posta verticalmente nel piatto e sostenuta da un anello di salsiccia e tre sfere colorate di carne di pollo. Dopo la Prima guerra mondiale, per via dei sentimenti antitedeschi diffusi in America, qualche ristoratore ribattezzò l’hamburger come Salisbury steak. Nel 1948 Richard e Maurice McDonald aprirono il primo ristorante di hamburger “veloci”: il cibo, preparato in anticipo e impacchettato, era mantenuto caldo da lampade a infrarossi. Già dagli anni ’20 esistevano altre catene di vendita di hamburger, come la White Castle e la concorrente White Tower. Il bianco nel nome serviva a richiamare l’attenzione sull’igiene dei locali e delle cucine. La principale innovazione introdotta dai McDonald consisté però nella velocità, essendo il panino già pronto, mentre nelle altre catene era preparato davanti al cliente. In breve tempo dalla California i locali dei fratelli McDonald si diffusero in tutti gli Stati Uniti, seguendo negli anni ’50 lo sviluppo delle autostrade americane e caratterizzandosi come «cibo veloce e da automobile». Nixon, nel ’72, imbarcandosi sull’Air Force One per tornare a casa dopo la visita a Pechino, trovò per pranzo un carico di hamburger, fatto preparare per lui, per i giornalisti e per il suo staff. Scoppiò un’ovazione e il presidente stesso gridò: «Bentornati in America, ragazzi». (Vittorio Zucconi, L’aquila e il pollo fritto Mondadori 2008) Si calcola che l’americano medio mangi tre hamburger la settimana. Ogni anno McDonald’s serve più di 70 miliardi di hamburgers che messi in fila sono abbastanza per raggiungere la luna e tornare indietro 17 volte. Un hamburger in meno a settimana equivale in un anno a un risparmio di Co2 che corrisponde a quella emessa da un’auto che percorra 500 chilometri. (la Repubblica). L’economista Guntram Wolff ha realizzato un monitoraggio del Big Mac, da luglio 2011 a dicembre 2012 nelle più importanti capitali europee. Risultato: i prezzi del panino sono aumentati da noi più di ogni altro Paese, fatta eccezione per l’Estonia. Precisamente: 6% contro la media europea del 3,9. (Corinna De Cesare, Corriere della Sera 7/2/2013) McDonald’s e Burger King controllano complessivamente 50mila ristoranti in 120 paesi: 35mila la prima e 15mila la seconda. L’anno scorso la sola McDonald’s ha registrato 25 miliardi di clienti (più di tre volte la popolazione mondiale), di cui 7 miliardi in Europa e 470 milioni in Italia. Fra il 2010 e 2012, il suo fatturato mondiale è aumentato del 14,51% con un balzo da 24 a 27 miliardi di dollari mentre l’utile netto è aumentato del 10%, a poco meno di 5 miliardi e mezzo. (Giorgio Lonardi, D Repubblica 18/5/2013) Bigu Maku, cioè Big Mac in giapponese. Negli ultimi 20 anni le dimensioni standard di un hamburger sono cresciute del 112 per cento. (Federico Ungaro, Il Mattino, 3/11/2003) L’hamburger più pesante, realizzato al Black Bear Casino nel Minnesota: 914 chili. L’hamburger più calorico: il Monster Thickburger della catena Hardee’s. Si tratta di due hamburger sovrapposti del peso complessivo di 350 grammi avvolti in quattro fette di pancetta e tre fette di formaggio fuso, serviti in un panino dall’interno generosamente imbevuto di mayonnaise. Il tutto per un totale di 1.420 calorie (due terzi dell’intero fabbisogno giornaliero di un adulto) e 107 grammi di grassi. Il comico Jay Leno a proposito del Monster Thickburger: «Ve lo servono direttamente in una scatola a forma di cassa da morto». (Massimo Gaggi, CorrierEconomia 23 maggio 2005) Il Tribunale regionale del lavoro di Porto Alegre, in Brasile, ha condannato McDonald’s a risarcire l’ex dipendente assaggiatore Edson Zwierzinsky, ingrassato di 30 chili in 12 anni. L’uomo ha ottenuto 50mila dollari per danni estetici, morali e per il costo della cura contro l’obesità. Morgan Spurlock, l’americano che nel 2003 realizzò un documentario sul suo esperimento di mangiare tre volte al giorno da McDonald’s per trenta giorni (guadagnando undici chili e qualche problema al fegato), A Montecarlo anche nelle serate più chic, Ballo della Rosa compreso, vengono serviti hamburger. Un omaggio a Charlotte Casiraghi, che ne va pazza. Gli hamburger più costosi. Al Burger Bar di Las Vegas, l’hamburger Rossini, fatto di carne di manzo Kobe, foie gras, scaglie di tartufo costa 60 dollari. Sempre a Las Vegas al 777 Burger servono una polpetta di carne Kobe accompagnata da aragosta del Maine e aceto balsamico invecchiato 