Michele Farina, Corriere della Sera 27/07/2013, 27 luglio 2013
CROCIATA CONTRO GLI USURAI DEL 2000. MA LA CHIESA ANGLICANA FA AUTOGOL —
Vi serve un prestito rapido? Lasciate perdere gli strozzini in doppiopetto e venite in chiesa.
Il messaggio arriva dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, 57 anni, da sei mesi primate della Chiesa anglicana, ex businessman che ha lavorato fino al 1989 nel settore petrolifero. L’arcivescovo ha lanciato una crociata contro Wonga, finanziaria leader di un settore in crescita che offre piccoli e istantanei prestiti online (mille euro nel giro di 15 minuti) a tassi fino al 5.000% annuo. L’altro ieri hanno fatto clamore le dichiarazioni del «papa» britannico: «Ho incontrato il capo di Wonga, Errol Damelin, e gli ho detto chiaro e tondo che non vogliamo renderli fuorilegge. Vogliamo buttarli fuori dal mercato». Come? Aprendo le 15 mila chiese del Paese a oltre 400 credit union, le cooperative non profit che prestano denaro a tassi più umani (2% al mese). Dopo un coro di approvazioni (anche dal ministro dell’Economia Vincent Cable), ieri hanno fatto clamore le parole imbarazzate dell’arcivescovo: il Financial Times ha scritto in prima pagina che la Chiesa ha messo 80 mila euro (su un portafoglio di quasi sei miliardi) in una società di venture capital che ha investito proprio nell’«immorale» Wonga che l’arcivescovo vuole sconfiggere.
«Sono imbarazzato e irritato — dice l’arcivescovo alla Bbc —. I nostri manager non sapevano che il fondo avesse investito in Wonga. Sono cose che capitano, dobbiamo fare in modo che non capitino più». Chiedono a Welby se il capitalismo è amorale, e lui risponde: «Non credo sia necessariamente amorale, anche se qualche volta può essere immorale». È il capitalismo che ha permesso alla sua Chiesa di portare a casa l’anno scorso un rendimento del 9,7%. Ma gli squali del prestito rapido sono altra cosa: inutilmente il Parlamento di Londra (con l’appoggio della Chiesa) ha cercato di mettere un tetto ai tassi applicati dalle finanziarie come Wonga, fondata nel 2007 dall’israeliano (cresciuto in Sudafrica) Errol Damelin, 44 anni. L’arcivescovo ha deciso di sfidare Damelin (che «rispetta» per la professionalità) sul suo stesso terreno. Portando, hanno scritto alcuni commentatori, «i mercanti nel tempio». Sono i «mercanti buoni» delle credit union. Che però hanno vita dura (ce ne sono 300 in meno rispetto a 10 anni fa) perché non hanno strumenti ed expertise per restare sul mercato. Non basterà offrire spazi e volontari aprendo sportelli in ogni parrocchia. Secondo il Financial Times , che dopo aver preso Welby in castagna elogia la sua crociata, il governo dovrebbe aiutare l’arcivescovo liberalizzando le credit union e regolamentando maggiormente le finanziarie dei prestiti rapidi (tre controllano la metà del settore).
La crisi ha dissanguato le fasce più deboli: due terzi delle famiglie a basso reddito hanno risparmi che ammontano a meno di un mese di salario. La crociata della Chiesa vorrebbe cambiare la percezione che le cooperative di credito siano «banche dei poveri» per puntare anche sulla classe media. Quella che il FT chiama «la parabola di Wonga» («combattere il capitalismo con il capitalismo») è un piano ambizioso, che potrebbe fallire. Mentre i giornali di Rupert Murdoch paragonano l’arcivescovo a Gesù, il Guardian saluta con favore la sua baldanza davanti «agli squali» («vogliamo buttarvi fuori dal mercato, capisce») con un paragone che forse lo farà sorridere: Justin Welby, «il Tony Soprano della Chiesa d’Inghilterra».
Michele Farina