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 2013  luglio 27 Sabato calendario

A CHICAGO CAMBIA IL VENTO


Guarda la mappa, guarda la mappa»: parla veloce Valerie, come chi è abituato ad avere poco tempo. Sta finendo una telefonata con il cellulare incastrato tra collo e spalla, tiene in mano un bicchierone di caffè freddo e intanto sventola un grande foglio di carta con le strade di Chicago segnate da tanti puntini. Quelli rossi indicano dove sono avvenute le sparatorie l’anno scorso (le sfumature differenziano morti e feriti), quelli gialli evidenziano la maggiore carenza di case. Da una parte la cartina sembra un deserto: niente da segnalare. Dall’altra c’è un ingorgo, i pallini quasi si confondono tanto sono vicini, sovrapposti: South Side e West Side sono pieni di colori, ma non è una festa. È il segno del lutto. Pallottole e sfratti, rapine e pignoramenti.
I numeri aiutano a capire. L’anno scorso, nella città di Obama, ci sono stati 506 morti ammazzati (77% afroamericani, 20% ispanici, il 44% sotto i 24 anni), il record assoluto con una media di 18,6% ogni 100mila abitanti, davanti a Los Angeles (del 7,8%) e a New York (del 5%). In azione ci sono oltre 70mila membri delle gang, che, secondo l’ultimo censimento del dipartimento di polizia, ora superano quota 600. I Gangster Disciples, i Gangster Black, i Vice Lords, i Black P Stone e i Latin Kings, solo per citare le più forti, controllano il traffico degli stupefacenti, spacciano fino a mille dosi al giorno per un incasso di 10mila dollari ogni 24 ore. Nello stesso quadrato di strade screpolate, abitate solo da afroamericani e latini, mancano 120mila abitazioni a prezzi possibili e 100mila persone ogni notte devono inventarsi un rifugio. E sempre qui, a settembre, verranno chiuse 50 scuole, perché «i costi non sono più sostenibili e il bilancio del comune chiede scelte drastiche», prova a difendersi il sindaco Rahm Emanuel.
«Avrà sulla coscienza i nostri figli, che dovranno attraversare zone ad alto rischio», dice Valerie che ha finito di telefonare. Fa caldo, la città del vento non respira dentro un’estate di guerriglia. In questa zona lontana dal lago Michigan l’umidità e l’afa appiccicano i vestiti alla pelle. I bambini giocano lungo Marquette road nel cuore di Englewood, l’epicentro del degrado. Ogni tanto sulle porte si vede una grande croce di vernice sul legno degli infissi: indica che l’abitazione è vuota, non è occupata da squatter o criminali e quindi in caso di incendio i vigili del fuoco possono dare la priorità alle altre. Valerie indossa la maglia rossa dell’Anti-Eviction Campaign, il gruppo fondato nel 2009 da Toussaint Losier e J. R. Fleming. La loro missione è semplice ma tutt’altro che facile: individuano le case abbandonate, quelle sfitte e, grazie a complicate battaglie legali portate avanti da avvocati volontari, le assegnano a famiglie che non possono permettersi di sostenerne le spese. Lottano sul confine della legge, fanno pressione sul consiglio comunale e sulle banche. A una raccolta fondi, J. R. spiega: «Prima bisogna parlare con le persone della zona, convincere i proprietari. Io, dopo un po’ che discuto, chiedo sempre a chi mi sta di fronte: preferite che la occupino abusivamente le gang della droga? A questo punto di solito la risposta è scontata».
In sala la gente sorride. Poi lui aggiunge, alzando la voce: «Centomila uomini, donne e bambini in mezzo alla strada sono un problema morale che non può lasciare indifferente la comunità. È questa la nostra battaglia, il resto sono tutte parole inutili». E l’applauso chiude la serata.
Ben Austen è un giornalista e scrittore che sta lavorando a un libro sullo «tsunami che ha colpito questa parte della città». Ha scritto un lungo reportage sul New York Times Magazine dal titolo The Death and Life of Chicago. La morte e la vita. La morte delle pistole e la vita: questi ragazzi che aiutano J. R. Fleming a cancellare un po’ di puntini dalla mappa della città: «L’anno scorso abbiamo rimesso in circolazione una ventina di case. Nei prossimi mesi, una volta che il meccanismo abbia ingranato, speriamo di arrivare a un centinaio».
