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 2013  luglio 29 Lunedì calendario

DELRIO, L’EX MEDIANO CAPOTRIBU’ CHE SEMINA SCOMPIGLIO NEL PD

Magro come un chiodo ma pieno di energie, Graziano Delrio è on­nipresente e dichiara, dichia­ra, dichiara. Nel weekend testé concluso, il ministro Pd per gli Affari Regionali ha battuto i pre­cedenti record illustrando in ogni sfumatura il suo provvedi­mento che svuota di funzioni le Province italiane e le riduce a larve. Al solito, Delrio usa il to­no perentorio di chi sa il fatto suo. Il cinquantatreenne mini­stro ed ex sindaco di Reggio Emilia è quel che si dice un tipo antiproblematico. Ha convin­zioni su tutto, di tutto parla e si contraddice senza rimorsi. In marzo, quando non immagina­va di diventare ministro, disse: «L’idea di un governicchio so­stenuto dagli stessi onorevoli del Pdl che hanno occu­pato il tribuna­le di Milano, mi fa sorride­re. L’unica so­luzione è rivo­tare a ottobre. Altre soluzio­ni non ci so­no». Un mese dopo, con En­rico Letta alle porte, dichiarò: «C’è bisogno di un governo che affronti le emergenze del Paese e sarebbe da irresponsabili tor­nare alle urne». Difatti, è tran­quillamente entrato nel gover­no a fianco dei colleghi del Pdl che manifestarono a Milano. Stessa persona, tesi opposte. Così, ha spesso invocato meno tasse, per poi criticare l’aboli­zione dell’Imu, l’unica tolta.
Graziano, detto Cido negli ambienti parrocchiali di Reg­gio Emilia di cui è da sempre as­siduo, è un simpatico Giamburrasca con barbetta. Gode a met­tere i piedi nel piatto e a fare di­chiarazioni che mandano in be­stia. Le stilettate, apparente­mente casuali, sono in realtà di­rette a gente del suo mondo- si­nistra e cattolici - per motivi che capiscono solo loro. Un me­se fa mise quasi in crisi il governo definendo insensato l’acqui­sto degli F35. Il bersaglio era il ministro della Difesa, Mario Mauro, favorevole agli F35 e cat­tolico di obbedienza ciellina, ossia agli antipodi del dossetti­smo (dal monaco e politico dc, Giuseppe Dossetti) professato da Delrio. Come dire: tu di Cl sei guerrafondaio; io, cristiano sociale, sono irenista. Quando il segretario Pd, Pier Luigi Bersa­ni, propose Franco Marini per il Colle, Graziano si schierò in­vece per Prodi contribuendo al casino istituzionale che ha pro­piziato il bis di Napolitano. D’altronde, non stravede per Bersa­ni (robe tra emiliani) e alle pri­marie ha votato Matteo Renzi di cui oggi è considerato un al­fiere. Malgrado il suo grillopar­lantismo, Cido non è però mai spocchioso, neppure con gli av­versari del centrodestra. Tanto che quando si è posto il proble­ma dell’incompatibilità tra ruo­li di ministro e sindaco, diversi del Pdl erano favore del doppio incarico, vietato però per legge. Insomma, Delrio è di buon ca­rattere senza il quale mai avreb­be potuto convivere con i nove figli che ha messo al mondo, neppure con l’aiuto della mo­glie Annamaria, compendio di virtù materne. L’ha impalmata a ventidue anni poiché portava in grembo il primo marmocchio. Giunti al nono hanno det­to basta perché, nel frattempo e in rapida successione, erano morti i nonni che tanto aveva­no contribuito alla cura del viva­io. Come ha raccontato Grazia­no, sempre in vena di confiden­ze, ci vuole metodo per organiz­zare una famiglia scalettata tra universitari e poppanti. «Gli orari in cui ci si alza sono diversi. Alle 6,30 io, mia moglie e i più piccoli. I grandi che vanno al­l’università si alzano un po’ più tardi. Anche troppo, forse...». Per soddisfare tante bocche un chilo di pasta è sufficiente, men­tre per «sparecchiare si fa a tur­no anche se bisogna scriverli». «Le decisioni sono prese insieme discutendo con i più gran­di. Ma anche i piccoli possono partecipare, contribuendo alla vita della comunità». Di­ce «comuni­tà», non fami­glia, come se lui e i suoi fos­sero camaldo­lesi.
