Paolo Di Paolo, il Venerdì 2/8/2013, 2 agosto 2013
STUPIDARIO ESSENZIALE DEL PIACERE LIBERTINO DIVENTATO BESTSELLER
È l’unico terreno sul quale anche lo scrittore più talentuoso – stavo per dire più dotato – può fallire. No, non si tratta dell’amore. Prima o poi, all’esordiente come al venerato maestro capita di raccontare i propri personaggi fra le lenzuola. Bisognerebbe fare molta attenzione, e invece come accade per la poesia nessuno si astiene. L’insistenza del mercato editoriale sulla linea delle Cinquanta sfumature, in attesa della versione cinematografica hollywoodiana, ha riversato in libreria una valanga di romanzi erotici. Non avranno lo stesso successo del capostipite – così come nessun vampiro successivo ha eguagliato Twilight e nessuna cuoca inesperta raggiunge le vette di Benedetta Parodi – ma non importa. La trilogia di Irene Cao pubblicata da Rizzoli (Io ti guardo. Io ti sento. Io ti voglio), l’ex pornostar Sasha Grey sempre per Rizzoli [The Juliette Society), The Vincent Boys di Abbi Glines per Mondadori: il catalogo è affollatissimo. I protagonisti? Si va dagli anni del liceo o del college alle soglie della terza età. Le trame giocano, più o meno consapevolmente, con gli stereotipi: la ragazza acqua e sapone vergine, «una bellezza innocente ma sfacciata», o – è il caso della trilogia di Irene Cao – una restauratrice di affreschi a Venezia che viene travolta da insolita passione per uno chef. E così abbiamo concentrato, in un solo libro a 5 euro, le due tendenze principali dell’editoria di quest’inizio decennio.
È divertente, ma non dovrebbe esserlo, la ricorrenza delle situazioni: l’italiana Elena come l’americana Catherine hanno una vita serena e compagni di cui sono innamorate. Qual è il problema? Vorrebbero farlo un po’ più spesso. Stanno lì che sognano mentre i ragazzoni pensano al lavoro. Poi non lamentatevi se arrivano dal nulla lo chef o il professore di semiotica. Il resto è facile intuirlo. Su un piano letterario, prima ancora che scadenti, i risultati sono ripetitivi. L’orgasmo è sempre un’onda, i «brividi di piacere» sono intensi, i piccoli gemiti si emettono ogni sette pagine. Il tempo di ricevere da Filippo un annoiato messaggio tipo «Buongiorno, Bibi. Io già operativo. E tu? Mi manchi», che Bibi si è già distratta con Leonardo. Dopo appena 33 pagine, «Leonardo è a cavalcioni su di me. Mi afferra entrambe le mani con una delle sue e mi blocca i polsi sopra la testa con le dita, come a impedirmi ogni tentativo di fuga». A pagina 137, naturalmente, «gemiti di puro piacere». «Mi ha fatto sua prigioniera, una prigioniera che non ha nessuna intenzione di fuggire». Come hanno appreso dalla madrina E.L. James, Cao e Grey aggiungono una certa imperiosità, l’ombra di un po’ di violenza ai gesti di questi eroi del materasso. Danno ordini, strigliano, fanno i cattivi, i maneschi. Ma si tratta di una parentesi: a fine libro si torna dal caro, vecchio, rassicurante fidanzato incollato all’iPhone.
Fare ironia è facile, in effetti. Tutto si ripete così identico da lasciare l’impressione che tanti romanzi siano stati prodotti da un unico software. Date le parole «marmo», «perlaceo», «gemito», «padrone», il risultato non cambia. Aggiungete un po’ di marchese de Sade in bignami, l’effetto YouPorn, qualche laccio e lacciuolo e il gioco è fatto. Troppo prevedibile? Certa narrativa fa della scarsa fantasia il proprio punto di forza. E forse è anche meglio, perché quando simili autori azzardano metafore fanno peggio: «Per inciso» scrive Sasha Grey «se volete trafficare con il mio motore consiglierei di studiarvi la collocazione dei pezzi». Aiuto! Più avanti, il lui di turno «individua il mio punto segreto, a metà tra la clavicola e l’orecchio, una zona erogena che mi scioglie come un rebus». Chiamate Bartezzaghi.