Lo tsunami che racconta Austen è, oltre che etico, soprattutto economico. La crisi dei mutui subprime qui è passata con un’onda d’urto che ha ricacciato nel mare aperto della povertà quelli che stavano provando a salire qualche gradino sociale. Il 40% dei proprietari aveva ipoteche ben più alte del valore di quello che avevano appena comprato. Le banche hanno fatto il resto: pignoramenti a raffica, sperando di ricollocare al volo sul mercato gli immobili. Un altro calcolo sbagliato sulla pelle delle persone, e così ora tra South Side e West Side ci sono centinaia di relitti con le finestre rotte, le porte sprangate, i cancelli di legno a pezzi e i prati spelacchiati. Inutili cartelli bianchi con scritte nere annunciano affitti o vendite a prezzi vantaggiosi. «Il segnale è l’erba, quando non è curata vuol dire che c’è qualcosa di interessante per noi. Fermiamo l’auto e andiamo a vedere se c’è qualche abitazione da ridare alla comunità»: continua Valerie, sgommando avanti e indietro per queste strade. Sempre le stesse.
La divisione dei colori che si vede sulla cartina diventa reale lungo la Interstate 94: i grattacieli delle archistar rimpiccioliscono alle spalle, le case si abbassano, poi diventano di legno. I negozi hanno grandi inferriate di ferro. Benet Haller, consulente del sindaco per la progettazione, spiega al New York Times: «In tutte le città ci sono le zone ricche e quelle povere, ma qui la divisione è scientifica, a cerchi concentrici. L’anello dei benestanti e gli altri, dove la gente vive in vere e proprie banlieues: e la crisi non ha fatto altro che peggiorare tutto questo». Tra il 2001 e il 2010 l’area urbana dei privilegiati è aumentata di 48mila unità, mentre nelle altre si assiste a una lenta ma progressiva desertificazione. «Ci hanno dimenticato. Non interessa niente a nessuno di noi, di quello che succede qui», dice Greg da dietro il bancone del suo negozio 7Eleven protetto da uno spesso vetro di plexiglass antirapina. Qui non arrivano le parole del sindaco Emanuel che sta combattendo la sua crociata per sconfiggere la violenza.
C’è un piano misto pubblico e privato per convincere gli investitori a portare le loro aziende qui: Walmart sarà il primo e costruirà un impianto a West Pullman. Quasi duecento milioni di dollari vengono destinati alle case e poi ci sono progetti per incentivare l’agricoltura urbana. Sul modello di New York l’idea è quella di riappropriarsi delle vecchie ferrovie in rovina, delle fabbriche vuote per costruirvi percorsi pedonali e ricreativi: entro la fine dell’anno altri trecento campi gioco verranno inaugurati.
E viene da New York anche il nuovo capo della polizia, che si chiama Gary Mc Carthy e mette in pratica la strategia aggressiva voluta dal sindaco. Impact Operation è il nome in codice: oltre 400 agenti mandati sulla linea del fronte, pattuglie in auto e ronde a piedi con i giubbotti antiproiettile sempre allacciati. Uno sforzo investigativo alle spalle per conoscere meglio il nemico da combattere: le gang. I numeri iniziano ad apparire meno tristi: rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso ci sono 76 morti in meno (anche se si è appena toccata quota duecento) e le sparatorie sono state 909 contro le precedenti 1193.
Ma le statistiche non sono la vita vera, non subito almeno. Nel lungo week-end di festa del 4 luglio muoiono undici persone, tra cui due bambini: Jaden di 5 anni e Christian di 7. E così nuove polemiche, altri dubbi sull’efficacia dell’azione. Tanto che McCarthy convoca una conferenza stampa per annunciare un’ulteriore novità: «Dobbiamo vincere la cultura della strada che impedisce alla gente di fornirci indicazioni utili. Da adesso apriremo canali nuovi per dare modo a tutti di aiutarci senza rivelare la loro identità». Numeri dove mandare sms, persino foto dagli smartphone e un account Twitter per permettere un continuo scambio tra gli agenti e gli abitanti dei quartieri a rischio.
«Tutto giusto, tutto sacrosanto: senza la sicurezza non si può pensare di risolvere i problemi della città. Ma servono anche le case, servono soprattutto le case. Se uno vive per strada diventa una preda inevitabile per i soldi facili delle gang. I nostri ragazzi vedono i membri girare con macchinone e belle donne mentre i loro padri non arrivano alla fine del mese. C’è bisogno di uno sforzo culturale», sussurra Valerie, che a quest’ora non ha più voce. Bisogna girare l’auto e tornare indietro. Con il buio la polizia diminuisce: negli hotel sconsigliano ai turisti di spingersi fin qui dopo il tramonto. Bob, che lavora per un’altra associazione umanitaria, è stato ancora più chiaro qualche giorno prima: «Quando sono le 3 chiama un taxi, dopo nessuno ti viene a prendere qui». Appena venti minuti nel traffico e il mondo cambia colore. I grattacieli tornano a brillare contro il sole rosso che scende nel lago Michigan, su South e West Side sale il lato scuro della luna.