100 anni per 70 dollari. A Boca Raton per beneficenza s’inventarono il Tri-Beef Burger (125 dollari) fatto con tre tipi di manzo (americano, giapponese e argentino) e accompagnato da una salsa a basi di tartufo e champagne. Ma il più costoso è il Douche Burger al ristorante 666 Burger di New York: polpetta di manzo Kobe impacchettata in una sfoglia d’oro, condita con foie gras, caviale, aragosta, tartufo, formaggio francese stagionato, sale himalayano, cotto nel vapore dello champagne. Prezzo: 666 dollari. «C’è un ristorante in Florida che serve un hamburger a 100 dollari. Lo so, sembrano tanti, ma per cento dollari vi danno un hamburger e un berretto con la scritta: “Sono un idiota”» (David Letterman). Hamburger, nello slang di New York vuol dire «individuo stupido, ottuso». Un’analisi del DNA condotta dai ricercatori della Colorado State University ha rilevato che l’hamburger medio da circa 100 grammi contiene tessuti provenienti da 55 capi diversi; alcuni hamburger contenevano tessuti di più di 1000 animali. La campagna del 2009 di Burger King: “Il sacrificio del Whopper”. Chiedeva agli utenti di Facebook di eliminare 10 nomi dalla propria lista di amici. A chi lo faceva arrivava un buono per un hamburger “Whopper” gratis. Lo slogan: «I tuoi amici ti stanno simpatici, ma il Whopper lo ami». Pubblicità della Texas Pediatric Society: stanza semibuia, si intravede un bambino di circa 4 anni che disegna seduto. Entra la mamma provvista di cucchiaio, siringa e bustina che apre lentamente. La polvere bianca è eroina. Lei la versa sul cucchiaino scaldato dalla fiamma di un accendino. La telecamera si sposta sul bambino. La siringa con la dose si è trasformata in un panino con un hamburger che la mamma consegna al piccolo per la merenda. Lui l’addenta voracemente. (Enza Cusmai, Il Giornale 3/10/2010) Hamburger tipici nei vari McDonald’s nazionali: il canadese McLobster, a base di aragosta, con lattuga e maionese; il giapponese McRice, con tortini di riso al posto del pane, semi di sesamo, manzo, pollo o pesce; l’egiziano McFalafel, con hamburger vegetariano e tahini, salsa tipica di sesamo; gli indiani Maharaja Mac, a base di pollo, McAloo Tikki, con hamburger di verdure, e McCurry Pan, con pan carrè, curry, pollo o verdure. (Simona Verrazzo, Vanity Fair 24/8). Panini dello chef Gualtiero Marchesi per McDonald’s: Adagio (pane ricoperto di mandorle, mousse di melanzane, pomodori a fette, melanzane in agrodolce, hamburger e ricotta salata), Vivace (bacon, spinaci saltati, cipolla marinata, hamburger bovino e maionese con grani di senape). (la Repubblica 5/10/2011) L’origine del ketchup è cinese. Ketchup è una parola del dialetto del Fujian, una regione della costa sud-orientale della Cina, e significava «salsa di pesce». I marinai del Fujian esportarono il ke-tchup in Malesia, nelle Filippine e in Indonesia, dove la parola kecap significa ancora oggi salsa. Nel 1600 i mercanti olandesi e britannici arrivarono nell’Asia sudorientale e scoprirono la salsa di pesce: nel XVIII secolo la sua diffusione in Europa era grande. Per ridurre le spese di importazione, in Regno Unito e negli Stati Uniti molti si ingegnarono a produrre il ketchup in casa; nei libri di cucina iniziarono a diffondersi ricette che prevedevano anche variazioni decisive rispetto agli ingredienti originali. La prima testimonianza scritta riguardo il ketchup è del 1690, mentre la prima ricetta apparve nel 1727 nel Compleat Housewife di Eliza Smith e prevedeva acciughe, scalogno, aceto, vino bianco, spezie (chiodi di garofano, zenzero, macis, noce moscata), pepe e scorza di limone. Soltanto nel XIX secolo si iniziò ad aggiungere – probabilmente in Gran Bretagna – il pomodoro. Questa variante veniva chiamata tomato ketchup. Nella metà dell’Ottocento le acciughe vennero definitivamente abbandonate. Il primo a imbottigliarlo e a distribuirla a livello nazionale fu Jonas Yerks, nel 1837. Heinz, la più importante e famosa azienda produttrice di ketchup al mondo, iniziò a produrlo nel 1876, accompagnandolo con una pubblicità che diceva: «Finalmente un sollievo per le madri e le altre donne nella casa!», alludendo al lungo processo necessario per cuocerlo in casa. «Vorrei essere una polpetta. Perché la polpetta è quasi un miracolo di resurrezione: è fatta di rimasugli che giacciono tristi in frigo e che invece, mescolati insieme, acquistano una seconda vita» (Luciana Littizzetto).