Nella sua recente auto-antologia di pagine sull’eros – Amore (Feltrinelli) – Isabel Allende racconta: «Una volta lessi da qualche parte che la differenza tra l’erotismo e la pornografia è che nel primo caso si usa una piuma e nel secondo la gallina, ma per me la differenza è che la pornografia è copulazione meccanica mentre l’erotismo prevede sentimenti e una storia». Non è detto che ogni pagina sia riuscita: perfino Roth, Amis, Tom Wolfe e Murakami hanno avuto qualche nomination per il Bad Sex in Fiction Award, il premio per la peggior scena di sesso letteraria. E non c’è bisogno di scomodare il solito Henry Miller o il nostro – forse un po’ invecchiato Moravia. Quando, nel romanzo La figlia della fortuna, Isabel Allende fa incontrare Eliza e Joaquín dentro un guardaroba, tra cappelli e abiti che sanno di naftalina, più di ciò che fanno, conta ciò che sentono: «Erano grati al vento e alla pioggia sui tetti che dissimulavano gli scricchiolii del pavimento, ma il galoppare dei loro cuori e l’impeto del loro ansimare e dei sospiri d’amore erano talmente assordanti che non si capacitavano di come l’intera casa non si svegliasse». La piuma.
Il punto è questo: inventare immagini, giocare con il linguaggio prima che con la lingua dei personaggi, lasciare uno spazio all’implicito. Il semplice movimento della zip sul retro del vestito di Alice, in una pagina di Donald Barthelme, vale almeno un paio di trilogie. Alle Cinquanta sfumature, insomma, mancano proprio le sfumature. E mancano similitudini nuove. Owen ed Elsie, in un romanzo di Updike, Villaggi, stanno per fare l’amore in macchina, ma non è sicuro. «Quando lui procedette togliendole il reggiseno e sollevando ancora di più il maglioncino, il suo petto gli sembrò ben poco diverso dal proprio; un suo seno, tenuto in mano, era delicato come una lacrima che gli si gonfiasse nell’occhio». Più avanti: «La sensazione che lei scivolasse nello spazio sopra di lui come un aquilone di seta, come un angelo ficcato nell’angolo in alto di una Natività senese», Troppo? Forse. Però che meraviglia.
Poi mica è detto che si debba essere sfumati. Harold Brodkey dedica una ventina di pagine all’armeggiare di un ragazzo con la testa fra le gambe di una ragazza. Il racconto si chiama Innocenza ed è raccolto in Storie in modo quasi classico, riproposto qualche mese fa da Fandango: «Spiavo tutto con tale intensità che mi meravigliai non si alzasse dal letto coperta di imbarazzo; ma probabilmente non sapeva ciò che facevo, non poteva vedermi, ero laggiù nell’ombra, nel sotterraneo del suo sguardo». È la stessa ragazza di cui, nell’incipit, Brodkey scrive: «Vederla alla luce del sole era vedere il marxismo morire». Chapeau.
E il buon vecchio Roth? Si lamenta di essere considerato lo scrittore del sesso, quando – dice – ne ho scritto molto meno di quanto si creda. Non c’è da tornare a Lamento di Portnoy o al Teatro di Sabbath. Basta una pagina di Indignazione (2008): «La rapidità con cui mi aveva consentito di procedere – e quella lingua saettante, redazzante, planante che mi lambiva i denti e la lingua, e che è come il corpo spogliato della pelle – mi convinse a spostare con delicatezza la mano di lei sul cavallo dei miei pantaloni. E di nuovo non incontrai resistenza. Non ci fu battaglia». Sipario. E i più giovani? Spesso preferiscono l’ironia. L’israeliano Etgar Keret: «La lingua di mia moglie è liscia e gradevole. È il più bel posto del mondo. Se fosse un po’ più grande e un po’ più lunga mi ci trasferirei. Mi ci arrotolerei dentro come un pezzettino di pesce nel riso». L’americana Miranda July: «Non riuscivo a fare una mossa senza fare l’amore. Ogni volta che mi spostavo sulla sedia, alzavo la forchetta, mi scostavo i capelli dagli occhi, sembrava che mi muovessi in un mare di miele, lentamente e con mille sottintesi. Temevo che il nostro respiro fosse troppo rumoroso». Ecco, i sottintesi. Almeno nei libri, vi prego, lasciateli vivi.