Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 03 Sabato calendario

Era convinto di una sentenza favorevole ed è arrivata la mazzata finale. Ma dopo averci dormito sopra, Berlusconi è tutt’altro che depresso

Era convinto di una sentenza favorevole ed è arrivata la mazzata finale. Ma dopo averci dormito sopra, Berlusconi è tutt’altro che depresso. Vuole menar le mani, dimostrare che il capo è ancora lui. Parla tanto, si sfoga, ma ascolta anche i tanti che si alternano attorno al tavolone. Sul finire della mattinata, a ridosso dell’ora di pranzo, al piano nobile di palazzo Grazioli ci sono tre figli su quattro, capigruppo parlamentari, Renato Schifani e Renato Brunetta, Angelino Alfano, Denis Verdini e Daniela Santanché, altri si alternano e si trattengono per periodi più brevi, come per esempio gli avvocati. Berlusconi cerca una via d’uscita, ascolta tutti, ma il clima è quello di chi la «spara» più grossa per compiacere il capo ferito. Il clima del «più uno». Per quanto disorientato, azzoppato, senza un’idea forte in testa, Berlusconi cerca una via d’uscita. E così, dopo aver sentito tutti, dopo un pranzo-dibattito durato tre ore, Berlusconi dice la sua: «Sì, la grazia, è un obiettivo giusto. Mandiamo i capigruppo al Quirinale e vediamo come reagisce Napolitano, vediamo che garanzie ci dà». Nessuno osa obiettare che la grazia somiglia ad una chimera, che non ci sono le condizioni politiche, ma davanti a velate obiezioni sulla realizzabilità dell’obiettivo, l’ex Cavaliere arriva al dunque: «Se Napolitano non ci dà garanzie, allora ve lo dico cosa facciamo: la cosa migliore è andare ad elezioni anticipate». Qualcuno sorride - sono i falchi - altri si sentono gelare dentro: andare allo scontro elettorale, facendo cadere il governo, non è una prospettiva altrettanto spericolata della grazia? Attorno a Berlusconi qualcuno (come Alfano) non contraddice il capo, ma almeno prova ad obiettare e lui ribatte: «I sondaggi sono buoni, siamo il primo partito con un buon margine sul Pd e come coalizione stiamo davanti». Ma c’è una obiezione ancora più seria e questa viene espressa senza remore al capo ferito: Silvio ma non ti potresti candidare, saremmo meno forti, non pensi? E qui Berlusconi spiazza tutti, come gli spesso gli capita: «Ma scusate, anche Grillo non si è candidato!». Su alcuni argomenti tutti sono stati d’accordo col capo. Agli avvocati che lo hanno messo in guardia dalle modalità di esecuzione della sentenza, in altre parole di una procedura «ad personam», Berlusconi ha risposto: «Vediamo come la eseguiranno, vediamo se si manifesta un “fumus persecutionis”, un accanimento manifesto anche nell’atto conclusivo...». Nel lungo pranzo di palazzo Grazioli, che ha preceduto il discorso ai parlamentari (quello nel quale Berlusconi ha lanciato la suggestione delle elezioni anticipate), nessuno ha avuto la forza di contraddirlo in modo crudo. Anzitutto sulla grazia, che certo si può pure immaginare, ma che è quasi impossibile da ottenere. Su Grillo che non è stato candidato in Parlamento, ma è stato protagonista di un giro delle piazze che non si vedeva dai tempi di Togliatti. Sui sondaggi che quotano bene il Pdl, ma fanno emergere una fame di governo e di misure anticrisi che va oltre ogni previsione. Ma Berlusconi è Berlusconi. Un day after che avrebbe depresso chiunque, in lui alimenta la voglia di battaglia. Con idee e proposte disperate che prefigurano un cupio dissolvi? Osserva Giorgio Stracquadanio che per anni ha collaborato e scritto testi per Berlusconi: «Col discorso ai parlamentari ha lanciato un messaggio a sé stesso, ai suoi, agli elettori, alla famiglia: comando ancora io e detto la linea. Quanto alla azione e agli obiettivi politici, basta evocarli, anche se poi non si possono realizzare. A cominciare dalla crisi di governo». Però la giornata si è conclusa bene. Nell’auletta dei Gruppi, dove lo aspettavano i parlamentari del Pdl, l’oramai ex Cavaliere è arrivato col consueto corteo (due pulmini e una blindata) ma ha preferito accedere da una porta laterale. Appena è entrato, tutti i suoi si sono alzati in piedi, lo hanno avvolto in un lungo, affettuosissimo battimani. Lui, commosso, ha preso il microfono: «Ricorderò questo applauso per tutta la vita». Molti avevano gli occhi lucidi, qualcuno sospettava di assistere ad un addio.