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 2013  luglio 29 Lunedì calendario

Alle Olimpiadi più pazze l’Italia è regina di podi – Sumo, danza sportiva, korfball, orientamento, ma anche paracadutismo, arrampicata, squash, 26 discipline in cerca d’autore, o di un’Olimpiade

Alle Olimpiadi più pazze l’Italia è regina di podi – Sumo, danza sportiva, korfball, orientamento, ma anche paracadutismo, arrampicata, squash, 26 discipline in cerca d’autore, o di un’Olimpiade. Intanto ne hanno trovata una, una specie. I World Games sono la non-Olimpiade, l’anticamera strana, bella e a volte impossibile dell’Olimpiade vera, quella che si celebra ogni quattro anni, quella che muove miliardi e capi di stato, e atleti, sponsor, il mondo. Sono i Giochi degli sport non olimpici, esistono da 32 anni e nove edizioni e in questi giorni stanno riempiendo Cali, in Colombia, di ragazzi, ragazze, omoni, di talenti assoluti di sport improbabili come il tiro alla fune, che pure fu olimpico alle origini, o solo complicati come lo snooker, o gloriosi come il sumo. Esistono, questi sport, e lo ricordano ogni quattro anni, come un’Olimpiade vera, negli anni dispari però, per non disturbare. Cali, Colombia, stadi bellissimi, un’organizzazione perfetta, c’era anche Jacques Rogge alla cerimonia inaugurale, il 25 luglio. Il Cio benedice, osserva, sceglie, promuove. Il rugby a 7 sarà olimpico già a Rio 2016, dai World Games ai Giochi, quelli veri, quelli dei Cinque cerchi veri. Intanto a Cali si lotta e si vince, e ci si commuove. L’Italia è prima nel medagliere, è potenza senza pari negli sport in cerca d’autore, già 28 medaglie, già 350 nella storia di questi piccoli Giochi. A Cali l’Italia vince nel nuoto pinnato, nel pattinaggio a rotelle, nel karate, dove una ragazza mora di 26 anni, Sara Battaglia, è tra le migliori al mondo nel kata, disciplina che prevede l’esecuzione di tecniche di difesa e contrattacco contro un avversario immaginario. E nel salvamento siamo già a quota 18 medaglie, e Federico Pinotti sale e scende dal podio, cinque argenti e un bronzo per dire che sì, portare un manichino da una parte all’altra di una piscina è davvero uno sport, e non un’appendice fuori dal tempo di Giochi senza Frontiere. Lo sci nautico, poi, slalom, trick, numeri da circo legati a un motoscafo, e che peccato che l’Olimpiade, quella vera, non ammetta mezzi a motore. Più veloce, più in alto, più forte, vale anche qua. Si gioca a bowling a Cali, si pratica la petanque come in un tramonto polveroso della Provenza, c’è il football americano, le splendide ragazze del softball cercano il biglietto di ritorno ai Giochi veri, dopo aver bucato Londra, e anche il baseball, silurato a Pechino, cerca di rifarsi un’immagine in vista del 2020. Cali come una vetrina, in mostra ci sono l’altro sport e atleti veri. O presunti, come gli energumeni del tiro alla fune, sedici pance e coppie di braccia come tenaglie che rifanno il gesto dei padri e dei nonni. C’è la meglio gioventù o anche la meglio maturità - nelle bocce c’è un inglese di 69 anni - dello sport, e fino al 4 agosto, quando scenderà il sipario sui World Games, saranno battaglie e giorni indimenticabili per 4500 atleti di 101 paesi. Medaglie d’oro senza titoli sui giornali, senza tv e senza un futuro che non sia autoreferenziale, il gioco per il gioco, l’arte per l’arte, esistere e resistere. Hanno attraversato i tempi, i continenti questi piccoli Giochi dell’altro sport, più longevi dei defunti Goodwill Games, più riusciti dei Giochi dei piccoli stati, più sensati dei Giochi delle Piccole Isole. Nel 1981 a Santa Clara, in California, le discipline erano 18, gli atleti 1200, erano giochi e si giocava. Con pochi soldi, nessuna visibilità, solo un carico enorme di passione, di sudore sano. Non-Olimpiade, pre-Olimpiade o cosa? Chiamatelo sport, sport vero, e che tutto resti così, per questi magnifici carbonari dell’olimpismo.