Michele Farina, Corriere della Sera 29/7/2013, 29 luglio 2013
È allungato su una sedia al dodicesimo piano del Tower Hotel, sulla riva del Tamigi, dita e occhi puntati allo smartphone, scarpe e marchi Puma nella stanza
È allungato su una sedia al dodicesimo piano del Tower Hotel, sulla riva del Tamigi, dita e occhi puntati allo smartphone, scarpe e marchi Puma nella stanza. Ha fatto colazione con uova, pancetta e toast. Venerdì e sabato ha corso i 100 metri e la staffetta all’Olympic Stadium, 19 secondi che gli hanno fruttato 580 mila euro. Sulla stessa pista dove ha trionfato un anno fa con tre medaglie d’oro, è arrivato a bordo di un veicolo a forma di razzo, osannato da decine di migliaia di persone. Senza rivali ha vinto i 100 in 9’’85, con una partenza che lui stesso ha definito «orribile». Tra due settimane sarà ai Mondiali di Mosca, assenti i suoi principali rivali: Blake per infortunio, Gay e Powell per doping. Il 21 agosto Usain St. Leo Bolt, il marziano della porta accanto, l’ultimo oracolo dell’atletica, compirà 27 anni. Dove vorrebbe essere adesso? «A giocare a Call of Duty con la PlayStation». Lei sembra sempre felice e rilassato. Quand’è l’ultima volta che si è sentito triste? «Mmm, quando Alex Ferguson ha lasciato la panchina del Manchester United. Personalmente, non saprei. Sono un tipo felice. Le cose vanno bene, non mi posso lamentare». Anche perché ha appena guadagnato 500 mila sterline correndo per 19 secondi. «Davvero? Ehi Ricky (ridendo, rivolto al suo agente, ndr), vogliamo parlarne? Mi tieni nascosto qualcosa?». Ha detto che verrà a correre qui anche l’anno prossimo, ma che dipende tutto dai tax people, da quante tasse le faranno pagare... «Mi piace Londra, è stato meraviglioso tornarci. Ma le regole fiscali qui non hanno senso. Sono tassato in tutto il mondo, ma a Londra corri e ci rimetti. Io pago tasse ogni volta che corro, pago le tasse in Giamaica. Qui esagerano un po’». Si può dire che le fanno più paura gli ispettori del fisco che quelli dell’antidoping... «Be’, effettivamente... (ride). A parte gli scherzi, non mi fa paura nulla. Sono nato per correre e anche per pagare il giusto di tasse». Lei adora il calcio. Chi è il Bolt del pallone? «Mmm, Messi? Ma ce ne sono tanti. Cristiano Ronaldo è fortissimo, è un amico, grande talento. Ora arriva Neymar». Bolt come Messi. Lei ha il 48 di scarpe ed è alto un metro e 95, Messi ha il 38 e non arriva a uno e 70. Se Messi non esistesse, Ronaldo e Neymar sarebbero i numeri uno. Un po’ come i suoi rivali in pista. Si metta nei panni di Asafa Powell, Tyson Gay e compagnia: dev’essere davvero frustrante... «Penso che un po’ sia vero. Ma quando io ho cominciato a correre da professionista Asafa era the man, l’uomo da battere. Sono cresciuto guardando lui, studiandolo. Dopo è arrivato Gay. Poi è toccato a me. Adesso c’è Blake che sta crescendo. Voglio dire che nello sport per ognuno arriva il momento di essere quello a cui gli altri danno la caccia. Devi soltanto essere pronto...». A farti da parte al momento giusto? «Pronto per la prossima sfida». Quanto tempo durerà la sfida di Bolt? «Mmm, ho ancora 4 anni davanti a me». L’Olimpiade di Rio sarà l’ultima? (sorride) «Sì, ancora un’Olimpiade». È più facile non ricorrere al doping quando sei il migliore? Essere dietro e rincorrere, come tocca a Powell e Gay, è più dura. E può far cadere in tentazione... «È una riflessione interessante. Ma il fatto è che come atleta devi sapere quello che vuoi, quanto tempo ci puoi mettere per diventare il migliore. Anch’io ho avuto le mie sconfitte, ma questo non mi ha fatto cercare scorciatoie. Sono rimasto pulito. Ci vuole tempo, devi lavorare di più. Questo è il nostro lavoro». Lei ha detto che non ce la farebbe ad arrivare sempre secondo. Immagini se Gay o Blake la battessero ogni volta... «Non è successo». Succederà. Ci sarà un nuovo Bolt che batterà quello vecchio? «No, un altro Bolt direi di no. Certo ci saranno giovani di talento in ascesa, mentre io con gli anni sarò più lento. Se comincerò ad arrivare secondo continuando a lavorare duro come faccio adesso, vorrà dire che è tempo di fare la valigia. Quando vedrò che non posso più essere il numero uno, lascerò perdere». Valentino Rossi