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 2013  agosto 02 Venerdì calendario

LA TRUFFA DELL’OLIGARCA ABLYAZOV E’ COSTATA 250 MILIONI ALL’ITALIA

Mukhtar Ablyazov ha fregato pure le ban­che italiane per la bellezza di 250 milioni di dollari. Noccioli­ne in confronto al buco di 10 mi­liardi denunciato nel 2009 dal­la Bta, la terza banca del Ka­zakhstan che guidava come pre­sidente. Pur sempre un bel gruz­zolo di crediti ripartiti fra otto istituti italiani: Unicredito ita­liano (oggi Unicredit, ndr), Ban­ca Popolare di Vicenza, Banca Monte dei Paschi di Siena, Mediobanca, Banca agricola man­tovana, Banca Antonveneta e Banca Ubae. A questo punto bi­sognerebbe chiedersi con che soldi l’oligarca kazako, che fa pure il dissidente, pagava l’affit­to di 8mila euro della villa di Ca­sal Palocco. La magione alle porte di Roma dove nel famoso blitz del 28 maggio la polizia ha trovato solo alcuni parenti, compresa la moglie e la figlia di sei anni di Ablyazov, poi vergo­gnosamente espulse.
La mazzata l’ha presa Unicre­dito (la banca che dal 2008 in poi si chiamerà Unicredit, ndr) sopportando le perdite più in­genti fra le banche italiane. Chi lavora al caso fa notare che «la larga parte di esposizione di Unicredito è stata provocata dall’acquisizione della Hvb, una banca tedesco-austriaca che ha numerosi accordi di par­tenariato in Kazakhstan». Non solo: nel 2010 la Aft Bank ka­zaka, controllata dall’istituto italiano, ha improvvisamente accusato perdite per 15,9 mi­liardi di tenge (85 milioni di eu­ro circa). Un colpo gobbo mes­so a segno da Ablyazov quando era presidente della Bta.
Il premier Enrico Letta aveva scritto, in una lettera ai parlamenta­ri del Comita­to di controllo dei servizi segreti, che l’intelli­gence non sapeva nulla di Abl­yazov perché «non minacciava la sicurezza nazionale». Però aveva assestato sonore fregatu­re al nostro sistema bancario, strategico in un momento di cri­si. Fra gli istituti finiti nei raggiri risulta anche il Monte dei Pa­schi, salvato dallo stato.
Il sistema Ablyazov si basava su una costellazione di 700 sca­tole cinesi create ad hoc per far sparire i soldi, secondo i giudici inglesi che l’hanno condanna­to a 22 mesi per oltraggio alla corte sequestrandogli proprie­tà a Londra per 3,7 miliardi di dollari. L’oligarca dissidente nominava parenti, affiliati e amici a capo di società spesso nei paradisi fiscali off shore. Una delle truffe scoperte riguar­da il prestito di 1 miliardo di dol­lari per investire in macchinari nel mercato petrolifero e del gas. Peccato che le apparecchiature da comprare non esi­stevano e i soldi non sono mai stati restituiti alla banca. Abl­yazov ha distratto fondi anche per alcuni progetti edilizi in Ka­zakhstan attraverso un diparti­mento segreto di erogazioni di prestiti per la costruzione della torre Eurasia a Mosca. Non a ca­so i russi e gli ucraini sono i pri­mi a volere l’estradizione di Ablyazov, che è temporaneamen­te agli arresti in Francia. La bat­taglia per l’estradizione, con gli avvocati difensori che già chie­dono la libertà su cauzione, po­trebbe essere lunga e anda­re avanti fino in autunno. A proteggerlo nella villa in Costa Azzur­ra, dove è sta­to arrestato mercoledì, c’era addirit­tura «una mili­zia privata» secondo i francesi. A mettere Parigi sulle sue trac­ce è stata la sua ex banca, la Bta. L’amministratore delegato Pa­vel Prosyankin spiega che «l’ar­re­sto è frutto degli sforzi diligen­ti di recuperare i miliardi rubati quando (Ablyazov) era presi­dente». «La Banca Bta - riferi­sce la nota- ha fornito informa­zioni sulla localizzazione di Abl­yazov alle autorità francesi, che hanno agito rapidamente per procedere all’arresto».