Questo per­sonaggio ori­ginale nasce da lombi mo­desti. A tal punto che un avo, per sprovvedutezza, dichiarò all’anagrafe di chiamarsi Delrio, tutto unito, anziché Del Rio, staccato, come avrebbe do­vuto. E così è rimasto. Il padre, gramo imprenditore edile, ave­va solo la terza media e ci tene­va che il figlio studiasse. Era co­munista e sui preti la pensava come Peppone. Graziano però crebbe in parrocchia e ne fu im­pregnato. La sua era quella di San Pellegrino, nella periferia di Reggio Emilia dove abitava. La guidava don Giuseppe Dos­setti jr, omonimo e nipote del già ricordato dc. Anche lui, co­me il congiunto, era (ed è) un cattolico democratico, cioè di sinistra. Di qui, scaturisce il Delrio che conosciamo, com­presa la prolificità caratteristica dei parrocchiani di don ju­nior.
Uno di loro, il noto archi­tetto, Osvaldo Piacentini, la­sciò morendo dodici orfani. In parrocchia, Delrio ha dato i pri­mi calci al pallone, diventando un promettente mediano. Fece anche con successo un provino col Milan. Ma un po’ perché era interista e un po’ per gli studi, si è accontentato di giocare nel Montecavolo, romantico no­me di una squadra locale. Que­sti trascorsi spiegano perché Letta, messa alla porta Josepha Idem, abbia affidato a lui la delega allo Sport.
Delrio si è laureato in Medici­na e per anni ha carezzato l’idea di diventare un nome del­l’endocrinologia perfezionandosi a Tel Aviv e in Inghilterra e occupando un posto di ricerca­tore nell’università di Modena e Reggio. La politica lo ha affer­rato con la seconda Repubbli­ca, alle soglie dei quarant’anni. Comunista non era e democristiano non voleva essere. A stuz­zicarlo è stato prima il Ppi, mo­desto succedaneo della Dc vo­luto da Mino Martinazzoli, poi la Margherita. Così, tra un figlio e l’altro,divenne consigliere co­munale, poi regionale mentre gettava alle ortiche le velleità ac­cademiche. Entrato nelle gra­zie di Pierluigi Castagnetti, il principale politico margheriti­no dei luoghi, tentò il colpo gob­bo: diventare il primo sindaco non comunista di Reggio Emi­lia che nel dopoguerra era sem­pre stata guidata dai rossi. Gli ex comunisti,nonostante l’alleanza Ds-Margherita, si oppose­ro a lungo alla candidatura, ce­dendo solo in extremis. Eletto nel 2004 con buon margine, Graziano proclamò che avrebbe preso a modello Giorgio La Pira, sindaco dossettiano di Fi­renze mezzo secolo prima. Ba­sterà sapere, per capirne i gusti, che La Pira, detto «il sindaco santo», aveva le visioni e parla­va con gli angeli.
Vinta la sfida con gli ex Pci e rieletto nel 2009 per un manda­to bis, ne lanciò una seconda nel 2011 per diventare presi­dente dell’Anci, cioè primo sin­daco d’Italia. D’Alema e Vendo­la, contrarissimi, gli opposero Michele Emiliano, sindaco di Bari. Delrio prevalse anche con il voto di vari sindaci Pdl e diven­ne un divo. I talk show se lo contesero per la barbetta e la par­lantina. Un po’ parlava per sé, un po’ in nome di Renzi, tant’è che Letta si è detto: «Sta a vede­re che è uno che conta!» e lo ha fatto ministro, tra dubbioso e in­curiosito. Noi, con lo stesso spirito ne abbiamo scritto.