ha vinto tutto. Ma continua a correre e continua a perdere contro giovani di talento. «Penso che un top player debba sentire quando è arrivato il momento di lasciare. Però ognuno reagisce a modo suo. Io odio perdere. Quando mi renderò conto che non potrò più essere il numero 1, smetto». Vuol dire che non sa perdere? «Quando ho cominciato a correre, il mio coach mi ha fatto una testa così: prima di imparare a vincere devi imparare a perdere. Ho capito con gli anni cosa volesse dire. All’inizio non vincevo una gara. E mi dicevo: sono nel posto sbagliato? Invece imparare a perdere vuol dire imparare a lavorare di più. Fino al giorno in cui cominci a vincere». Degli scienziati messicani hanno dimostrato che lei è meno aerodinamico della media delle persone. Solo l’8% dell’energia dei suoi muscoli va in movimento, il resto serve a bilanciare la resistenza dell’aria. (ride) «Sì, ho letto che avrei un coefficiente di aerodinamicità di 1 punto 2, cioè minore del normale. Ma non ho la più pallida idea di cosa voglia dire. Il mestiere degli scienziati è spezzare il capello in quattro, il mio è di correre in meno tempo possibile». Però questi dati forse spiegano le sue partenze difficili. Lei sprigiona una potenza massima di 2.620 watt dopo soltanto 0,89% dalla partenza, quando è a metà della sua velocità massima di 12,2 metri al secondo. «Non lo so. Quello che so è che nelle prossime due settimane, prima dei Mondiali di Mosca, suderò come un matto ai blocchi di partenza. Il mio coach guarderà il video dell’ultima terrificante partenza e lo confronterà con le mie partenze migliori. Mi dirà dove sbaglio, e ci lavoreremo sodo». Il suo record stratosferico di 9’’58 sui 100 è vecchio di 4 anni. Come risponde a chi dice che i suoi giorni migliori sono dietro le spalle? «Che sta diventando più dura, che sono più vecchio, ma che continuo a mettercela tutta. Vedremo dove riuscirò ad arrivare. Scendere a 9’’4 è ancora tra i miei obiettivi. Il mio motto è sempre stato ‘‘tutto è possibile’’. Non lo cambio a 27 anni». Lei è un modello. Consiglierebbe a tutti gli sportivi di prendere tuberi, vitamine e crocchette da fast food anziché stimolanti e integratori che poi magari sono proibiti? (ride) «Crocchette? Ognuno è fatto a modo suo. Io non do consigli, se non quello di lavorare sodo. Magari a qualcuno non piacciono i miei tuberi giamaicani e le crocchette di pollo. E anche le vitamine non servono a tutti: una dieta naturale equilibrata contiene tutte le vitamine necessarie. Sono io che mangio un po’ male...». Lei è uno dei quattro uomini più veloci del mondo a non essere mai stato colto in fallo a un test antidoping. Però campioni come Marion Jones o Lance Armstrong sono stati beccati molto tempo dopo i loro trionfi. «È vero, credo che per lo sport questo sia ancora peggio che farsi trovare positivi quando si è numeri uno. Io posso parlare solo per me: credo nel mio talento, so che sono pulito, sono venuto al mondo per correre e ispirare la gente». Lei è ricco. Come spende i soldi? «Una volta compravo un sacco di macchine. Adesso ho smesso. Sono cresciuto. Non spendo granché. Voglio tutti i gadget elettronici immaginabili. Mi diverto». Videogiochi preferiti? «Gioco solo a Call of Duty, Black Ops». È imbattibile anche nei panni del capitano Alex Mason? «Magari! Ci sono dei cattivoni su Internet molto più bravi di me. Ma sospetto che sia anche questione di velocità di connessione». Sesso prima della gara? «No, no. Sono troppo concentrato. Meglio aspettare dopo». Crede ancora di essere troppo giovane per sposarsi? «Mi sposerò dopo essermi ritirato. Devo trovare la ragazza giusta, mi sto avvicinando all’obiettivo». È single? «Sì». È vero che ad agosto giocherà un’amichevole con il Manchester United? «Non è ancora certo. Lo spero. Il mio desiderio, quando smetto con l’atletica, è giocare a calcio da professionista. Anche soltanto per una stagione. Sarebbe meraviglioso». È vero che non le piace Mario Balotelli? «L’altro giorno qualcuno ha sbagliato a interpretare le mie parole. Mario l’ho incontrato una volta, è cool, grande calciatore. Ognuno è diverso. Messi è timido, Mario è più aggressivo: o lo ami o lo odi, ma resta comunque un grande calciatore». Michele Farina