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«ECCO LA VERITA’ SULL’ARRESTO DI MIO MARITO» -
Difende a spada tratta il marito, conferma tutte la accuse sulla sua espul­sione e si appella all’Italia per­ché la faccia tornare a Roma. Al­ma Shalabayeva, che da due me­si vive in un sobborgo di Alma­ty, l’antica capitale del Kazakh­stan, parla per la prima volta con un giornale italiano. Se que­sto paese fosse veramente una dittatura un’intervista del genere sarebbe finita con noi in gale­ra e la registrazione sequestra­ta, se non peggio. Il governo ka­zako ha dato prova di maturità permettendo a un giornalista di lavorare su un caso così delica­to e confuso.
Alma è sotto stress e non si fi­da. Le persone che le stanno vici­ne sono poche e contattarla non è facile. Alla fine il compro­messo è un’intervista telefoni­ca a pochi chilometri da dove ha l’obbligo di risiedere, ma risulta libera di muoversi. Ad alcune domande non voleva risponde­re e qualcuno ascolta la conver­sazione. Parla in russo e la voce della donna al centro del pastic­cio kazako arriva provata e rotta dall’emozione quando ricorda i suoi figli.
Signora Shalabayeva è stata informata dell’arresto di suo marito in Francia?
«L’ho saputo dai mass media e da quel momento mi sento ma­lissimo. Vivo in uno stato di for­te depressione e ho un terribile mal di testa. Mi sembra di non ri­trovarmi più. Mio marito ri­schia la vita se verrà estradato ed è in pericolo tutta l’opposizio­ne (in Kazakhstan ndr). Vorrei dire tante cose sulle accuse nei confronti del mio consorte, ma poi temo che abbiano un impat­to negativo sulla mia situazione. Se mi faranno uscire (dal pa­ese) oppure no».
Suo marito dice di essere un dissidente, ma è accusato dell’appropriazione indebi­ta di 6 miliardi di dollari...
«È una bugia (la voce è più agi­tata, ndr). Di cosa ancora lo ac­cusano? In questo paese fanno la guerra a chi la pensa diversa­mente senza rispettare i princi­pi democratici. Mio marito ci crede e per questo ha fondato la Scelta democratica del Kazakh­stan. Due-tre anni fa si è pronunciato apertamente contro il pre­sidente (Nursultan Nazar­bayev, ndr) e ha denunciato suo genero, che è stato rilasciato do­po un giorno. Capite? Traduca per favore (rivolta all’interpre­te, ndr)».
Suo marito, però, è coinvol­to nel crollo della Bta, una delle principali banche del Paese.
«La banca l’ha fondata lui, da zero. Era il suo istituto privato. Ha cominciato da una piccola stanza per arrivare a costruire la più importante banca del Ka­zakhstan. L’unica che non ap­parteneva al potere. Poi se la so­no presa. L’obiettivo era blocca­re la­sua attività a favore dell’opposizione, il movimento demo­cratico (è intervenuto un fondo sovrano kazako per coprire un buco di 10 miliardi di dollari ndr). Non devono processare mio marito, ma chi ha occupato la banca. E voglio ribadire che mai ho fatto politica e mai la poli­tica si era occupata della sottoscritta».
Sua figlia di 6 anni come sta?
«La mia piccola bambina... Le mancano molto i fratelli, la so­rella e suo papà. Chiede sempre di lui. Le manca in particolare Al­diyar, il fratellino di 12 anni. Gio­cavano tanto insieme».
