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 2013  agosto 04 Domenica calendario

1981: LE BR E IL GENERALE USA RAPITO “COSÌ BLOCCAMMO IL BLITZ DEL PENTAGONO PER LIBERARE DOZIER”

Il 17 dicembre 1981 il generale americano James Dozier viene rapito dalle Brigate Rosse nel suo appartamento di Verona e il Pentagono pensa di reagire inviando un contingente in Italia ma Maxwell Rabb, ambasciatore Usa a Roma, prima ferma i militari, poi convince il governo Spadolini a cercare nella risposta un riscatto dell’Italia dalla sconfitta subita con l’uccisione di Aldo Moro. A raccontarlo è Frederick Vreeland, che all’epoca era all’ambasciata a Roma. Ricordando quanto avvenne, esordisce parlando «dell’errore fatto da Dozier».

Quale fu lo sbaglio del generale Dozier?

«Ogni giorno faceva le stesse cose agli stessi orari, lasciava l’ufficio alle 17, lo portavano in auto a casa facendo lo stesso percorso e poi stava a casa con la moglie, nell’appartamento al 6° piano. La piccola unità delle Br che lo rapì fu così in grado di assicurarsi che sarebbe stato a casa, da solo con la moglie, alle 18 del 17 dicembre 1981, quando arrivarono vestiti da idraulici, riuscendo a entrare parlando di una riparazione urgente».

Come reagì il Pentagono al sequestro?

«Volevano inviare in Italia dei team di polizia militare e investigatori per “risolvere il caso e liberare il generale”».

Che cosa fece l’ambasciatore Rabb di fronte a tale intenzione?

«Disse al Pentagono che era inaccettabile fare qualcosa del genere in una nazione alleata che ha poliziotti, agenti di intelligence e investigatori. Fu grazie all’insistenza di Rabb che il caso venne così lasciato alla responsabilità del governo italiano. Solo pochi funzionari Usa arrivarono per aiutare le indagini e trassero alcune conclusioni: gli italiani erano eccellenti nelle intercettazioni ma non troppo nel prendere le impronte digitali».

Che ruolo ebbe nel tentativo di Rabb di fermare il Pentagono?

«Rabb ebbe coraggio e determinazione nel fermare il Pentagono. Anche grazie al fatto di essere una nomina personale di Reagan. Ciò che feci io fu di incoraggiarlo a insistere nello spingere il governo italiano a focalizzarsi sul rapimento. Sottolineando l’importanza che fosse un unico funzionario italiano a coordinare gli aspetti civili e militari del caso».

Perché era così importante?

«Per non ripetere gli errori del rapimento Moro, quando avevano prevalso le divisioni all’interno della sicurezza italiana».

Torniamo al Pentagono. Dove volevano mandare i militari?

«Da quanto mi disse Rabb all’epoca, il Pentagono voleva condurre sue indagini e attività in tutta l’Italia».

A chi fu fatta la richiesta di affidare tutte le indagini a un unico funzionario italiano?

«Rabb andò dal ministro degli Interni, Virginio Rognoni, e gli chiese di nominare una singola persona alla guida di tutti i servizi, militari e civili, polizia e carabinieri, incluse le agenzie di intelligence. Rognoni disse che lo avrebbe fatto lui, ma Rabb obiettò che avrebbe dovuto essere un funzionario a tempo pieno. Venne scelto Umberto Improta e si rivelò una scelta vincente».

Perché era così difficile la cooperazione polizia-carabinieri?

«La polizia rappresentava la parte civile, al pari del ministro degli Interni e del Sisde, mentre i carabinieri quella militare, come il ministero della Difesa e il Sismi,. Storicamente non avevano mai cooperato. Neanche in occasione del rapimento Moro. Anziché scambiarsi informazioni, erano soliti tenere l’altra parte all’oscuro di quanto sapevano e facevano, fino al punto da danneggiarsi appena possibile. Gli Usa ritenevano che tale situazione avesse contribuito alla triste fine di Moro».

