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 2013  agosto 01 Giovedì calendario

«NO TANGENTI IN MPS» IL GRANDE SCANDALO ROSSO RESTA SENZA MOVENTE

Si scrive Giuseppe Mussari, si legge Primo Greganti, il cassiere rosso che nella bufera di Tangentopoli mai ammise di aver ricevuto mazzette per il partito? Quello che era atteso come lo scandalo del secolo e doveva scuotere il Pd è solo un affare sbagliato. Così sostengono i pm. Perché nulla è emerso rispetto a eventuali tangenti pagate in conseguenza dell’acquisto di Antonveneta da parte di Mps con un esborso di almeno 3 miliardi oltre il prezzo di mercato. Insomma secondo i pm che hanno depositato gli atti dell’inchiesta l’ex presidente della banca ha fatto questo regalo a Santander senza un perché con la conseguenza di precipitare la più antica banca d’Europa in un inferno di debiti, transazioni, perdite che con il coinvolgimento ecco l’unica vera sorpresa dell’inchie sta della banca d’affari Usa JP Morgan assume i contorni di un intrigo internazionale.
Mentre l’Italia è in attesa della pronuncia della Cassazione su Berlusconi, a Siena i pm convocano una conferenza stampa per ribadire che di tangenti nel caso Mps non c’è traccia. I magistrati indagano Giuseppe Mussari per insider trading per avere comunicato a Jp Morgan la chiusura dell’acquisizione di Antonveneta prima che al mercato, ma Mussari la medesima soffiata l’ha fatta anche all’allora sindaco di Siena Maurizio Cenni e all’allora presidente della provincia Fabio Ceccherini. Entrambi esponenti del Pd, entrambi padroni, per interposta Fondazione, di Mps. Questa è la sola traccia di rapporti tra il potere rosso e la banca in una inchiesta che di ventimila pagine raccolte in otto pesantissimi faldoni. Ma tant’è: lo scandalo del secolo è stato definito in ogni suo passaggio, ma paradossalmente è un delitto senza movente.
Ieri il pm Antonio Nastasi, uno dei tre del pool Mps gli altri sono Aldo Natalini e Giuseppe Grosso è stato categorico: «Se nella conclusione delle indagini non ci sono fattispecie di reato che riguardano in sé la procedura di acquisizione (di Antonveneta, ndr.) evidentemente abbiamo valutato che quel procedimento di acquisizione non sia viziato da fattispecie penalmente rilevanti». Se ne saprà di più a settembre quando il gup dovrà decidere se rinviare a giudizio gli undici, tra cui due persone giuridiche Mps in quanto tale e la superbanca JP Morgan, a cui i pm hanno spedito la comunicazione di conclusione delle indagini. Tra gli indagati figurano oltre a Mussari l’ex dg Antonio Vigni, i tre componenti del collegio sindacale compreso Tommaso Di Tanno, noto come il commercialista della finanza rossa, oltre a Pietro Fabretti, Leonardo Pizzichi e quattro altissimi funzionari del Monte: l’ex capo dell’area finanza Daniele Pirondini e il suo omologo Marco Morelli, l’ex capo dell’area legale Raffaele Giovanni Rizzi e l’ex vicedirettore generale del Monte Fabrizio Rossi. Per loro le accuse vanno dall’insider trading all’ostacolo alla vigilanza al falso in prospetto fino all’aggiotaggio. Come detto la novità più rilevante è il coinvolgimento di JP Morgan che concesse un Fresh (sorta di obbligazione ibrida) garantito da più indemnity (di fatto garanzie) per un miliardo che è stato fatto passare per un aumento di capitale quando in realtà era un prestito per aggirare il divieto che Bankitalia avrebbe posto a Mps all’acquisizione di Antonveneta mancando al Monte i requisiti patrimoniali necessari. JP Morgan si difende dicendo che ha operato correttamente. Resta da capire perché Mussari abbia attivato anche questo escamotage senza acquisire per sé o per altri alcun vantaggio come ha ribadito anche ieri il suo difensore, Fabio Pisillo. Ora, conclusa l’inchie sta madre e anche quella sul suicidio del povero David Rossi, ex responsabile della comunicazione, ci sono in piedi ancora i filoni che riguardano la cosiddetta banda del 5% comandata da Gian Luca Baldassarri che da quattro giorni ha lasciato il carcere ed è ai domiciliari.
Intanto a Siena tra due giorni decadono i vertici della Fondazione (detiene ancora il 34% del capitale della banca) e Comune e Provincia devono nominare 6 consiglieri su 14. Il neosindaco Bruno Valentini, anche per il tramite di Renzi di cui è un fedelissimo, ha provato a convincere Romano Prodi ad accettare la nomina, ma il professore ha risposto picche. Così mentre si chiude ingloriosamente la presidenza della Fondazione di Gabriello Mancini, si è riaccesa la lotta intestina alla sinistra.