Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 01 Giovedì calendario

Altro che pacificazione. Si tratta di ricostruire una comunità con coraggio e passione. Siamo la periphery d’Europa, come ci ha definito il Fondo monetario? Non si tratta soltanto di soldi, manca l’anima, il cuore, spesso il cervello e anche il rispetto delle regole, il senso della giustizia, il dovere della responsabilità

Altro che pacificazione. Si tratta di ricostruire una comunità con coraggio e passione. Siamo la periphery d’Europa, come ci ha definito il Fondo monetario? Non si tratta soltanto di soldi, manca l’anima, il cuore, spesso il cervello e anche il rispetto delle regole, il senso della giustizia, il dovere della responsabilità. Prevale l’io, ossessivo. Lo usano anche i cronisti di nera quando descrivono un incidente stradale. Certo è sconfortante leggere le notizie quotidiane che riguardano la politica e la società. Qualche esempio degli ultimi giorni. I coltelli luccicano, mariti, compagni di vita, feriscono, uccidono le loro donne, ma il Senato della Repubblica non se n’è accorto e ha votato l’emendamento di una legge che cancella il carcere per i reati di stalking e, visto che c’era, ha tolto o diminuito le sanzioni per altri reati di grave allarme sociale, il finanziamento illecito dei partiti, la guida sotto l’effetto di alcool o droga, il favoreggiamento nell’ associazione a delinquere. Il razzismo è riesploso allo stato brado. Gli insulti, di volgarità inimmaginabile, vengono dal fondo del cuore, non dall’ira di un momento. Il ministro Cécile Kyenge subisce oltraggi indegni, minacce. Con pacatezza ammirevole ora ha detto basta al capolega Maroni che le ha debolmente risposto. (La base della Lega, assottigliata, la pensa più o meno in quei modi barbarici). La pacificazione avrebbe bisogno, oltre che di verità, di là da venire, di serietà e di tolleranza. Viene dolorosamente da pensare a quel che scriveranno gli storici di domani dell’impazzimento che sembra abbia inquinato la Repubblica, o meglio buona parte della sua classe dirigente non propriamente illuminata. La maggioranza dei cittadini continua a fare il proprio dovere — la società minuta — ma è priva di rappresentanza politica, non conta nulla e segue impotente come dal loggione di un teatro quel che sta accadendo o che non sta accadendo per nulla. Non è stato un bell’inizio d’estate. L’ex capo della Cia di Milano, Robert Seldon Lady, uno dei responsabili del sequestro di Abu Omar (17 febbraio 2003), arrestato ora a Panama, è stato fatto fuggire dagli americani, senza troppe proteste del governo italiano che ne aveva chiesto l’estradizione. La dignità dello Stato è andata a farsi benedire. Il caso kazako è un altro test rivelatore. La lontananza venata di disprezzo tra la classe dirigente politica e la società civile si può verificare ogni giorno. Ma la vicenda di Alma Shalabayeva e della sua bambina sequestrate e condotte come in un giallo di terz’ordine su un aereo privato in Kazakistan dimostra che si sono rotti i rapporti tra governanti e amministrazione dello Stato. Se il ministro degli Interni Angelino Alfano sapeva come si sono svolti i fatti in cui sono coinvolti in modo subalterno il Viminale, la polizia e chissà chi, ha mentito al Parlamento. Se non sapeva, significa che non sa fare quel che deve e non può coprire quel delicatissimo incarico. L’articolo 95 della Costituzione stabilisce che i ministri sono responsabili «individualmente degli atti dei loro dicasteri». Il centro-sinistra, dopo il gran pasticcio postelettorale che ha combinato, è zelante più del necessario: il governo è un totem sacro o un tabù proibito e intoccabile. Ci si è dimenticati che nell’ottobre 1995 Filippo Mancuso, ministro della Giustizia del governo Dini, fu sfiduciato dal Senato e il ministero, provvisorio allora come oggi, non cadde. Il ministro degli Esteri Emma Bonino, poi. Seppe il 2 giugno, ne parlò con Alfano — istituzionalmente, militarmente ai Fori Imperiali — durante la sfilata. Che cosa fece fino a metà luglio? Silente, più che ardente. Un po’ poco quel che ha ufficialmente detto manifestando il suo «disappunto». Sandra Bonsanti, la presidente di Libertà e giustizia, l’ha invitata a partire per il Kazakistan a riprendere madre e figlia vergognosamente sequestrate. Finora non pare che sia successo. Il caso sembra chiuso. Per il resto tutto bene. L’Italia è immobile nell’attesa della sentenza della Cassazione,dai palazzi del potere alla bocciofila di San Corrado di Fuori alla polisportiva del Renon. Che cosa accadrà dopo? Come si può condannare — dicono i fedelissimi di Berlusconi , i falchi, i pitoni e le pitonesse — un uomo che ha milioni di voti? La patria del diritto. Il capitano Priebke, l’ufficiale delle SS che alle Fosse Ardeatine teneva in mano la lista dei condannati a morte e ne fece uccidere cinque in più di quelli stabiliti dai nazisti per la rappresaglia dell’attentato di via Rasella, ha festeggiato il genetliaco, cent’anni, passeggiando per Roma. Chissà se è passato davanti al Palazzaccio.