Che cosa rese possibile la collaborazione su Dozier?

«La scelta di Rabb di andare dal premier Spadolini e insistere affinché militari e civili lavorassero assieme ebbe successo. Spadolini ebbe il coraggio di dirsi d’accordo. Era il primo premier non-Dc del Dopoguerra. Era importante, perché all’epoca gli Usa ritenevano che le guerre interne alla Democrazia Cristiana fossero state in parte responsabili del fallimento su Moro, come la frequenza dei cambiamenti di governo negli anni precedenti aveva dimostrato».

Ci racconti l’episodio della «signora con la sfera di cristallo»..

«Il Pentagono ci mandava quasi ogni giorno telegrammi basati sulle affermazioni di “spiritisti”. Queste “fonti” ci sembravano una sorta di vecchie signore con palle di cristallo, intente a leggere il futuro collegandosi con gli “spiriti”. In genere raccontavano dettagli o descrivevano il luogo dove ritenevano che Dozier fosse detenuto. Parlavano di una casa di campagna mentre le Br tenevano Dozier a Padova, in un appartamento di città, a un piano alto di Via Ippolito Pindemonte n. 2».

Chi trovò la prigione di Dozier?

«Improta, con la cooperazione di Ruggero Volinia, il br che aveva guidato il veicolo usato dai rapitori. Era stato catturato grazie al buon lavoro della polizia, che aveva identificato il fratello. Ruggero era stato interrogato dalla polizia nella notte fra il 27 e 28 dicembre, accettando di identificare la prigione, dove era stato una volta. Così l’indomani ai Nocs, che avevano l’addestramento necessario, fu detto dove andare. Improta ne uscì come l’eroe».

Perché i rapitori si arresero senza sparare un colpo?

«I Nocs furono tempestivi e precisi. Dopo aver buttato giù la porta fecero cadere la pistola dalle mani di chi sorvegliava Dozier. Il capo dei Nocs gridò: “Alcuni di voi saranno trovati morti a seguito di questa operazione, decidete chi sarà”. Fu la frase che spinse i brigatisti, incluse due donne, a non usare le armi».

Perché questo successo riscattò il fallimento su Moro?

«Cercando Dozier su Google, ci si accorge che viene descritto come il punto di svolta nell’era delle Br. Le Brigate Rosse dovevano il successo non solo all’attiva partecipazione di un ristretto gruppo al vertice ma anche all’acquiescenza di un’ampia parte della popolazione, molto scontenta della leadership nazionale. La caduta della Dc portava ad augurarsi delle alternative. La premiership di Spadolini, assieme alla presidenza del socialista Pertini e al successo su Dozier diedero agli italiani la sensazione di quanto noi americani chiamiamo “Yes, we can”, la consapevolezza di poter cambiare. Fu questo che mutò tutto».

Perché Aldo Moro non fu trovato, che cosa andò storto?

«Furono le lotte interne alla Dc che impedirono al massiccio apparato di sicurezza italiano di coordinarsi. Mancò una figura come Rognoni, capace di imporlo».

Lei arrivò in Italia nel 1978, che atmosfera ricorda?

«Arrivai a Roma come primo segretario della sezione politica dell’ambasciata alla fine del 1978. Trovai l’Italia, e in particolare Roma, impregnata della paura delle Br. Avevo visitato Roma durante il rapimento di Moro, concludendo che il fallimento del salvataggio era in gran parte dovuto alla paura delle Br. La sensazione che fossero invincibili spingeva gli italiani a pensare “No, we can’t”. L’Italia era soggiogata dal pessimismo sul terrorismo come avvenuto all’America dopo l’11 settembre».

Le Br che cosa sbagliarono nel rapimento Dozier?

«Il vantaggio Br nel caso Moro fu di trovarsi davanti un apparato della sicurezza diviso. Con Dozier fu l’opposto. Gli italiani non erano abili a prendere le impronte ma con Improta furono abilissimi».