Massimo Vincenzi, la Repubblica 31/7/2012, 31 luglio 2012
Così il fastfood diventa light– Nell’America che vive di ossessioni il nuovo imperativo è mangiar sano: zuccheri, sale e grassi sono diventati il nemico pubblico numero uno
Così il fastfood diventa light– Nell’America che vive di ossessioni il nuovo imperativo è mangiar sano: zuccheri, sale e grassi sono diventati il nemico pubblico numero uno. Ma, visto che non si cambia il palato di un popolo a colpi di campagne pubblicitarie, le grandi aziende alimentari sono davanti alla sfida più difficile degli ultimi anni: abbassare le calorie senza alterare il sapore dei cibi, anzi se possibile renderlo ancora più appetitoso. Per riuscirci investono milioni di dollari nella ricerca e puntano tutto su un alleato inedito: gli chef migliori ingaggiati insieme agli scienziati per trovare le formula magica che metta d’accordo la dieta con il piacere di mangiare. «È una battaglia per la sopravvivenza », dice al New York Times il vicepresidente della PepsiCo, Greg Yep. Poi spiega: «Le nostre indagini di mercato ci dicono che i clienti mostrano sempre più attenzione alla qualità di quello che finisce sulle loro tavole. Così noi e le altre società dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra la salute e la bontà dei nostri prodotti». La crociata di Michelle Obama per una corretta alimentazione, la sfida del sindaco di New York Michael Bloomberg contro le bevande gassate e la sempre maggior diffusione di una cultura biologica mette il mercato alimentare su una strada obbligata. La Kellogg’s taglia del 30% gli zuccheri nei suoi cereali per bambini. La Taco Bell annuncia che è in arrivo un menù tutto nuovo dove i grassi sono ridotti al minimo: l’obiettivo è entrare nei nuovi parametri federali entro il 2020. Una rivoluzione che colpisce yogurt, cracker, biscotti e merendine: glutine e Ogm gli altri ostacoli da evitare. La sperimentazione richiede molto lavoro. Gli chef cucinano i loro piatti, li sottopongono a complicate procedure e passo dopo passo si avvicinano al Sacro Graal della ricetta prelibata e magra. Nei laboratori della PepsiCo in Illinois si studiano le cucine regionali per trovare le risposte giuste. Alcune erbe, a partire dalle alghe, possono sostituire il sale, l’uvetta passa dà un sapore dolce senza avere gli effetti negativi dello zucchero. Nel Maine e dintorni la tradizione culinaria insegna ad usare la senape, dall’altra parte gli Stati Uniti, sulla costa nord occidentale, le cipolle dolci danno sapore ai piatti in maniera indolore per colesterolo e dintorni. Le castagne sono un altro modo per ingannare il palato e dargli l’illusione di un bel formaggio: «È incredibile i trucchi che riescono a fare», conferma un manager. Le sfide sono all’ultimo colpo di ingegno. «Volevo vedere come potevano cucinare una pasta gustosa senza abbondare in grassi», dice un altro dirigente. E i ricercatori vincono la scommessa: al posto del burro e delle crema, ecco un amalgama preso dalle radici della pastinaca, una pianta di solito trascurata nelle ricette. Altre tecniche sono legate ai tempi e alle modalità di cottura, che sono in grado di mantenere i sapori senza l’aggiunta di sale e grassi: «Non è un compito facile, ma proprio per questo è affascinante», dice uno dei cuochi. E la stessa prova adesso la devono affrontare anche i ristoranti. Così alcuni marchi, come Starbucks e McDonald’s, iniziano ad indicare le calorie dei loro prodotti. E, come racconta il Wall Street Journal, è in discussione una vera e propria legge che obbligherà le catene più grandi a scrivere nei loro menù quanto ogni singolo piatto vale sul peso della bilancia. «È un grande cambio di mentalità», dice Greg Creed della Taco Bell. E un famoso chef, Beau Mac-Millan, conferma: «La gente è sempre alla ricerca di cose buone, ma adesso vuole anche avere la certezza che il cibo non sia dannoso per la sua salute». La speranza è che dai laboratori di ricerca esca il primo cheeseburger con patatine fritte che non colpisca il giro vita, anzi che faccia proprio dimagrire.