???, La Stampa 5/8/2013, 5 agosto 2013
«T ratta tutti i portieri avversari come tratteresti me. Firmato: tuo zio». Peppino Cavanna, grande portiere del Napoli diventato campione del mondo nel 1934, sapeva che suo nipote, Silvio Piola, non aveva bisogno di aiuti o rimproveri
«T ratta tutti i portieri avversari come tratteresti me. Firmato: tuo zio». Peppino Cavanna, grande portiere del Napoli diventato campione del mondo nel 1934, sapeva che suo nipote, Silvio Piola, non aveva bisogno di aiuti o rimproveri. L’istinto del bomber, lucido e freddo di fronte a qualsiasi avversario, era innato nel campionissimo vercellese. Ma, da buon zio, sapeva che per affrontare un Mondiale da campioni in carica bisognava avere spalle larghe e pelo sullo stomaco. Così alla vigilia di un match delicato come quello contro il Brasile, prende carta e penna da Vercelli e spedisce in Francia un telegramma per il giovane nipote. Che apprezza: «Le lettere, i telegrammi, le cartoline postali che ci giunsero coi complimenti da ogni parte d’Europa dopo la vittoria sulla Francia non si contavano. Tutti ci elogiavano, tutti ci incoraggiavano a proseguire sulla strada del titolo mondiale. Ma il telegramma più bello di tutti mi giunse da Vercelli...». È lo stesso campionissimo a raccontare l’episodio nei suoi diari in cui, meticolosamente, riportava emozioni, episodi, aneddoti e gioie di quella avventura mondiale. Pagine ingiallite e impregnate di patriottismo, alternando l’inchiostro alla matita, che la famiglia Piola ha riaperto a La Stampa in occasione del centenario dalla nascita di Silvio che tutta l’Italia calcistica, e non solo, si prepara a festeggiare il 29 settembre. Un archivio, custodito gelosamente dalla figlia Paola e aperto in passato solo per il volume «Silvio Piola, il senso del gol» arricchito da testimonianze e appunti sparsi, che riporta alla luce uno dei periodi più belli della storia calcistica italiana attraverso le parole del suo bomber prediletto. Pagine che Piola era solito riempire nelle stanze dell’albergo di Marsiglia o di quello di Aix-en-Provence, dove l’Italia soggiornava, alla luce di una lampada da comodino, dopo uno dei tanti discorsi che il ct Pozzo faceva ai suoi ragazzi. «I discorsetti di Pozzo avevano un effetto straordinario su ognuno di noi scrive il campione vercellese dopo la risicata vittoria contro la Norvegia al debutto -: ci sarebbe sembrato un delitto deludere il Commissario Unico, un uomo che ci voleva bene e che soffriva come noi durante l’incontro se l’andamento non era quello desiderato. Per noi i discorsi di Vittorio Pozzo valevano infinitamente più dei premi partita: le buona parole non hanno prezzo...». Un rapporto, quello tra Piola e il suo allenatore, che andava oltre la normale intesa calcistica. Il ct sapeva di avere tra le mani un gioiello, non più grezzo ma ancora dalle infinite possibilità di crescita. Sapeva che quell’attaccante robusto e dal naso accentuato, cresciuto tra i banchi del mercato e le risaie vercellesi, poteva regalargli un trionfo storico. Ma era anche furbo e trattava tutti allo stesso modo. Tanto che nemmeno Piola sapeva fino all’ultimo se sarebbe partito titolare oppure no. «Prima degli incontri ci faceva preparare in albergo già massaggiati e vestiti da calcio - scrive Silvio nei suoi diari -. Precedentemente Pozzo aveva già controllato col pullman il tempo esatto del percorso, così si arrivava al campo pochi minuti prima della gara. Sul pullman si cantavano inni patriottici. Chi ha giocato al calcio sa cosa vuol dire la mezz’ora prima della partita... Per sapere la formazione della squadra Pozzo ci teneva sulle spine sino all’ultimo momento e venivamo a saperla solo a tavola, dalla disposizione dei posti». C’è tutto il Mondiale nei diari dell’«Archivio Silvio Piola»: dal difficile esordio contro la Norvegia, battuta ai supplementari proprio con un gol del bomber della Lazio, passando per gli insulti e le provocazioni del pubblico francese nel match contro i transalpini battuti 3-1, fino al delicato match di semifinale contro il Brasile. «A me era stato destinato, quale guardia del corpo, Domingos, un nero grande e grosso, un vero gigante che si gettava su tutti i palloni con uno scatto che sembrava incredibile potesse sprizzare da tutta quella mole...». Forse proprio per la marcatura stretta, Piola in quella partita non segnò, unica volta in tutto il Mondiale, ma l’Italia vinse 2-1 conquistando la finalissima di Parigi. A Italia-Ungheria Piola dedica una pagina di diario toccante: «È stata senza alcun dubbio la miglior partita di quel campionato Mondiale. Tutte e due le squadre erano in giornata di grazia e giocavano con lo stesso sistema di gioco, chiamato “metodo”. A 8 minuti dalla fine (sul punteggio di 3-2 per gli azzurri, ndr) segnai il quarto gol. Il mio quinto in quel Mondiale. Che felicità...». Silvio Piola è campione del mondo. Le sue città, da Robbio, dove è nato, a Vercelli dove è cresciuto e ha esordito in serie A con la Pro, fino a Roma e Novara, culle di tanti suoi gol, gioiscono per il loro campione. Così come faranno tra poco più di un mese, quando saranno protagoniste delle celebrazioni per il centenario del bomber, che più tardi scriverà: «Ci sono al giorno d’oggi coloro che rifiutano l’onore della maglia azzurra. Inaudito! Occorre sentirsi onorati di rappresentare l’Italia nel mondo sportivo. Quanto darei per riavere i miei vent’anni e indossare ancora quella maglia».