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 2013  agosto 02 Venerdì calendario

LE PAROLE, ARMA NON CONVENZIONALE

Perché i banchieri centrali fanno sentire sempre più spesso la loro voce, legando la politica monetaria ad annunci di politica monetaria? Nel corso degli ultimi due giorni tre tra le maggiori banche centrali – Fed, Banca d’Inghilterra e Bce – hanno avuto il loro incontro mensile per definire l’orientamento della politica monetaria. Nel corso degli ultimi due giorni le maggiori banche centrali - Fed, Bce e Boe - hanno avuto il loro incontro mensile sulla politica monetaria. Il tratto comune è stato quello di annunciare un sentiero dell’azione della banca centrale che inviasse un messaggio di mantenimento dell’orientamento espansivo. La novità maggiore non è tanto nel contenuto - la politica monetaria rimarrà accomodante - ma nello strumento - l’annuncio - che i governatori Bernanke, Draghi e Carney hanno usato. L’annuncio di politica monetaria è al tempo stesso un’arma convenzionale e non convenzionale. Prima della crisi la missione del banchiere centrale era quella di convincere tutti che la politica monetaria non sarebbe stata usata impropriamente, finendo per creare solo costi legati all’inflazione. Tale missione nasceva da un’idea ben precisa di come funziona l’economia, e dagli effetti che in essa può produrre la politica monetaria quando è governata dai politici. Da un lato, si pensa che il sistema economico anticipa gli incentivi dei governi in carica. Tra questi, spicca l’inflazione, che può essere uno strumento efficace per affrontare i problemi macroeconomici - disoccupazione, finanziamento del debito pubblico, salvataggi bancari - altrimenti molto costosi. Dall’altro lato, proprio perché la distorsione inflazionistica è prevedibile, le politiche monetarie finiscono per creare maggiore inflazione. L’unica soluzione è allora quella di far gestire la politica monetaria ad una burocrazia non eletta e credibile nell’impegno anti-inflazionistico. Per essere credibili, uno degli strumenti può essere l’annuncio del sentiero della politica monetaria, che "lega le mani" al banchiere centrale. Poi è arrivata la crisi e lo strumento dell’annuncio ha assunto ulteriori significati. In primo luogo, la necessità di fronteggiare la crisi ha portato la politica monetaria verso orientamenti massimamente espansivi: i tassi sono andati verso lo zero, riducendo il loro ruolo come strumento della politica monetaria. L’annuncio ha così assunto una valenza di supplenza. In secondo luogo, sono aumentate le spinte per modificare il modello convenzionale della banca centrale. I Paesi avanzati hanno prima ricordato quanto costosa possa essere l’instabilità finanziaria; poi è riemersa la questione dei debiti sovrani. Le banche centrali si trovano così a gestire un doppio fronte. Quanto più le banche centrali sono coinvolte nel fronteggiare problemi di instabilità finanziaria, tanto più le loro scelte hanno effetti distributivi: la politica monetaria può avere conseguenze sensibili sulla distribuzione del reddito e della ricchezza finanziaria. Le pressioni sulle banche centrali sono diventate molto più forti. Pensiamo agli Stati Uniti, dove il proseguimento di una politica monetaria ultra-espansiva vede insieme originali compagni di viaggio: il partito democratico, che sta già pensando alla scadenza elettorale del 2016, con di fianco Wall Street, che teme gli effetti di portafoglio causati dal ritorno ad una politica monetaria "normale". Tensioni non minori si accumuleranno sulla Bce. L’annuncio può divenire allora arma di difesa; o di suicidio, se si pensa alla reazione di Obama - annunciare la ricerca di un nuovo governatore - dopo gli annunci di Bernanke della sola eventualità della fine della politica dei bassi tassi.