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 2013  agosto 03 Sabato calendario

PROPOSTA DI MODIFICAZIONE AL REGOLAMENTO

(Articolo 17-bis, comma 2: modifica alla disciplina relativa alle dimissioni dal mandato parlamentare)


d’iniziativa del deputato RIA

Presentata alla Presidenza della Camera il 22 ottobre 2008


RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di modifica del Regolamento della Camera si rende necessaria per disciplinare in modo trasparente, certo ed efficace le dimissioni volontarie dei deputati.
Ai sensi della normativa vigente (articolo 89 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361) è riservata alla Camera di appartenenza la facoltà di ricevere ed accettare le dimissioni di un parlamentare. L’accettazione di tali dimissioni è però del tutto aleatoria in quanto viene fatta dipendere dalla votazione dell’Assemblea e, poiché riguarda persone, viene effettuata a scrutinio segreto mediante procedimento elettronico.
Tale procedura deriva da una concezione ormai arcaica del diritto parlamentare secondo cui il voto dell’Assemblea rappresentava uno strumento di tutela del parlamentare nei confronti di eventuali pressioni esterne.
È evidente che oggi tale impostazione non può più trovare alcuna ragion d’essere sia sotto il profilo procedurale che, soprattutto, sotto il suo aspetto motivazionale. Un procedimento tanto complesso, dunque, non può considerarsi più vero strumento di garanzia del parlamentare.
A riprova di ciò, la normativa sugli amministratori locali impone che le dimissioni dei consiglieri comunali e provinciali diventino immediatamente efficaci all’atto della loro presentazione e - conseguentemente - irrevocabili.
Allo stesso modo, il Regolamento del Parlamento europeo prevede, in linea generale, che delle dimissioni dei propri membri venga informata l’Assemblea per una mera presa d’atto, senza alcuna votazione al riguardo.
È altresì evidente come l’istituto delle dimissioni volontarie, connesse all’accettazione da parte dell’Assemblea con voto segreto, incida sullo status del parlamentare, oltre che sull’organo camerale nel suo complesso.
Non si comprendono, quindi, le ragioni delle diversità procedurali così rilevanti tra le dimissioni di un parlamentare italiano, rispetto a quelle degli amministratori locali e - soprattutto - a quelle dei parlamentari europei.
L’aggravio procedurale determinato dal passaggio delle dimissioni in Aula può paradossalmente costituire una premessa per le dimissioni strumentali, strategiche o, più sottilmente, di convenienza.
Occorre, inoltre, considerare che, in virtù di un principio generale dell’ordinamento, nessuno può essere obbligato ad accettare un incarico né - soprattutto - a rimanervi contro la propria volontà.
Le dimissioni, pertanto, non solo debbono necessariamente rendersi ammissibili, ma anche soggette alla facoltà del singolo e non alla disponibilità del voto segreto dell’Aula parlamentare di appartenenza.
Stante, infatti, una scelta scevra da condizionamenti patologici del parlamentare, è evidente che, lasciando tale disponibilità nelle mani dell’Aula, esse saranno inevitabilmente condizionate dalle classiche ripartizioni politiche aggravate, oltretutto, dalla procedura segreta di votazione.
Al fine di evitare tali anomalie è doveroso, quindi, allineare la disciplina e gli effetti delle dimissioni volontarie tra tutte le Istituzioni pubbliche rappresentative.
La regolazione univoca delle dimissioni volontarie costituisce, ormai, una necessità inderogabile, ascrivibile nell’ambito dello status del parlamentare, a garanzia della libertà di esercizio del suo mandato, in tutte le sue forme.
Il vantaggio sostanziale di tale proposta di modifica del Regolamento è rappresentato, inoltre, dalla sua impermeabilità nei confronti di ogni sistema elettorale adottato per la composizione della Camera dei deputati.
Introdurre regole certe, puntuali e più restrittive, può rappresentare anche un’occasione per mostrare un modo d’essere sobrio e rigoroso delle Istituzioni, a partire da quelle più prestigiose.


Testo del Regolamento
Art. 17-bis.
Il comma 2 è sostituito dal seguente:
2. Il Presidente comunica all’Assemblea, che ne prende atto senza procedere a votazioni, le dimissioni dal mandato parlamentare motivate in relazione alla volontà di optare per una carica o per un ufficio con esso incompatibile.

Modifica proposta
Art. 17-bis.
2. Il Presidente comunica all’Assemblea, che ne prende atto senza procedere a votazioni, le dimissioni volontarie dal mandato parlamentare, nonché quelle motivate in relazione alla volontà di optare per una carica o per un ufficio con esso incompatibile.

Glossario: come funzionano le dimissioni per i Parlamentari
Anche se la legislatura è appena iniziata, già una Senatrice ha presentato le dimissioni

Il Parlamento Italiano
Quando si parla di mandato parlamentare e di dimissioni, occorre tenere conto dell’articolo 23 della Costituzione, che recita: "Nessuna prestazione personale può essere imposta se non in base alla legge",
e dell’articolo 67 della Costituzione, in base al quale "Ogni membro del Parlamento esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato".
I cittadini sono dunque liberi di accettare o meno la candidatura alle elezioni politiche, e si tutela anche la libertà per gli eletti di continuare o meno ad esercitare le loro funzioni.
Se la motivazione è relativa alla volontà del parlamentare di optare per una carica o per un ufficio incompatibile con il suo mandato, il Presidente lo comunica all’Assemblea, che ne prende atto senza procedere a votazioni.
Se invece le motivazioni sono differenti, le dimissioni devono essere accettate dall’Assemblea con apposita deliberazione.
Ai sensi dell’articolo 49, comma 1, del Regolamento della Camera, e dell’articolo 113, comma 3, del Regolamento del Senato, la votazione ha luogo a scrutinio segreto, poichè si tratta di una questione riguardante persone.
Esiste inoltre una prassi parlamentare consolidata che prevede che le dimissioni di un Parlamentare vengano sempre respinte una prima volta come gesto di cortesia.
C’è chi non è riuscito ad abbandonare il Parlamento: nella scorsa legislatura sono state infatti respinte le dimissioni dell’Onorevole Renato Cambursano, eletto con l’Idv, e del Senatore Nicola Rossi, eletto con il Pd.
La stessa sorte sembra stia toccando alla Senatrice a 5 Stelle Giovanna Mangili: mercoledì 17 aprile, il Senato ha per la seconda volta respinto le sue dimissioni.

GIOVANNA MANGILI
Abita a Cesano Maderno, in Brianza.
Eletta senatrice della XVII Legislatura nel MoVimento 5 Stelle, nel collegio Lombardia. Annuncia le proprie dimissioni già il primo giorno di lavori delle camere, adducendo motivazioni di natura familiare.[1] Per tale ragione aderisce al Gruppo Misto, per poi passare al gruppo M5S quando il 17 aprile, dopo un primo rifiuto in data 3 aprile, il Senato ne rigetta le dimissioni indicandone come "lacunose" le motivazioni[2]. Il marito della senatrice ha dichiarato che tali dimissioni sarebbero state in realtà dovute pressioni ricevute a causa di polemiche interne al partito circa la candidatura della Mangili[3][4].