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 2013  agosto 04 Domenica calendario

BOSTON GLOBE IN SVENDITA IL GIORNALE-SIMBOLO USA AL MAGNATE DEL BASEBALL

CATTIVA notizia: prosegue la cura dimagrante dei giornali, la nave-ammiraglia della stampa Usa che è il New York Times si rassegna a vendere un’ altra testata gloriosa, il Boston Globe. Buona notizia: acquirenti se ne trovano, anche se non "editori puri", in questo caso un magnate del baseball. Cattiva notizia: il Globe viene ceduto per soli 70 milioni di dollari, mentre fu comprato 20 anni fa per la cifra-record di 1,1 miliardi. Buona notizia: lo stesso New York Times "vede nero", il suo bilancio torna in utile, anche grazie a un balzo del 35% nel numero di abbonati alle edizioni digitali. The New York Times Company, casa editrice dell’ omonimo quotidiano, ha annunciato ieri la vendita di tutte le sue testate del New England (l’ area costiera a nord di New York, che include lo Stato del Massachusetts) a John W. Henry, noto soprattutto come proprietario della squadra dei Boston Red Sox. La vendita, che restituisce il Globe ad una proprietà locale, suggella un lungo declino nelle vendite e nel fatturato del principale quotidiano di Boston. Quando gli azionisti del Times (in testa la famiglia Sulzberger) decisero di comprarlo 20 anni fa il Globe era una delle testate più autorevoli e prestigiose della nazione, con un’ influenza politica considerevole in uno Stato-chiave, roccaforte del partito democratico, feudo della dinastia Kennedy e del segretario di Stato John Kerry. Vent’ anni sono un’ era geologica rispetto ai tempi di evoluzione del mondo dei media. Il 1993 di fatto era ancora un’ epoca "pre-Internet" per il pubblico di massa. Il Times pagò per il Globe il prezzo più elevato nella storia di un’ acquisizione di giornali. Eppure non parve una follia. È con il passaggio del millennio che l’ informazione online spuntò all’ orizzonte, e con essa il Times fece la scelta della gratuità, gravida di conseguenze. Per il Globe come per altri fu l’ inizio di una lunga emorragia di lettori paganti (da un massimo di 506.000 copie vendute fino alle 245.000 attuali) e di inserzionisti pubblicitari, fino alla decisione di metterlo sul mercato.
Si chiude così la fase dell’ editore puro venuto da fuori, il gruppo newyorchese. Si torna all’ antico, visto che dal 1873 al 1993 il Globe era stato controllato da una famiglia locale,i Taylor. Il magnate dello sport Henry possiede oltre alla squadra di baseball locale anche lo stadio Fenway Park, la rete televisiva New England Sports Network, e il club di calcio inglese del Liverpool. La sua prima carriera si era svolta nella finanza, come trader nelle materie prime, soia e cereali. In seguito la John W. Henry & Co. era diventata un importante consulente di fondi investiti nei derivati sulle commodity agricole, con 2,5 miliardi gestiti nel 2006. Negli ultimi anni la sua performance era stata deludente, e nel dicembre scorso John Henry era uscito dal ruolo di gestore. Concentrandosi sul business dello sport, incluso un investimento nelle corse automobilistiche Nascar.
Il Boston Globe non è l’ unico non editore a fare acquisizioni nella carta stampata. Di recente Warren Buffett, l’ imprenditore più ricco degli Stati Uniti, ha fatto incetta di quotidiani locali, dicendosi convinto che si riveleranno un ottimo investimento. Un altro esempio è quello dei fratelli Koch, quarta fortuna d’ America nonché generosi sostenitori della destra repubblicana, che si sono interessati al Los Angeles Times e al Chicago Tribune. In questo caso l’ investimento può essere guidato dall’ obiettivo di acquisire influenza politica in due Stati dominati dal partito democratico. Resta il fatto che i quotidiani si vendono a prezzi scontati: appena 623 milioni, l’ ultima stima di valore del gruppo Tribune che controlla le due testate di Los Angeles e Chicago.
Per il New York Times, la vendita del Boston Globe e di tutti i quotidiani del New England serve a concentrare le risorse sulla testata più forte. Il ridimensionamento è stato brutale, dai tempi in cui The New York Times Company controllava un impero di 31 quotidiani, 20 settimanali, 5 tv, due network radio. Insieme alla cura dimagrante c’ è una riconversione tecnologica e di formato, che comincia a dare i suoi frutti. Nel secondo trimestre 2013 il Timesè tornato in utile, grazie all’ aumento della diffusione, e nonostante la debolezza del mercato pubblicitario. L’ utile netto da aprile a giugno è di 20 milioni di dollari, contro 87,6 milioni di perdite nello stesso trimestre dell’ anno prima. L’ aumento delle vendite (+5% e 245 milioni di ricavi) ha compensato il calo del 5,8% nei ricavi pubblicitari (207 milioni). Il dato più significativo - perché giunge a coronamento di lunghi sforzi di innovazione del prodotto elettronico - viene dal fronte digitale. Il numero di abbonati paganti al sito Internet e a tutte le edizioni digitali (formato per iPad, smartphone, ecc.) sfiora i 700.000. E’ il primo risultato che "incorpora" l’ esperimento dei pay-wall, cioè le tariffe che scattano dopo la consultazione di tre articoli online o sul telefonino.