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 2013  luglio 31 Mercoledì calendario

STATALI DA PREPENSIONARE, ECCO IL PIANO

L’argomento dovrebbe essere uno dei fiori all’occhiel­lo della prossima legge di Stabi­lità. I sindacati, ufficialmente, non lo conoscono. In realtà, qualche esponente di quel mondo ne ha scoperto l’esisten­za solo al termine di una serata su una terrazza romana. Da un ministro si è sentito chiedere: «Ma che ne penseresti, se...». La risposta è stata secca: «È tema troppo serio per farci sopra un sondaggio. Fate una proposta e la esamineremo». Ma Enrico Letta non ne ha parlato durante l’incontro formale con Cgil, Ci­sl e Uil a Palazzo Chigi.
L’argomento in questione è il prepensionamento degli stata­li.
Lo schema è stato messo a punto dalla Funzione pubblica e lo sta condividendo con la Ra­gioneria generale dello Stato. La strategia prevista è quella di usare come battistrada la circo­lare diffusa tre giorni fa sull’ap­plicazione della spending re­view ai dipendenti pubblici. Che altro non è una reinterpre­tazione della legge Brunetta sul pubblico impiego. Prevede che i dipendenti «eccedenti» le piante organiche dei ministeri possano essere messi, in un pri­mo momento, in mobilità e poi prepensionati.
Con un particolare. Per i 7mi­la statali che rientrano in questa fattispecie verranno appli­cate­le norme previdenziali pre­cedenti alla Riforma Fornero. A cadere nella rete della circolare e della spending review saran­no per primi i dipendenti civili del ministero della Difesa; che è stato uno tra i pochi dicasteri a segnalare un’eccedenza di per­sonale. Con la previsione di ri­durre del 20% le posizioni diri­genziali e del 10% quelle del per­sonale. Ma a partire dal 2014.
Questa circolare, però, ha l’obbiettivo di diventare una specie di cavallo di Troia della più ampia riforma che dovreb­be trovare spazio nella legge di Stabilità o in uno dei provvedi­menti che la anticiperanno.
Seguendo lo schema della cir­colare che introduce il princi­pio del prepensionamento per i dipendenti pubblici, Funzione pubblica e ministero del­l’Economia stanno elaboran­do una proposta che - in stato embrionale - dovrebbe preve­dere la possibilità di andare in pensione anticipata per chi ha compiuto almeno 58/60 anni d’età (la circolare per il persona­le in eccedenza prevede 65 an­ni e 40 anni di contributi). Men­tre sarebbe ancora da definire il requisito minimo di contributi versati. In cambio, chi va a ripo­so anticipato si vedrebbe ridot­to del 10% l’assegno.
Secondo il conto annuale del­la Ragioneria generale dello Sta­to, i dipendenti pubblici con un’età compresa tra i 55 e i 64 an­ni sono complessivamente 766.580: il 60 per cento sono donne.
La soluzione, fortemente so­stenuta dalla Funzione pubblica, trova resistenze da parte del­l’Economia: il ministero di Sac­comanni­non è certo dell’effica­cia dei risparmi di spesa. Al con­trario, Palazzo Vidoni ne è convinto; anche perché già diverse amministrazioni locali (come i comuni di Torino e Napoli) han­no chiesto misure in tal senso e in Parlamento una parte del Pd non vedrebbe male soluzioni di questo tipo. Che permette­rebbe di sbloccare il turn over nella pubblica amministrazio­ne e assumere giovani. Uno svecchiamento che, nelle inten­zioni, dovrebbe anche favorire la produttività del comparto.