Antonella Rampino, La Stampa 3/8/2013, 3 agosto 2013
Se si prendesse atto con serenità e rispetto della sentenza della Cassazione, si potrebbe riprendere in mano la riforma della giustizia, aveva fatto sapere a caldo Giorgio Napolitano
Se si prendesse atto con serenità e rispetto della sentenza della Cassazione, si potrebbe riprendere in mano la riforma della giustizia, aveva fatto sapere a caldo Giorgio Napolitano. E ieri Silvio Berlusconi ha acciuffatto l’offerta, girandola ai suoi parlamentari, «non possiamo sottrarci al dovere di una vera riforma della giustizia», legando anche questo obiettivo al fatto che certo, «dobbiamo andare alle elezioni al più presto», ma anche «riflettere sulla via migliore per vincerle». Al di là del richiamo del capo dello Stato - una costante anche nel suo precedente settennato - e delle condizioni politiche che rendono particolarmente impervio il raggiungimento dell’obiettivo, vi sono però motivi sostanziali per i quali il capo del Pdl ha raccolto le parole di Napolitano. Il riferimento del capo dello Stato, per la riforma, è al progetto al quale lavorarono i saggi Luciano Violante, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello e Mario Mauro a partire dal 30 marzo scorso. Un ridisegno della materia, del resto, è sempre stato al centro dei progetti del centrodestra, a cominciare dalla separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, che era nei proponimenti di Forza Italia sin dal 1994, e che il centrodestra non realizzò nemmeno nelle due legislature in cui ebbe una maggioranza di oltre cento deputati alla Camera. I punti ai quali il Pdl è sensibile, nel disegno dei quattro saggi, sono vari, a cominciare dall’«attenzione agli strumenti investigativi invasivi», ovverosia le intercettazioni che dovrebbero divenire strumento di prova più che di ricerca del reato. Poi «il divieto al magistrato di un uso improprio e personalistico dei mezzi di comunicazione», nonché quello di candidarsi là dove abbiano esercitato la funzione. Il tutto in un quadro di riordino della giustizia penale, dal contenimento della durata delle indagini preliminari, fino all’inappellabilità delle sentenze di assoluzione per i reati più lievi. Menzionato anche il tema della responsabilità dei magistrati, un cavallo di battaglia del Pdl nella precedente legislatura, e maggiori tutele nella custodia cautelare. Nel complesso, un insieme di temi graditi al Pdl, e a rischio di abrasione per il Pd, tanto che sinora i consigli riformatori erano rimasti nel cassetto, se non per la parte in materia di giustizia civile che invece il governo Letta ha affrontato, quali il tentativo di ridurre il sovraffollamento delle carceri, il ricorso alla mediazione per risolvere le controversie, l’istituzione dei giudici ausiliari contenuti nel decreto «del fare». Difficile però che, con le fibrillazioni politiche in atto, il clima renda possibile un sereno confronto, come dice lo stesso Epifani.