Dopo la sua espulsione dal­l’Italia è stata maltrattata o minacciata in Kazakhstan?
«Dopo l’espulsione vivo in ca­sa dei miei genitori, ma percepi­sco la presenza di microfoni, macchine fotografiche, teleca­mere. C’è sempre qualcuno in auto che mi segue quando vado in giro. Mi sorvegliano 24 ore al giorno. È una pressione morale, psicologica. In pratica non so­no libera (la signora ha solo l’ob­bligo di dimora ad Almaty ndr)».
Lei come si sente in questa vi­cenda?
«Mi sento un “ostaggio”. So­no stata lo strumento di manipo­lazione, di pressione su mio ma­rito».
Quello che è accaduto in Ita­li­a l’ha già descritto in un lungo memoriale. Ha qualcosa da rettificare o aggiungere?
«Confermo tutto quello che ho scritto e se dovrò aggiungere qualcosa lo farò in Italia».
Conferma anche le accuse al­la polizia italiana di averla ingiustamente trattenuta, accusata (del passaporto di­plomatico falso della repub­blica Centro Africana) ed espulsa?
«Sì, sì, sono stata trattenuta in­giustamente e deportata. Nono­stante le numerose preghiere per l’asilo politico, mi hanno espulsa. Inoltre, senza alcun passaporto e controllo dogana­le».
Perché non ha detto subito al­la polizia italiana che lei e sua figlia avevate ottenuto l’asilo politico a Londra fino al 2016, come hanno in segui­to confermato gli inglesi? Co­sì avreste evitato l’espulsio­ne.
«Appunto era questo che cer­cavo di spiegare al capo della po­lizia dell’immigrazione. Conti­nuavo a dire che ho il passapor­to diplomatico, l’asilo politico inglese e che mio marito è il lea­der dell’opposizione kazaka. Ma lasci perdere, altrimenti non mi faranno mai uscire. (La polizia italiana ha sempre smen­tito che la signora abbia chiesto o fatto presente di godere di asi­lo politico ndr)».
In Kazakhstan di che cosa la accusano?
«Voglio sottolineare che la de­nuncia (per falsificazione di do­cumenti ndr) è scattata il giorno 30, poco pri­ma della deportazio­ne. Ero all’estero e avrei contraffatto e uti­lizzato un passaporto kazako che non ho mai avuto in mano. La stes­sa accusa ammette che non ero presente alla ri­chiesta e rilascio del passaporto. Non ne avevo bisogno. Dal 2007 io ho il mio passa­porto originale e poi l’asilo politico in Inghil­terra e il permesso di soggiorno in Europa della Lettonia. Hanno inventa­to apposta un’accusa penale nei miei confronti».
Vuole tornare in Europa e dove?
«Vorrei veramente poterlo fa­re per rivedere i miei figli. E il pri­mo paese dove desidero andare è l’Italia».
Le autorità italiane la stan­no aiutando?
«Sì. Ho ricevuto l’atto che can­cella la mia espulsione. Vorrei ringraziarvi per avermi aiutato e sostenuto. Voglio bene agli ita­liani perché non sono insensibi­li alla mia situazione, alle violazioni del diritto, alle ingiustizie che accadono non solo in Italia, ma pure in Kazakhstan».
Lo sa che una delegazione parlamentare italiana d’opposizione del Movimento 5 Stelle vuole venire a trovarla?
«Sì, ho sentito. Li incontrerò volentieri se me lo permetteran­no».
Cosa spera per il futuro del suo paese?
«La cosa più importante è ve­dere un Kazakhistan democrati­co, libero, aperto. Io ci credo, ma adesso la saluto nella spe­ranza che da parte vostra (il go­verno ndr) mi aiuterete a partire per l’Italia, a rivedere i miei figli e andare a trovare mio marito. Faccio parte del Kazakhstan più debole. Potrei raccontare tante cose, ma ho paura per me, per la mia bambina e la mia famiglia».