Alessandro Capponi, Corriere della Sera 3/8/2013, 3 agosto 2013
ROMA —
Visite guidate già sold out, quaranta o cinquanta ambasciatori tra le «cinquecento autorità attese», media stranieri pronti alla diretta, il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: se la chiusura al traffico privato della metà di via dei Fori Imperiali sia «un bluff» e «una falsa pedonalizzazione» e puro «antifascismo urbanistico» — come sostengono le voci più critiche, alcune anche autorevoli — o piuttosto se sia «il primo passo del parco archeologico cittadino più grande del pianeta», come ripete il sindaco Ignazio Marino, forse è presto per stabilirlo; di certo, quella che comincia stasera con la «Notte bianca dei Fori» è una pagina nuova, mai scritta: per la città che la vive, per il mondo che la osserva e ne discute.
Ora, sia chiaro: la nuova disciplina del traffico obbliga gli automobilisti che imboccano la via voluta dal fascismo a svoltare a sinistra dopo poche centinaia di metri e li fa tornare appena oltre l’Anfiteatro Flavio dopo una breve deviazione. Una svolta obbligatoria e due sensi unici invertiti: eppure, naturalmente, non è la nuova viabilità dei romani a far discutere il mondo: se i media se ne occupano è perché tutto accade nel cuore della città eterna, con epicentro proprio il Colosseo. A Roma, se ne discute da un numero imprecisato di anni: l’idea di togliere all’Anfiteatro Flavio il ruolo di «spartitraffico» — come, con amarezza, sosteneva Antonio Cederna — è stata la battaglia di più di un sindaco, dallo storico dell’arte Giulio Carlo Argan all’amatissimo Luigi Petroselli. Ogni volta il solo parlarne scatenava reazioni, favorevoli e contrari. Forse anche perché toccare via dei Fori Imperiali ha a lungo rappresentato l’idea di intervenire sulla strada voluta da Mussolini. Ancora oggi, ad esempio, lo storico Vittorio Vidotto nota che «alla base del gruppo di pressione degli ispiratori di Marino c’è certamente l’antifascismo urbanistico». Lui come altri — le opposizioni in Campidoglio e alcuni comitati di cittadini dei rioni vicini, spaventati dal traffico — domandano con un certo sarcasmo: «Ma è questo il primo problema da risolvere?». Vidotto, in particolare, accusa: «È un’idea di città che non rispetta le priorità dei cittadini: come quella di avere un servizio di trasporto efficiente». Risponde Marino: «Non siamo come il soldato della vignetta che o marcia o canta l’inno: stiamo facendo due cose contemporaneamente, e cioè migliorare il trasporto pubblico e pedonalizzare i Fori. Ma io domando: se in uno qualunque dei Paesi del mondo avesse il monumento più famoso del pianeta, lo avrebbero trasformato in uno spartitraffico?». E spiega anche, Marino, che «l’obiettivo è la pedonalizzazione completa e la valorizzazione degli scavi che portino alla luce le parti dei Fori ancora in attesa di essere rivelate». Le polemiche, naturalmente, non si fermano. Sia perché la discordia è nel destino della strada — dopo la caduta dell’impero romano era una palude, fu bonificata nella seconda metà del Cinquecento sotto Papa Pio V e con Mussolini, nel 1931, fu spianata la collina della Velia, con danni archeologici incalcolabili, e i quattromila residenti furono accompagnati nelle borgate — sia perché, effettivamente, la città è alle prese con molti problemi: ieri la metro B si è fermata per quaranta minuti, e il consorzio di imprese che, da anni, lavora alla la linea C ha spedito un ultimatum al Campidoglio, «pagate o chiudiamo i cantieri», con un centinaio di operai che ha portato le betoniere proprio su via dei Fori. Benché eletto da poche settimane, Ignazio Marino deve aver già capito quanto sia complesso il governo della Capitale. E però, in merito alla pedonalizzazione dei Fori, ha già stabilito un record: non si è limitato alle parole. Stasera, via alla festa: attori, spettacoli e visite gratuite a un patrimonio del mondo. Senza i clacson a far da colonna sonora.
Alessandro Capponi